‘The devil is not in the detail, but in the context’. Commento alle conclusioni dell’Avvocato generale Collins nella causa R.I. c. Inspecţia Judiciară

Nelle conclusioni presentate nella causa Asociația «Forumul Judecătorilor din România», da cui è tratto il titolo del presente commento breve, l’Avvocato generale Bobek ha affermato che «il diavolo non si nasconde nei dettagli, ma nel contesto» (par. 274), per indicare come elementi apparentemente non problematici del funzionamento dell’Ispettorato giudiziario rumeno possono perdere la loro natura inoffensiva se inseriti nel contesto più ampio delle riforme del sistema giudiziario attuate in Romania e delle loro ricadute pratiche nell’ordinamento nazionale rumeno.

Tale considerazione, ad avviso di chi scrive, è stata riproposta dall’Avvocato generale Collins nelle sue conclusioni relative alla causa R.I. c. Inspecţia Judiciară, oggetto della presente analisi. Anche in tal caso, infatti, per saggiare la conformità al principio dello Stato di diritto del sistema di nomina del viceispettore capo e dei suoi poteri di indagine sull’operato dell’ispettore capo, l’Avvocato generale ha ritenuto necessario, come si vedrà, ricostruire il contesto giuridico nazionale in cui si inserisce la causa di specie (par. 51 ss.).

La causa in esame trae origine dalla decisione del 21 dicembre 2021 della Corte d’appello di Bucarest (in seguito: il giudice rimettente) di richiedere l’ausilio interpretativo della Corte di giustizia in merito alla verifica della compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa romena relativa all’organizzazione dell’ispettorato giudiziario; decisione che si pone in contrasto, a sua volta, con la pronuncia con cui la Corte costituzionale rumena ha negato ai giudici dello Stato membro rumeno, pena la sottoposizione a procedimenti disciplinari, la facoltà di sottoporre ordinanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia rispetto a normativa già ritenuta conforme al diritto dell’Unione da parte della stessa Corte costituzionale.

Il quesito posto dalla Corte d’appello di Bucarest riguardava la compatibilità dei poteri dell’ispettore capo dell’Ispettorato giudiziario – l’organo giudiziario incaricato della conduzione delle indagini disciplinari e dell’avvio dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici e dei procuratori in Romania – con alcune disposizioni di diritto dell’Unione, in particolare gli articoli 2 e 19 paragrafo 1, secondo comma TUE e la decisione 2006/928 istitutiva del Meccanismo di Cooperazione e Verifica.

Nello specifico, il giudice rimettente aveva richiesto alla Corte di giustizia se tali disposizioni del diritto dell’Unione e, più in generale, la necessaria garanzia di indipendenza ed imparzialità dei giudici, ostassero ad una normativa nazionale che conferiva all’ispettore capo il potere di decidere autonomamente rispetto all’organizzazione dell’Ispettorato giudiziario in merito alla selezione degli ispettori giudiziari e alla valutazione dell’attività di questi ultimi. Allo stesso modo, il giudice rimettente aveva anche richiesto se fosse compatibile con le succitate disposizioni del diritto dell’Unione una normativa nazionale che conferiva all’ispettore capo il potere di nominare a sua totale discrezione il viceispettore capo, lo stesso soggetto che, sulla base della legge nazionale romena, era incaricato, insieme agli altri ispettori giudiziari – nominati anche essi dall’ispettore capo – del compimento di atti di indagine disciplinare nei confronti dell’ispettore capo stesso.

La controversia in sede nazionale aveva origine dal ricorso presentato dalla ricorrente, la giudice R.I., al giudice rimettente il 31 maggio 2021 per richiedere un intervento di controllo sull’operato dell’Ispettorato giudiziario rumeno e, in particolare, sul ruolo dell’ispettore capo e del viceispettore capo. La ricorrente, già sottoposta ad una serie di procedimenti penali, aveva precedentemente presentato una pluralità di esposti all’Ispettorato giudiziario sia nei confronti dei giudici impegnati in tali procedimenti a suo carico, sia nei confronti dell’ispettore capo, esposti sistematicamente respinti da parte dell’Ispettorato. La ricorrente aveva dunque reiterato le sue doglianze davanti al giudice rimettente, evidenziando una serie di problematiche strutturali dell’Ispettorato, ossia il fatto che lo stesso ispettore capo aveva il compito di nominare gli ispettori che avrebbero dovuto svolgere le indagini sul suo operato, avendo così al contempo anche il potere di revoca della nomina degli stessi. Ugualmente problematico risultava, secondo la ricorrente, il fatto che l’ispettore capo nominasse a sua totale discrezione il viceispettore che dipendeva dalla figura dell’ispettore capo. Infine, l’ultimo elemento di criticità presentato dalla ricorrente era il fatto che l’ispettore capo adottasse, più in generale, i regolamenti interni che disciplinavano organizzazione e funzionamento dell’Ispettorato giudiziario. La Corte d’Appello di Bucarest, a sua volta, aveva dunque richiesto alla Corte di giustizia se tali disposizioni della normativa nazionale fossero compatibili con il diritto dell’Unione.

Il 26 gennaio 2023 l’Avvocato generale Collins ha presentato le sue conclusioni rispetto alla causa C-817/21, R.I. c. Inspecţia Judiciară, (in prosieguo: le conclusioni in commento). Rispetto al quesito relativo alla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa che conferiva all’ispettore capo il potere di decidere autonomamente rispetto all’organizzazione dell’Ispettorato in relazione alla selezione degli ispettori giudiziari e alla valutazione dell’attività di questi ultimi, l’Avvocato generale ha affermato che tale potere non risultava un elemento incompatibile con il diritto dell’Unione. In particolare, nelle parole dell’Avvocato generale, in assenza di altri elementi, il ruolo determinante dell’ispettore capo nella gestione e nell’organizzazione dell’Ispettorato giudiziario non faceva necessariamente sorgere ragionevoli dubbi quanto al fatto che le competenze e le funzioni dell’Ispettorato giudiziario fossero utilizzate, di fatto, come strumento per esercitare pressioni o un controllo politico sull’attività giurisdizionale, oppure che ledessero, anche indirettamente, la fiducia e la sicurezza del pubblico nel potere giudiziario, prerequisito fondamentale all’interno di una società fondata sullo Stato di diritto (punto 48), come aveva già segnalato la Corte di giustizia nella sentenza Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a. (par. 197).

A conferma di tale opinione, ha affermato l’AG Collins, già la legge nazionale n. 317/2004, precedente rispetto alle controverse riforme del sistema giudiziario del 2018, prevedeva tali ampi poteri in materia di organizzazione dell’Ispettorato da parte dell’ispettore capo (par. 47).

Al contrario, rispetto alla questione della compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che conferiva all’ispettore capo il potere di nominare a sua totale discrezione il viceispettore capo, lo stesso soggetto che si sarebbe dovuto occupare delle indagini e dell’avvio dei procedimenti relativi ad esposti presentati nei confronti dello stesso ispettore capo, l’Avvocato generale ha evidenziato la sussistenza di una potenziale criticità (par. 50). Questo in quanto, nelle parole dell’Avvocato generale, la necessità di prevedere procedure efficaci e trasparenti per trattare gli esposti in modo imparziale era (ed è tuttora) uno dei requisiti fondamentali ai fini della preservazione dell’imparzialità ed obiettività dell’azione dell’organo incaricato dello svolgimento delle indagini relative ai procedimenti disciplinari a carico di giudici e tale imparzialità ed obiettività rischiavano di venire meno in un contesto come quello del caso di specie.

Dunque, l’Avvocato generale Collins, riprendendo lo stesso schema argomentativo già proposto dall’Avvocato generale Bobek nelle citate conclusioni relative alla causa Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., ha ricostruito il contesto normativo nazionale in cui si inseriva la controversia per verificare se la normativa nazionale oggetto di contestazione, letta nel contesto più ampio del sistema giudiziario nazionale complessivo, fosse conforme con il principio dello Stato di diritto. L’AG Collins ha individuato nella legge n. 234/2018 – emanata nell’ambito delle controverse riforme del sistema giudiziario nazionale – l’origine dell’incompatibilità con il diritto dell’Unione. Prima di tale legge, infatti, spettava al Consiglio Superiore della Magistratura tanto la nomina dell’ispettore capo quanto quella del viceispettore ed i due mandati risultavano indipendenti tra di loro. La legge n. 234/2018 aveva invece modificato l’articolo 65 della legge n. 317/2004, disponendo che l’Ispettorato giudiziario fosse diretto da un ispettore capo – nominato mediante concorso indetto dal Consiglio Superiore della Magistratura – e che lo stesso venisse assistito da un viceispettore capo, designato dall’ispettore capo. Inoltre, le leggi e i regolamenti che disciplinavano l’Ispettorato giudiziario non prevedevano alcun meccanismo interno per l’esame di censure concernenti un uso improprio, da parte dell’ispettore capo, dei suoi ampi poteri, ad eccezione del procedimento disciplinare stesso. In tal modo, ha affermato l’Avvocato generale, la legge n. 234/2018 poteva ledere notevolmente la percezione del pubblico secondo la quale il viceispettore capo poteva supervisionare le indagini e i procedimenti disciplinari originati da esposti nei confronti dell’ispettore capo in modo obiettivo ed imparziale ed aveva dunque determinato una lesione del principio dello Stato di diritto in Romania (par. 51).

Sulla base di tali elementi, l’Avvocato generale ha, infine, suggerito alla Corte di giustizia di rispondere al quesito del giudice del rinvio affermando che l’art. 2 e l’art. 19, paragrafo 1 secondo comma TUE e la decisione istitutiva del Meccanismo di Cooperazione e Verifica ostavano alla normativa nazionale secondo cui il vice ispettore capo dell’Ispettorato giudiziario era incaricato dell’analisi degli esposti nei confronti dell’ispettore capo insieme agli altri ispettori giudiziari, nell’ipotesi in cui il vice ispettore capo venisse nominato dall’ispettore capo, a sua totale discrezione, il mandato del vice ispettore capo dipendesse dal mandato dell’ispettore capo e coincidesse con esso, e tutti gli ispettori giudiziari rispondessero all’ispettore capo, soggetto cui spettavano le decisioni sugli avanzamenti di carriera di questi ultimi (par. 53).

Come si pronuncerà la Corte di giustizia? Ad avviso di chi scrive, la Corte di giustizia potrebbe pronunciarsi nel solco già tracciato con la sentenza Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a, ossia, da un lato, riaffermando il necessario rispetto del principio dello Stato di diritto, nella sua declinazione dell’imprescindibile tutela dell’imparzialità ed obiettività dei giudici, principio da cui deriva la necessità, nel caso di specie, di prevedere uno strumento efficace di controllo dell’operato dell’ispettorato giudiziario e del suo ispettore capo; dall’altro, affidando al giudice rimettente il compito di accertare se la normativa nazionale risulti in insanabile contrasto con il principio dello Stato di diritto.

In conclusione, occorre segnalare che la controversia in esame si inserisce pur sempre in un contesto in cui la Corte costituzionale romena ha ribadito più volte la prevalenza del diritto costituzionale romeno e della propria giurisprudenza sul diritto dell’Unione, posizione palesemente in contrasto con il principio del primato del diritto dell’Unione europea sul diritto nazionale, affermato dalla Corte di giustizia sin dal 1964 e ribadito anche in occasione dell’adesione di Romania e Bulgaria. In tale contesto, lo Stato membro rumeno continuerebbe ad ignorare le sentenze della Corte di giustizia e, anzi, continuerebbe ad impedire ai giudici nazionali di dialogare con tale giurisdizione, pena la sottoposizione a procedimenti disciplinari (si veda in tal senso la legge 303 del 2004, che prevede, all’articolo 99 ș, che l’inosservanza delle decisioni della Corte costituzionale o delle decisioni emesse dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia […] costituisce una delle infrazioni disciplinari per cui sorge la responsabilità disciplinare di giudici e pubblici ministeri). Sarebbe dunque auspicabile che la Commissione Europea prendesse in considerazione l’opportunità di instaurare una procedura di infrazione, così come avvenuto a fronte di altre pronunce nazionali cha hanno in modo così deliberato messo in discussione il principio del primato del diritto dell’Unione, ad esempio nei casi recenti della Polonia e della Germania.


facebooktwittergoogle_plusmailfacebooktwittergoogle_plusmail