Il “decreto Cutro” al vaglio della Corte di giustizia: negata la procedura d’urgenza sulla compatibilità della garanzia finanziaria con il diritto dell’Unione europea
1. Con decisione del 28 febbraio 2024, la prima sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso di non accogliere due richieste di procedimento pregiudiziale d’urgenza avanzate dalla Corte di cassazione (C-104/24 PPU e C-105/24 PPU) in relazione alla compatibilità dell’istituto della garanzia finanziaria con gli artt. 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE.
L’istituto in questione, previsto dall’art. 6-bis d.lgs. 142/2015 e ivi introdotto con il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20 (c.d. decreto Cutro), poi convertito in legge, si applica nei confronti degli stranieri che vogliano evitare il trattenimento disposto nell’ambito delle procedure accelerate di frontiera (art. 28-bis d.lgs. 25/2008). Esso prevede la possibilità per tali soggetti di corrispondere personalmente, entro il termine di conclusione delle operazioni di prima identificazione, una somma di denaro quantificata in euro 4.938,00, mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa (artt. 2 e 3 decreto 14 settembre 2023).
Il caso posto all’attenzione della Corte di giustizia origina dalla mancata convalida, da parte del Tribunale di Catania (decreto 29 settembre 2013, R.G. 10460/2023; decreto del 29 settembre 2023 R.G. 10461/2023), di due provvedimenti con cui il Questore di Ragusa aveva disposto il trattenimento nel centro-hotspot di Pozzallo di due cittadini tunisini, i quali non avevano acconsentito, in luogo del trattenimento, a prestare idonea garanzia finanziaria né a consegnare un valido documento di identità. In entrambi i casi, il giudice della convalida aveva rilevato che, come concepita nell’ordinamento italiano, la garanzia finanziaria si porrebbe alla stregua non di una misura alternativa al trattenimento, ma di un presupposto negativo dello stesso, imposto allo straniero per il solo fatto di avanzare richiesta di protezione internazionale. Inoltre, la sua quantificazione
in misura fissa, senza possibilità di adattamento alle condizioni personali del richiedente, si porrebbe in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza europea sulla detenzione nelle zone di transito ungheresi.
Avverso detti dinieghi, la Questura di Ragusa e il Ministero dell’interno hanno proposto ricorso alla Corte di cassazione. Quest’ultima, riunita a Sezioni Unite, cogliendo la necessità di dare uniforme applicazione alle norme che concorrono a definire il sistema europeo comune di asilo, nonché la straordinaria urgenza della questione, anche alla luce dell’incremento degli ingressi registrati nel territorio nazionale, ha disposto due rinvii pregiudiziali ex art. 267 TFUE alla Corte di giustizia chiedendo di valutare, con procedura d’urgenza, la compatibilità della disciplina della garanzia finanziaria, anche sotto il profilo della sua quantificazione in misura fissa e delle modalità della sua corresponsione, con gli artt. 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE.
2. Il diritto dell’Unione europea delinea il trattenimento del richiedente asilo come misura necessariamente ispirata al principio di extrema ratio, da applicare solo per il tempo utile all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio (art. 15 direttiva 2008/115/CE), con una valutazione effettuata caso per caso (art. 8 par. 2 direttiva 2013/33/UE) e nel caso in cui non vi sia la possibilità di applicare misure alternative meno coercitive (art. 8 par. 2 direttiva 2013/33/UE; art. 28 par. 2 regolamento UE n. 604/2013). Queste ultime vengono individuate dalla direttiva 2013/33/UE nell’obbligo di presentazione periodica alle autorità, nella costituzione di una garanzia finanziaria ovvero nell’obbligo di dimorare in un luogo assegnato, pur essendo lasciata agli Stati membri la possibilità di prevedere misure diverse da quelle esemplificativamente elencate nella direttiva. Seppur il diritto dell’Unione nulla espliciti in ordine ai criteri da impiegare nella scelta di tali misure, l’UNHCR e l’OHCHR sono costanti nell’affermare non solo che l’esame delle alternative è pertinente solo laddove esistano motivi legittimi per il trattenimento, ma anche che la scelta di una specifica misura alternativa debba essere ispirata ai criteri di necessità e proporzionalità. In questo senso, trattandosi di misure comunque incidenti in maniera limitativa sulla libertà personale del destinatario, si impone la necessità di ricorrere alla misura meno invasiva, la quale comunque deve essere costantemente monitorata e oggetto di riesame periodico. In un recente report dell’EASO in tema di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale nell’ambito del Sistema europeo comune di asilo, sono state delineate le caratteristiche che si ritiene debbano avere le misure alternative al trattenimento per essere ritenute compatibili con il diritto dell’Unione. Con specifico riferimento alla garanzia finanziaria, si prescrive come il relativo importo debba «essere adattato alla situazione individuale», così da «risultare ragionevole alla luce della situazione particolare dei richiedenti asilo e non così elevato da comportare discriminazione nei confronti di chi disponga di fondi limitati». Il documento prosegue affermando la possibilità di corresponsione ad opera di terzi, concludendo che «l’eventuale mancato rispetto di tali criteri, che dia luogo al trattenimento (o alla sua continuazione) indurrebbe a ritenere che il sistema sia arbitrario».
3. Tali principi sono stati progressivamente recepiti dalla giurisprudenza UE e dalle legislazioni degli Stati membri che hanno previsto la garanzia finanziaria tra le misure alternative al trattenimento. Sotto il primo profilo, si richiami la giurisprudenza della Corte di giustizia sulle zone di transito ungheresi. Rinviando a contributi più approfonditi ospitati da questa rivista, si segnali come la Corte di giustizia, nel condannare l’Ungheria per violazione delle norme in materia di rimpatri e di riconoscimento della protezione internazionale, abbia statuito come gli artt. 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE «ostano a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità; in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura» (C-924/19 PPU e C-925/19 PPU; causa C-821/19). Un rapporto del 2022 dello European Migration Network illustra poi come la garanzia finanziaria, quale misura alternativa alla trattenimento, sia prevista negli ordinamenti di nove Stati membri, cinque dei quali la impiegano effettivamente nella pratica. Solitamente, l’importo non è determinato in misura fissa, ma viene quantificato solo nel massimo con la specificazione che il suo ammontare debba essere commisurato alla situazione soggettiva del richiedente (Paesi Bassi). Oppure, quand’anche la stessa venga quantificata in misura elevata, viene comunque prevista la possibilità che il pagamento avvenga da parte di terze persone, che siano familiari ovvero organizzazioni di altra natura (Lussemburgo e Bulgaria).
4. Dall’esame condotto emerge come la disciplina della garanzia finanziaria prevista nell’ordinamento italiano ometta di rispettare molte delle garanzie volte ad assicurarne la compatibilità con il diritto dell’Unione. Si veda, a tal proposito, la sua quantificazione in misura fissa e per un importo elevato, stabilito per l’anno 2023 in euro 4938,00. L’art. 2 del decreto interministeriale («criteri per la determinazione e per l’aggiornamento dell’importo della garanzia finanziaria») indica che tale somma, suscettibile di aggiornamento biennale con apposito decreto, viene calcolata sulla base del costo medio del rimpatrio e di quanto necessario per assicurare allo straniero un alloggio e i mezzi di sussistenza minimi necessari. Criteri certamente criticabili, in quanto lasciano al Ministro competente un’ampia discrezionalità nella quantificazione, effettuata sulla base di parametri puramente oggettivi che omettono di considerare la situazione personale del richiedente, il quale finisce inevitabilmente per essere privato della propria libertà per il solo fatto di non avere risorse economiche sufficienti, in aperta violazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione.
È infatti evidente che, per chi non disponga della somma richiesta, la garanzia finanziaria non potrà mai costituire un’effettiva alternativa al trattenimento, finendo essa piuttosto per tradursi in una forma di detenzione “mascherata” dello straniero, che contraddice la stessa ratio dell’istituto, volto non a coprire i costi che l’amministrazione sarebbe chiamata a sostenere in caso di rimpatrio del richiedente, bensì ad evitare che costui si allontani dal territorio nazionale prima del compimento delle procedure di identificazione, pena l’escussione dell’importo prestato.
5. Sul piano tecnico giuridico, il diniego della Corte di procedere d’urgenza pare tuttavia fondato, non essendo più i richiedenti asilo ricorrenti dinanzi al Tribunale di Catania in regime di detenzione. Nelle more del giudizio ordinario, le decisioni del giudice catanese rimangono pertanto efficaci, contribuendo a orientare quanti dovessero, medio tempore, essere chiamati a pronunciarsi su vicende analoghe a quelle per cui si procede in sede europea. Vi è poi chi ritiene (F. Vassallo Paleologo) che il più lungo iter dovuto alla scelta di procedere con procedura ordinaria possa avere conseguenze più ampie, facendo addirittura vacillare l’applicazione del – già molto discusso – Protocollo italo-albanese, nel cui ambito pure trovano applicazione le misure accelerate di frontiera e il correlato istituto della garanzia finanziaria.
In conclusione, nonostante parte della dottrina (C. Favilli) ritenga che si sarebbe potuti giungere ad un’interpretazione conforme della normativa italiana rispetto a quanto prescritto da quella europea senza la necessità di un rinvio pregiudiziale, con conseguente non applicazione del regolamento interministeriale con cui è stata fornita la disciplina della garanzia finanziaria, si ritiene tuttavia che la scelta del giudice italiano rappresenti comunque una proficua occasione di dialogo con la Corte di giustizia su un tema decisamente controverso a livello politico e accademico, nonché l’opzione preferibile per assicurare un’interpretazione effettivamente uniforme del diritto dell’Unione in materia di asilo e protezione internazionale.