La Presidenza francese dell’Unione europea 2022

1. Presidenza del Consiglio o Presidenza dell’Unione?

Dopo tredici anni, torna alla Francia la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. C’è una differenza assai importante con il secondo semestre 2008: l’entrata in vigore del trattato di Lisbona ha non solo consacrato il Consiglio europeo come istituzione, ma anche soppresso la sua presidenza di turno. Prima di Sarkozy, il Consiglio europeo era già stato presieduto da Jacques Chirac nel 2000, quando fu proclamata la Carta di Nizza e concordato il Trattato che ridusse il numero di Commissari europei ad uno per Stato membro; da François Mitterrand nel 1984, 1989 e 1995; e da Valéry Giscard d’Estaing nel 1974 e 1979. La domanda è, quindi, se Macron avrà i mezzi per dimostrare un attivismo paragonabile a quello di Nicolas Sarkozy in materia di politica estera e sulla politica d’immigrazione o a quello di Chirac in materia istituzionale con la revisione dei trattati.

Si rammenta che l’8 agosto 2008 era scoppiato un conflitto tra la Georgia e la Russia. Dopo una guerra di cinque giorni, i belligeranti accettarono un piano negoziato dalla Francia. Secondo la versione ufficiale presentata dai diplomatici francesi, sono stati Sarkozy e il suo ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, a rendere possibile un cessate il fuoco. La loro azione avrebbe impedito all’esercito russo di attaccare la capitale georgiana e costretto Mosca a ritirarsi nel territorio dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Ma esiste un’altra versione, secondo la quale l’esercito russo aveva già fermato la sua progressione verso Tbilisi prima di qualsiasi iniziativa francese. Politicamente, Mosca non aveva interesse a invadere la capitale della Georgia. Una volta che erano riusciti a dimostrare che la bilancia del potere era a loro favore, i Russi volevano uscire dalla crisi. Secondo l’analisi della prof. Silvia Serrano specialista dell’Europa orientale, balcanica e mediana alla Sorbona: «In realtà, l’intervento della Francia e dell’Unione Europea ha solo permesso la ratifica politica della vittoria militare della Russia e il suo controllo dei territori di Abkhazia e Ossezia del Sud. In altre parole, l’intervento di Nicolas Sarkozy ha permesso ai Russi di trasformare il loro guadagno militare in un guadagno politico». La tentazione di trarre un parallelo con le discussioni di Macron ad inizio febbraio 2022 con il presidente russo Putin nel quadro della crisi riguardo l’Ucraina è ovviamente forte; tuttavia, Macron non ha finora tentato di presentare tale discussione come un’azione della presidenza dell’UE, poiché è ben consapevole delle divisioni interne tra gli Stati membri in materia.

L’importanza della politica migratoria nell’agenda di politica interna di Sarkozy è senz’altro paragonabile a quella della politica francese odierna, con la grande differenza che le elezioni alla Presidenza della Repubblica e all’Assemblea nazionale si erano già svolte più di un anno prima del secondo semestre 2008, mentre nel 2022 avranno luogo nel bel mezzo della presidenza di turno del Consiglio.

Nel 2008, quando le relazioni tra Presidente e governo francese e Commissione europea, già piuttosto tese per via dei dibattiti sul progetto d’Unione Mediterranea, si erano ulteriormente deteriorate poiché Sarkozy aveva accusato il commissario britannico Peter Mandelson, rappresentante dell’UE nei negoziati internazionali del Doha Round, di avere una grande parte di responsabilità nella scelta irlandese di votare no al referendum di giugno sulla ratifica trattato di Lisbona. Sarkozy criticava anche fortemente la politica della BCE, presieduta dal francese Jean-Claude Trichet, di aumentare i tassi di interesse. Nel 2022, invece, le relazioni con la Commissione europea e la BCE appaiano molto cordiali. Per di più Macron aveva già fatto un punto d’onore di essere in prima linea alla sessione plenaria inaugurale della Conferenza sul futuro dell’Europa il 19 giugno 2021 in quanto capo dello Stato ospite delle sedute plenarie del Parlamento europeo, ed era presente di persona alla cerimonia di Commemorazione del Presidente David Sassoli il 17 gennaio 2022. Macron ha voluto presentare lui stesso il programma della presidenza di turno del Consiglio ancorché non ne sia formalmente membro visto che non è secondo rappresentante della Francia “a livello ministeriale”. Anche il 10 luglio 2008, era stato il Presidente della Repubblica a presentare il programma della presidenza di turno al Parlamento europeo. Il Presidente del Parlamento Pöttering l’aveva accolto in quanto “Signor Presidente in carica del Consiglio”. Il 19 gennaio 2022, invece, la Presidente Metsola era stata più precisa dal punto di vista formale nell’accogliere Macron in quanto “Monsieur le Président de la République française” – anche se il resoconto, almeno nella sua edizione provvisoria, indica come nel 2008 “Président en exercice du Conseil”. Infatti, è secondo chi scrive erroneo qualificare un capo di Stato come presidente in carica del Consiglio: semmai tale qualifica si potrebbe dare in Francia al Primo ministro… Nel 2008 Nicolas Sarkozy era presente in doppia veste, illustrando la teoria dell’internazionalista Georges Scelle sul c.d. dédoublement fonctionnel. Con una specie di lapsus freudiano della storia, al Presidente del Consiglio europeo Charles Michel è stato impedito di essere presente alla sessione del Parlamento europeo poiché era stato in contatto con una persona infetta dal Covid-19 – come lo è stata anche la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, rappresentata tuttavia dal Vicepresidente Maroš Šefčovič, responsabile delle relazioni interistituzionali.

A differenza di Sarkozy, che nella campagna elettorale si era tutto sommato limitato a indicare il suo auspicio di rafforzare la preferenza comunitaria in materia economica, di rivalutare l’euro e di “adottare un nuovo trattato europeo semplificato per via parlamentare”, Macron è stato eletto nell’aprile 2017 con un programma incentrato sull’Europa. Vale anche la pena segnalare che è stato il primo capo di Stato (o di governo) francese a fare una visita ufficiale alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo il 31 settembre 2017, dove promise che il suo paese avrebbe presto ratificato il protocollo 16 alla CEDU riguardante le richieste di pareri consultivi.

In questa breve nota chi scrive vorrebbe dare qualche indicazione e commento al programma della presidenza di turno e anche una prima valutazione del possibile impatto delle elezioni alla Presidenza della Repubblica previste ad aprile e al Parlamento previste a giugno.

2. Un programma a prima vista molto ambizioso?

Il programma della Presidenza francese dell’Unione europea (PFUE) presentato sul sito del Consiglio non manca di grandiloquenza, giacché è definito «intorno a tre ambizioni»:

«Un’Europa più sovrana: rafforzare lo spazio Schengen, proteggere le sue frontiere, controllare la migrazione e migliorare la politica di asilo, in linea con i suoi valori e impegni internazionali; un’Europa più forte in grado di agire nel settore della sicurezza e della difesa; attraverso i suoi lavori per la prosperità e la stabilità del suo vicinato, in particolare attraverso il suo impegno nei Balcani occidentali e la ricostruzione delle sue relazioni con l’Africa; attraverso il suo contributo alla risposta alle sfide globali.

Un nuovo modello di crescita europeo: fare dell’Europa un grande continente della produzione, della creazione di posti di lavoro, dell’innovazione e dell’eccellenza tecnologica; conciliare sviluppo economico e ambizione in materia di clima; sostenere l’innovazione e la crescita degli attori digitali europei definendo al contempo le proprie norme per il mondo digitale; che offre ai lavoratori posti di lavoro di qualità, qualificati e meglio retribuiti.

Un’Europa umana: ascoltando le preoccupazioni dei suoi cittadini nel quadro della conferenza sul futuro dell’Europa; chi difende lo Stato di diritto ed è fedele ai suoi valori; fiera della sua cultura, fiduciosa nella scienza e nella conoscenza, determinata a combattere la discriminazione e impegnata per il futuro della sua gioventù».

Nella stessa sintesi si aggiunge: «Infine, la presidenza garantirà una decisa promozione del multilinguismo sia nei lavori del Consiglio che nelle riunioni tenutesi in Francia».

In realtà si può notare un’ambizione politica meno pronunciata rispetto al discorso “Initiative pour l’Europe – Discours d’Emmanuel Macron pour une Europe souveraine, unie, démocratique” pronunciato alla Sorbona il 26 settembre 2017. Mentre il tema dell’“Europa più sovrana” era al centro del discorso del 2017, non sono ripresi nel programma del 2022 con le medesime parole i temi dell’“Europa Unita”, cioè «solidarietà concreta attraverso la convergenza sociale e fiscale» e «il cemento della cultura e della conoscenza», il cui contenuto si ritrova tuttavia sotto il concetto di “Europa umana”. Per quanto riguarda il tema del discorso della Sorbona «un’Europa democratica» – cioè: «la necessità del dibattito: le convenzioni democratiche» e «rafforzare il Parlamento europeo: liste transnazionali» – è ben noto che Macron non ha trovato il necessario sostegno negli altri Stati membri e nel gruppo PPE che si è opposto alle liste transazionali. La domanda rimane aperta se la Conferenza sul futuro dell’Europa corrisponde o meno all’idea proposta nel 2017 «per 6 mesi, dibattiti nazionali e locali, basati su domande comuni, saranno organizzati nel 2018 in tutti i paesi volontari dell’UE». Non era prevedibile il movimento dei giubbotti gialli (gilets jaunes), al quale Macron rispose nella primavera del 2019 con l’organizzazione del “grand débat national” come forma inedita di coinvolgimento della popolazione; e ancora meno la pandemia Covid-19…

Per quanto riguarda la promozione del multilinguismo, rimane la necessità di dimostrare che c’è una vera volontà di andare oltre la tradizionale difesa dell’uso della lingua francese. Si può notare che il sito della PFUE è pubblicato solo in tre lingue come quello della presidenza tedesca del 2020: francese, inglese e tedesco mentre quello della Slovenia era in italiano, sloveno e ungherese, e quello del Portogallo solo in francese, inglese e portoghese. Una novità è tuttavia la possibilità di accesso con un semplice “click” alla traduzione automatica nelle 23 altre lingue ufficiali dell’Unione, fornita al servizio eTranslation della Commissione europea per facilitarne la comprensione. Chi scrive si augura che la PFUE spinga il Segretariato generale del Consiglio a provvedere con la traduzione dei documenti in Pdf della Presidenza di turno, ed anche la Commissione a proporre lo stesso sistema per tutte le pagine del suo sito Internet anche nel futuro.

Chi scrive spera anche in quanto cittadino europeo di nazionalità francese che nelle riunioni tenute in Francia saranno presenti i mezzi per la traduzione simultanea in tutte le lingue, il che è ormai possibile con costi molto più ridotti grazie ai progressi dei programmi di traduzione di intelligenza artificiale.

3. Un programma in realtà “sul pezzo”

Andando oltre, colpisce invece la tecnicità e sobrietà del programma dettagliato di 76 pagine, che viene rispecchiato nella presentazione generale (p. 3) con l’indicazione che:

«gli orientamenti della presidenza sono il proseguimento dei lavori svolti dalla presidenza slovena, nonché nel quadro più ampio del programma del trio di presidenza preparato con le future presidenze ceca e svedese. I presenti orientamenti si basano sul programma di lavoro della Commissione europea 2022. Essi sono stati oggetto di stretta consultazione con il presidente del Consiglio europeo, il Parlamento europeo e l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Sono stati consultati anche il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato europeo delle regioni e le parti sociali. L’attuazione di questo programma dovrà tener conto dell’evoluzione della situazione sanitaria».

Anche se è difficile fare una sintesi breve del programma della PFUE, si può tentare di sottolinearne i punti considerati più importanti dal governo francese. Nella conferenza stampa di presentazione del programma della PFUE, il 9 dicembre 2021, il Presidente Macron aveva in prima battuta fortemente sottolineato la volontà di avviare una riforma dello spazio Schengen intorno a due priorità: l’istituzione di una direzione politica di Schengen attraverso riunioni regolari dei ministri responsabili, sul modello dell’Eurogruppo, e la creazione di un meccanismo di sostegno intergovernativo di emergenza alle frontiere in caso di crisi, in modo che uno Stato membro, possa contare sul sostegno non solo di Frontex ma anche sulla solidarietà degli Stati membri in termini di forze di polizia e attrezzature. A questo si aggiunge la volontà di far progredire il “cosiddetto pacchetto europeo sulle migrazioni”. Anche nella prospettiva dell’“Europa più sovrana” Macron ha insistito sui progressi da fare in materia di difesa comune, cioè il completamento della cd. “bussola strategica” lanciata sotto la presidenza tedesca, in modo concreto al Consiglio europeo di marzo 2022. Si aggiungono progetti riguardanti la politica di vicinanza, nonché l’europeizzazione del partenariato con i paesi africani e una politica economica riguardo i Balcani occidentali.

In secondo luogo, sotto il tema di un “nuovo modello europeo di crescita”, venne annunciato un vertice eccezionale dei 27 capi di Stato e di governo in Francia il 10 e l’11 marzo. Malgrado i termini scelti, siamo ben lontani dell’ottimismo un po’ ingenuo della Strategia di Lisbona di 22 anni fa, «finalizzata a creare i presupposti affinché l’economia europea possa diventare, entro il 2010, l’area più competitiva del mondo». In concreto nel 2022 si tratta : i) della revisione delle regole di bilancio e del completamento dell’integrazione in materia bancaria; ii) di conciliare crescita economica e ambizione climatica; iii) di rendere la politica commerciale coerente con la politica sul clima e sulla biodiversità, la presidenza francese spingendo per le cd. clausole specchio e per avere requisiti ambientali e sociali nei accordi commerciali; iv) di progredire nell’agenda della digitalizzazione, con la speranza che siano adottati il DMA e il DSA; v) di far progredire l’aspetto sociale della politica economica con, tra l’altro, l’adozione della direttiva sullo stipendio minimo. Mentre la tematica delle cd. clausole specchio rischia di non trovare un appoggio forte da parte di molti altri governi e della stessa Commissione, gli altri elementi corrispondono alla progressione in corso dell’agenda delle politiche comuni.

In terzo luogo, viene accennato il programma per una Europa “a misura d’uomo”, il che include: i) il completamento dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa; ii) la protezione dei valori, anzitutto dello Stato di diritto («Queste questioni non sono negoziabili, sono esistenziali, sono alla base dei nostri trattati, sono nel cuore della stessa Convenzione dei diritti umani che ha preceduto la nostra Unione, sono nei testi costituzionali della nostra Unione»); iii) una serie di progetti sulla cultura e la storia, tra cui una riunione nel mese di giugno delle Università europee.

Queste priorità indicate nel lungo documento della PFUE a cui si è già accennato vengono spiegate da più di una ventina di membri del governo francese alle rispettive commissioni del Parlamento europeo durante gennaio e febbraio.

È presto per tentare una valutazione complessiva della fattibilità del programma, fosse solo perché, come sanno bene Macron, il suo Sottosegretario agli Affari europei Clément Beaune, nonché i membri del suo governo più coinvolti nell’attuazione del programma come il ministro del Ministro dell’economia e delle finanze Bruno Le Maire, il ruolo della Presidenza sarà più quello di trovare compromessi che non di spingere verso un’accelerazione rischiosa dei lavori. Le Maire avrà un ruolo particolarmente importante in quanto presidente dell’Ecofin; ha il vantaggio di conoscere benissimo la Germania, di parlare fluentemente tedesco e di aver lavorato in stretto coordinamento con il nuovo Cancelliere Olaf Scholz nel costruire la struttura finanziaria di Next Generation EU. Per quanto riguarda Macron, è ben nota la stretta relazione che ha sviluppato con il Presidente Mattarella sin dal 2017 e con il Presidente Draghi nell’ultimo anno.

Taluni elementi messi in evidenza qui sopra dipendono per l’appunto dall’insistenza della Presidenza del Consiglio nonché dalla collaborazione tra il Presidente francese e il Presidente del Consiglio europeo; altri saranno piuttosto il frutto di un lavoro di routine. E non è facile a questo punto identificare i punti sui quali la capacità di organizzare compromessi o la capacità di spingere iniziative nuove sarà più importante. Chi scrive si astiene dal fare previsioni, non foss’altro perché l’impatto della pandemia di Covid-19, delle tensioni internazionali, nonché del clima politico in Francia non può in nessun modo essere previsto. E non pare ad inizio febbraio possibile identificare se vi saranno o meno novità forti che emergeranno dalla Conferenza sul futuro d’Europa e ancora meno del tempo che ci vorrà per metterle in opera. Se si dovesse aprire una stagione di revisione dei trattati, è poco ma sicuro che spetterà al Presidente eletto nell’aprile 2022 accentuare se possibile il contributo della Francia alla riforma dell’Unione.

4. Una presidenza parassitata dalle elezioni?

Le elezioni alla Presidenza della Repubblica francese sono fissate per il 10 aprile (primo turno) e il 24 aprile (ballottaggio). Quelle all’Assemblea nazionale per il 12 e il 19 giugno. La domanda è quindi se le campagne elettorali possono incidere sulla PFUE e in quale modo.

Il 1° dicembre 2016 il Presidente uscente François Hollande aveva annunciato che non si sarebbe candidato per un secondo mandato, probabilmente perché era convinto della sua sconfitta. Nelle primarie del partito socialista del 22-29 gennaio 2017 fu designato Benoit Hamon, già Deputato europeo, che aveva sostenuto il “no” al referendum sul trattato costituzionale nel 2005. Nelle primarie del partito di centrodestra del 20-27 novembre 2016 aveva vinto contro ogni aspettativa François Fillon, già Primo ministro di Nicolas Sarkozy, che aveva votato no al referendum del 1992 sul trattato di Maastricht. A febbraio 2017 nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria del centrista Emmanuel Macron, già membro del Partito socialista, Vice-segretario generale della Presidenza della Repubblica e ministro dell’Economia di Hollande; Macron, che non aveva partecipato alle primarie di alcun partito, si presentava come «di sinistra e nello stesso tempo di destra» e annunciava, tra l’altro, di voler ripristinare per la Francia il ruolo tenuto nella costruzione delle Comunità europee negli anni cinquanta del secolo scorso. Molti, tra cui chi scrive, temevano di dover scegliere al secondo turno tra la peste di un’estrema destra favorevole al “Frexit” (Marine Le Pen) e il colera di una sinistra convinta di essere in grado di imporre l’agenda di un socialismo tipo anni cinquanta al resto dell’Europa (Jean-Luc Mélenchon nonché Benoit Hamon).

È ovviamente del tutto sbagliato fare delle previsioni per il 2022: in Francia come in tanti paesi i sondaggi sbagliano ripetutamente e, soprattutto, molti elettori non capiscono le conseguenze di una astensione in un sistema di ballottaggio al quale sono pure abituati. Anche se Macron sarà eletto per un secondo mandato, non è detto che disporrebbe della maggioranza assoluta al Parlamento come nel 2017. Il sistema elettorale francese, lo scrutinio maggioritario uninominale a due turni, rende particolarmente difficili le previsioni, poiché il risultato finale non dipende solo dalla tendenza a livello nazionale, ma soprattutto dalla capacità delle opposizioni di allearsi a livello locale. Nel 1998 François Mitterrand fu rieletto al secondo turno il 21 maggio con 54,02 % dei voti, ma alle elezioni legislative del mese di giugno il partito socialista ebbe solo 275 sedi su un totale di 577, e quindi il governo socialista di Michel Rocard, come quelli dei suoi successori, fu un governo di minoranza sempre costretto a cercare appoggi di circostanza nell’Assemblée nationale. Nel 2017, come nel 2012, nel 2007 e nel 2002, l’effetto della sconfitta all’elezione presidenziale per i partiti d’opposizione fu, invece, tale che il Presidente ebbe una forte maggioranza al Parlamento; ma non è detto che lo stesso avverrà nel 2022.

Non vi è quindi da stupirsi se tutti i potenziali candidati all’elezione presidenziale concentrano le loro critiche sul Presidente uscente e tra l’altro sulle sue ambizioni per l’UE, anche se egli non ha ancora dichiarato ufficialmente la sua candidatura, tra l’altro per rispetto delle istituzioni europee. La candidata del partito di Sarkozy Les Républicains Valérie Pécresse ha dichiarato che Macron avrebbe dovuto rifiutare che la Francia eserciti la presidenza del Consiglio durante il primo semestre 2022, nascondendo che il calendario delle presidenze era fissato sin dal mese di agosto 2016 e che nel fissare il calendario non si può tener conto delle elezioni nazionali, che siano a terme fisso o che dipendano da un’eventuale dissoluzione. Addirittura, c’è chi, nell’entourage di Pécresse, ha affermato che Angela Merkel avrebbe, per l’appunto, rifiutato che la Germania esercitasse la presidenza di turno in periodo elettorale: una falsità ovvia. È quindi da prevedersi un inasprimento delle critiche che rischierebbe di avere un impatto negativo sulla fine della PFUE se non fosse rieletto Macron. Tuttavia, a meno che non sia eletto uno dei candidati di estrema destra, non è secondo chi scrive prevedibile nessuna discontinuità nella presidenza del Consiglio, che è soprattutto un esercizio di natura tecnica.

Un effetto ovvio dell’agenda elettorale è che nel programma della PFUE l’unico evento annunciato per il periodo successivo all’elezione presidenziale è la riunione delle Università europee programmata a Parigi per il mese di giugno. Invece è anche prevedibile che se Macron sarà rieletto con una solida maggioranza al Parlamento, non mancherà di prendere qualche iniziativa spettacolare sulla scia della Conferenza sul futuro dell’Europa, sapendo bene che l’esito di una tale iniziativa non dipenderà più tanto da lui.


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