La Corte di giustizia UE si pronuncia sul caso Mediolanum
1. Lo scorso 19 settembre 2024 la Corte di giustizia si è pronunciata sulle cause riunite C-512/22 P e C-513/22 P in relazione al noto caso Mediolanum, così annullando la decisione della Banca Centrale Europea (BCE) che era stata assunta nel 2016.
2. La recente sentenza riguarda, in particolare, due impugnazioni avanzate dalla Finanziaria d’investimento Fininvest S.p.A. (nel prosieguo, “Fininvest”) e dagli eredi di Silvio Berlusconi contro la BCE, relative all’acquisizione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum S.p.A. (nel prosieguo, “Banca Mediolanum”). La BCE si era opposta a tale acquisizione in base a una valutazione negativa riguardante l’onorabilità di Silvio Berlusconi, in applicazione della normativa europea di vigilanza bancaria.
3. Le normative rilevanti e considerate ai fini della decisione controversa erano la Direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013 (anche nota come “Direttiva CRD IV”) e il Regolamento (UE) n. 1024/2013 del 15 ottobre 2013 (anche noto come “Regolamento MVU”). Tali atti legislativi conferiscono alla BCE il potere di valutare l’acquisizione delle c.d. partecipazioni qualificate in enti creditizi in modo tale da garantire la solidità del sistema finanziario e la gestione prudente degli enti di settore. Peraltro, una partecipazione viene definita qualificata quando comporta il possesso, diretto o indiretto, di almeno il 10% del capitale o dei diritti di voto in un’impresa ovvero consente l’esercizio di un’influenza notevole sulla gestione della stessa (art. 3, par. 1, punto 33 della Direttiva CRD IV che rimanda all’art. 4, par. 1, punto 36, Regolamento (UE) n. 575/2013). Le acquisizioni di tali tipologie di partecipazioni devono essere notificate alle autorità competenti ex 22 Direttiva CRD IV.
4. Ebbene, per meglio comprendere la sentenza in commento, giova rammentare i fatti che hanno dato origine alla controversia. La Fininvest – una holding di diritto italiano che era partecipata al 61,21% da Silvio Berlusconi – deteneva il 30,1% del capitale di Mediolanum, società a partecipazione finanziaria mista, già all’epoca quotata in borsa. Sino al 30 dicembre 2015, Mediolanum deteneva il 100% del capitale di Banca Mediolanum.
5. Nel 2013, a seguito di una condanna definitiva per frode fiscale inflitta a Silvio Berlusconi, la Banca d’Italia sosteneva, con apposito provvedimento del 7 ottobre 2014, che Berlusconi non soddisfaceva più i requisiti di onorabilità richiesti dalla normativa bancaria europea (si veda, in particolare, l’art. 23, par. 1, lett. a), della Direttiva CRD IV). Di talché, la Banca d’Italia ordinava alla Fininvest di ridurre la propria partecipazione in Mediolanum eccedente il 9,99% entro 30 mesi tramite un trust deputato alla vendita, sospendendo al contempo i diritti di voto relativi a tali quote (nel prosieguo, la “Decisione di Banca d’Italia”).
6. La Decisione di Banca d’Italia veniva impugnata da Fininvest e Silvio Berlusconi dinanzi al Consiglio di Stato, che ne sospendeva l’efficacia nel dicembre 2015 e la annullava definitivamente nel marzo 2016.
7. Tuttavia, nelle more del procedimento amministrativo e, precisamente, il 30 dicembre 2015, Mediolanum veniva incorporata dalla sua controllata Banca Mediolanum. Alla luce della menzionata fusione, la Banca d’Italia e la BCE ritenevano che gli attori avessero ottenuto una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum e richiedevano dunque loro di notificare ufficialmente tale acquisizione sulla scorta della normativa vigente.
8. Non avendo dato seguito a tale richiesta, nell’agosto 2016 la Banca d’Italia avviava d’ufficio un procedimento di valutazione della fattispecie, trasmettendo due mesi dopo alla BCE un parere ex 15, par. 2, Regolamento MVU circa l’onorabilità degli acquirenti, esprimendo parere negativo in merito. La BCE, con decisione successiva, accoglieva la rimostranze di Banca d’Italia opponendosi all’acquisizione della partecipazione che veniva inquadrata come qualificata (nel prosieguo, anche la “Decisione Controversa”).
9. Il Tribunale dell’Unione, adito da Fininvest e Silvio Berlusconi che miravano ad ottenere l’annullamento della Decisione Controversa, mediante la sentenza dell’11 maggio 2022 ne confermava il contenuto, reputando corretta la valutazione del requisito dell’onorabilità.
10. Per inciso, si ricorda che il giudice dell’Unione era stato ritenuto competente in via esclusiva a definire sulla controversia per merito della sentenza emessa dalla Corte di giustizia il 19 dicembre 2018 a valle del rinvio pregiudiziale sollevato dal Consiglio di Stato circa l’interpretazione dell’ 263 TFUE (si veda: Sentenza della Corte del 19 dicembre 2018, Silvio Berlusconi e Finanziaria d’investimento Fininvest SpA c. Banca d’Italia e Istituto per la Vigilanza Sulle Assicurazioni, Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato, Causa C-219/17, ECLI:EU:C:2018:1023).
11. Fatte queste necessarie premesse e venendo ora all’ultima sentenza della Corte, essa ha ribaltato la valutazione dei giudici di prime cure. In primis, i giudici di Lussemburgo hanno contestato l’interpretazione del Tribunale secondo cui la modifica della struttura giuridica di una partecipazione, come la trasformazione da indiretta a diretta, costituisse un’acquisizione di una nuova partecipazione qualificata (si vedano i punti 85 e ss. della sentenza de qua). Secondo la Corte, la normativa europea – specificamente l’art. 22 della Direttiva CRD IV e l’art. 4 del Regolamento (UE) 575/2013 – non attribuisce rilevanza alla struttura giuridica della partecipazione, bensì al controllo o all’influenza esercitata sul soggetto partecipato. Pertanto, il semplice cambiamento della natura giuridica della partecipazione non costituisce, di per sé, un’acquisizione.
12. La pronuncia si è soffermata poi sull’irretroattività propria degli artt. 22 e 23 della Direttiva CRD IV, stabilendo che essi non possono essere applicati a partecipazioni qualificate acquisite prima del 31 dicembre 2013. L’applicazione di detto principio al caso di specie ha permesso di constatare l’illegittima applicazione degli stessi da parte della BCE, poiché i ricorrenti avevano acquisito una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum già nel 1996, dato erroneamente non rilevato dal Tribunale di primo grado (si vedano i punti 116 e ss. della sentenza in commento).
13. La Corte ha pertanto annullato la decisione di primo grado senza analizzare gli ulteriori motivi di impugnazione, statuendo in via definitiva sulla controversia. Ha, infine, condannato la soccombente BCE a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dai ricorrenti relative alla procedura di primo grado e a quella di impugnazione, di cui si dirà poco oltre.
14. L’analisi finora svolta di quella che potrebbe rinominarsi la sentenza Mediolanum permette di svolgere talune considerazioni. La prima attiene alla possibilità dei ricorrenti di adire nuovamente il Tribunale dell’Unione, competente ex 268 TFUE, con un ricorso volto all’ottenimento di un risarcimento del danno ex art. 340, par. 3, TFUE nei confronti della BCE.
15. Come noto, purché possa accertarsi una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, i ricorrenti devono dimostrare la presenza di tre condizioni cumulative: l’illiceità del comportamento imputabile all’istituzione o ai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento denunciato e il danno paventato (si vedano, ex multis: Sentenza della Corte del 20 settembre 2016, Ledra Advertising Ltd e altri c. Commissione europea e Banca centrale europea, Cause riunite da C-8/15 P a C-10/15 P, ECLI:EU:C:2016:701, spec. punto 64; Sentenza del Tribunale del 7 ottobre 2015, Alessandro Accorinti e a. contro Banca centrale europea, Causa T‑79/13, ECLI:EU:T:2015:756, spec. punto 65).
16. A tal proposito deve rilevarsi come, seppur contemplato dal Trattato, un simile tipo di responsabilità della BCE – così come, più in generale, delle istituzioni europee – pare non essere concretamente riconosciuto nella prassi. A voler considerare le pronunce degli ultimi anni, i ricorsi in tema che hanno ricevuto accoglimento sono stati meno di un decimo rispetto a quelli presentati sulla scorta della mancanza di uno dei tre requisiti summenzionati. Dette statistiche sembrano rendere il rimedio di cui all’art. 340 TFUE tutt’altro che effettivo e si presentano come scoraggianti per i potenziali ricorrenti.
17. Si pensi, in proposito, al caso Malacalza, nel contesto del quale è stato negato agli attori il risarcimento del danno lamentato a seguito della condotta illecita della BCE nell’esercizio della sua funzione di vigilanza prudenziale su Banca Carige nel periodo compreso fra il 2014 e il 2019 (si veda, in proposito: Sentenza del Tribunale del 5 giugno 2024, Malacalza Investimenti Srl e Vittorio Malacalza c. Banca centrale europea, Causa T‑134/21, ECLI:EU:T:2024:362). In tale contesto, il Tribunale non aveva riconosciuto l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata tale da integrare la prima delle summenzionate condizioni necessarie per riconoscere l’insorgere di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione.
18. Uno dei pochi casi che, a titolo esemplificativo, può citarsi, in cui, all’opposto, era stata riconosciuta la responsabilità di un’istituzione, è il caso Campine (si veda, in proposito: Sentenza del Tribunale dell’8 marzo 2023, Campine e Campine Recycling c. Commissione europea, Causa T-94/20, ECLI:EU:T:2023:110). Nella fattispecie, ai ricorrenti era stato accordato il risarcimento per il danno subito a causa dell’agere scorretto della Commissione in quanto la violazione dell’ 266, par. 1, TFUE era stata inquadrata come qualificata.
19. Ciò posto, nulla preclude che Fininvest e gli aventi causa di Silvio Berlusconi possano intraprendere tale iniziativa e, qualora ciò avvenisse, sarà di notevole interesse osservare l’evoluzione della vicenda. Sarà altresì rilevante verificare se l’orientamento dei giudici UE si conformerà alla corrente giurisprudenziale maggioritaria, volta a escludere la responsabilità della BCE e a negare la tutela risarcitoria, oppure se adotterà un approccio più innovativo e garantista.
20. Una seconda considerazione concerne la determinazione del quantum delle spese processuali relative ai vari gradi di giudizio, di cui la BCE sarà tenuta a farsi carico al fine di rifondere i ricorrenti. Queste ultime, come da prassi, non sono definite nella sentenza in commento, che si limita a ripartirle. Può osservarsi come la Corte di giustizia, nel procedere a tale calcolo, sia tenuta a rispettare le disposizioni di cui al capo VI del Regolamento di procedura della Corte (nel prosieguo, il “Regolamento”). In particolare, l’art. 144 del Regolamento definisce ripetibili le somme dovute ai testimoni e ai periti, nonché quelle ritenute “indispensabili”, per tali intendendosi quelle sostenute dalle parti per la causa, fra cui le spese di viaggio, di soggiorno e i compensi degli agenti, consulenti o avvocati.
21. Non vi sono, tuttavia, ulteriori norme specifiche o parametri di calcolo predeterminati, così lasciando ai giudicanti – che restano coloro che hanno definito sulla causa principale – margine di definizione. Il procedimento di liquidazione si svolge su domanda della parte interessata e segue un tentativo di accordo fra le parti. Al termine, il collegio statuisce mediante ordinanza non impugnabile (anche qualora sia emessa dal Tribunale). La giurisprudenza in materia non risulta essere maggiormente esplicativa, limitandosi a seguire un approccio abbastanza restrittivo in considerazione del carattere standardizzato della procedura (in proposito, ex multis: Ordinanza del Tribunale del 18 settembre 2015, Autortiesību un komunicēšanās konsultāciju aģentūra/Latvijas Autoru apvienība e a. c. Commissione europea, Cause riunite T-414/08 DEP, T-420/08 DEP e T-442/08 DEP, ECLI:EU:T:2015:726, spec. punto 63). Un consolidato filone, però, ammette che alle spese liquidate vadano aggiunti gli interessi legali, che decorrono dalla pronuncia dell’ordinanza di liquidazione (si vedano: Ordinanza del Tribunale del 23 maroz 2012, Kerstens c. Commissione, Causa T-266/08 P-DEP, spec. punto 37; Ordinanza del Tribunale del 24 giugno 2010, Gogos c. Commissione, Causa T-66/04 DEP, ECLI:EU:T:2010:252, spec. punto 35).
22. A voler fare un parallelismo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha la facoltà di accordare ai richiedenti una somma che, secondo la sua valutazione equitativa, può dirsi ragionevole. Una puntualizzazione si può fare in merito agli onorari degli avvocati: i giudici di Strasburgo, infatti, possono determinare un importo congruo tenendo conto non solo delle somme richieste dai legali, ma anche delle decisioni emesse in casi analoghi, valutando in tale contesto se la violazione riscontrata rientri nella “giurisprudenza consolidata” (si veda, in proposito, il Regolamento della Corte del 28 marzo 2024).
23. In conclusione, può dirsi che la sentenza Mediolanum si colloca all’interno di un percorso iniziato oltre dieci anni fa, il quale, almeno per il momento, può considerarsi concluso. Se estrapolata dal suo contesto specifico, essa risulta di grande valore per le riflessioni di più ampio respiro che consente di sviluppare, così come per le implicazioni relative al diritto dell’Unione e alle garanzie offerte ai cittadini.