Tutela giurisdizionale effettiva e visite mediche del richiedente asilo: La necessità di un esame “completo ed ex nunc” include il potere del giudice di ordinare la visita
Introduzione
- Nel contesto dell’esercizio del diritto al ricorso effettivo dinanzi a un giudice, che spetta al richiedente asilo nei procedimenti di impugnazione della decisione sulla domanda di protezione internazionale, la direttiva 2013/32, cosiddetta direttiva procedure, prevede che gli Stati membri assicurino “un esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale” [art. 46 (3)]. Nella pronuncia nella causa Barouk, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla portata del potere del giudice rispetto alle visite mediche del richiedente. La questione che si pone è la seguente: il giudice nazionale può ordinare direttamente una visita medica del richiedente asilo, pur in assenza di una normativa nazionale che lo autorizzi, qualora sia ritenuta necessaria, oppure è sufficiente che annulli la decisione dell’autorità accertante per mancata visita e che rinvii la causa affinché la visita sia eventualmente disposta dall’autorità in un nuovo procedimento? Si ricorda che l’art. 18 della Direttiva Procedure prevede che, se ritenuto utile, l’autorità accertante possa disporre una visita medica del richiedente asilo per rilevare segni di persecuzione o danni gravi, previo il suo consenso. In mancanza, il richiedente può organizzarla autonomamente. I risultati della visita vanno valutati insieme agli altri elementi della domanda.
- Un cittadino libanese, lamentando di aver subito torture dai servizi segreti del suo paese di origine in ragione del suo attivismo politico, ha richiesto il riconoscimento della protezione internazionale all’Autorità per l’asilo di Cipro. La domanda è stata respinta poiché le dichiarazioni del richiedente – “prive di coerenza, logica e plausibilità” (punto 13) – non integravano gli estremi del fondato timore di persecuzione o del rischio di subire gravi danni in caso di ritorno nel paese di origine. Il Tribunale amministrativo per la protezione internazionale cipriota solleva dubbi sul fatto che il richiedente non sia stato sottoposto, nel contesto dell’esame della domanda di protezione internazionale, a una visita medica o psicologica destinata ad accertare i segni o le conseguenze di persecuzioni, torture o altre gravi violenze fisiche o psicologiche che avrebbe subito in passato. Il giudice del rinvio ritiene che lo status psicologico del richiedente, a causa della sua vulnerabilità, potrebbe aver inficiato “l’attendibilità del richiedente” (punto 16) e, dunque, la valutazione della credibilità delle sue dichiarazioni da parte delle autorità. Tuttavia, il giudice dichiara anche di non poter ordinare la visita medica per mancanza di un tale potere, riservato dal diritto cipriota esclusivamente all’Autorità per l’asilo. Di conseguenza, sorgono dubbi interpretativi sull’art. 46 (3) della Direttiva Procedure e sull’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, in particolare, sulla circostanza che il giudice del ricorso possieda o meno il potere, derivante dal diritto dell’Unione, di ordinare direttamente o indirettamente una tale visita medica o psicologica.
- La Corte ha stabilito che l’art. 46 (3) della direttiva procedure, letto alla luce dell’art. 47 della Carta (diritto a un ricorso effettivo e dell’art. 4 (3) TUE (obbligo di leale cooperazione), dev’essere interpretato nel senso che il giudice nazionale “deve disporre del potere di ordinare una visita medica del richiedente protezione internazionale qualora ritenga che il ricorso a tale visita sia necessario o pertinente ai fini della valutazione della domanda stessa” (punto 43 e dispositivo) e ciò affinché risulti soddisfatto il requisito dell’esame “completo ed ex nunc”. A supporto di questa interpretazione, la Corte adduce quattro argomenti principali. In primo luogo, in taluni casi, la visita medica – spiega la Corte – “può consentire di verificare se taluni indizi di problemi di salute […] possano spiegarsi con persecuzioni o gravi danni che [il richiedente] abbia subito in passato, segnatamente nel suo paese d’origine, e debbano, per tale ragione, essere presi in considerazione per valutare le reali esigenze di protezione internazionale del richiedente stesso” (punto 33). Il secondo argomento è che una normativa nazionale che consente al giudice unicamente di annullare la decisione dell’autorità per mancata visita medica non garantisce un esame completo ed ex nunc delle esigenze di protezione, compromettendo l’efficacia della procedura d’asilo. In altre parole, spetta al giudice garantire che la domanda sia trattata in maniera esaustiva e celere. In terzo luogo, dopo aver concluso che la l’art. 18 della direttiva procedure non è applicabile al caso di specie (poiché riguarda solo i poteri dell’autorità accertante), la Corte chiarisce che, in assenza di norme di diritto dell’Unione che regolino la possibilità di ricorrere a visite mediche nel contesto del ricorso giurisdizionale, spetta agli Stati membri stabilirne le modalità procedurali, nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività e dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta. Il giudice deve però poter disporre una visita medica del richiedente se vi sono “indizi concreti” di eventi traumatici avvenuti nel paese d’origine rilevanti per la domanda di protezione internazionale (punto 38). A tal fine, può ordinare direttamente la visita o incaricarne l’autorità accertante, purché ottenga “entro un breve termine” gli elementi necessari per una valutazione aggiornata e rapida del caso (punto 39). Infine, qualora la normativa nazionale non consenta al giudice di ordinare la visita medica necessaria per valutare la domanda di protezione, essa viola l’art. 46 (3) della direttiva procedure e l’art. 47 della Carta. Essendo entrambe le disposizioni dotate di effetto diretto, in caso di conflitto con la normativa nazionale, il giudice nazionale deve disapplicare il diritto interno per garantire l’efficacia del diritto dell’Unione e la tutela giurisdizionale effettiva del richiedente.
- La sentenza Barouk può essere letta come un proseguimento delle sentenze di grande camera Torubarov (citata al punto 41) e della più recente Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky (citata nei punti da 25 a 28), che ha fatto molto discutere, soprattutto in Italia, nel contesto dell’applicazione del Protocollo Italia-Albania. Affinché sia garantito un ricorso effettivo ai sensi del diritto dell’Unione, il giudice nazionale investito di un ricorso avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale deve avere il potere di ordinare una visita medica del richiedente, se la ritiene necessaria o pertinente per l’esame completo ed ex nuncdella domanda. Il giudice non può limitarsi a un controllo formale sulla decisione dell’autorità dell’asilo, ma deve poter valutare tutti gli elementi rilevanti, compresi quelli successivi alla decisione dell’autorità, per decidere sulla fondatezza attualedella domanda. Le visite mediche possono essere strumenti probatori chiave nella valutazione delle esigenze di protezione di un richiedente, laddove rilevanti per valutare la credibilità, vulnerabilità o gli eventuali traumi subiti (in argomento, si veda nel paper A. Sinon et J. Lejeune). Il mero annullamento della decisione dell’autorità dell’asilo – che non ha disposto la visita medica – con conseguente adozione di una nuova decisione è una misura inadeguata a soddisfare il requisito dell’esame completo e aggiornato della domanda di protezione internazionale imposta dal diritto d’asilo dell’Unione. L’autonomia procedurale di cui godono gli Stati membri è limitata dunque alla possibilità di stabilire le modalità di esercizio dei poteri del giudice, posto che tali modalità non compromettano l’effettività del diritto al ricorso giurisdizionale.
- Il potere di ordinare una visita medica del richiedente asilo rientra in quelli del giudice nel ricorso avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale. Con questa pronuncia, la Corte di giustizia dell’Unione rafforza significativamente il ruolo del giudice nazionale come garante sostanziale dei diritti del richiedente, riconoscendogli un potere istruttorio funzionale all’effettività del ricorso e alla valutazione piena, aggiornata e celere della domanda di protezione internazionale. In presenza di “indizi concreti” di traumi o torture, la Corte conferma che il giudice deve poter ordinare direttamente o indirettamente la visita medica, anche in assenza di una norma nazionale espressa. In casi di inerzia o di omissione da parte dell’autorità accertante, l’avvocato può chiedere al giudice di attivare misure istruttorie direttamente fondate sull’art. 46 (3) della direttiva Procedure e sull’art. 47 della Carta.
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