Sui contratti di finanziamento con tasso di interesse indicizzato all’Euribor le Sezioni Unite rinviano in attesa della pronuncia della Corte di giustizia
- Con l’ordinanza interlocutoria n. 6943 del 15 marzo 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno disposto rinvio a nuovo ruolo della trattazione del procedimento dinanzi ad esse pendente “per approfondimenti”.
La controversia demandata alla composizione più autorevole della Corte di Cassazione riguarda un contratto di finanziamento, contenente una clausola di indicizzazione del tasso di interesse all’Euribor, clausola la cui legittimità è contestata dai ricorrenti, in quanto la stessa sarebbe la risultante di un’intesa illecita ai sensi della disciplina antitrust dell’Unione Europea, come da accertamento compiuto nell’ambito di un procedimento condotto dinanzi alla Commissione nei confronti di alcuni primari gruppi bancari, e conclusosi con due distinti provvedimenti, rispettivamente del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016 (caso DG Comp. AT 39914).
Il procedimento era stato rimesso alle Sezioni Unite a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 19900 del 19 luglio 2024, della Prima Sezione Civile (in Nuova giur. civ. comm., 2024, p. 1082 ss.). Con quest’ultima ordinanza la Prima Sezione aveva rilevato la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in subiecta materia, in particolare tra due precedenti pronunzie, entrambe della Terza Sezione Civile (Cass. 13 dicembre 2023, n. 34889, ivi, p. 1075 s., e Cass. 3 maggio 2024, n. 12007, ivi, p. 1076 ss.), ed aveva peraltro ritenuto di assumere apertamente una posizione critica rispetto ad entrambe le pur diverse soluzioni adottate dalla Terza Sezione.
- Il contrasto giurisprudenziale sopra riferito è originato – come si è anticipato – a seguito dell’intervenuto accertamento, da parte della Commissione, di un illecito anticoncorrenziale avente ad oggetto i prezzi dei derivati sui tassi in euro (c.d. EIRD – European Rate Interest Derivatives), temporalmente risalente al periodo settembre 2005 / maggio 2008. L’intesa illecita ha riguardato il tentativo di manipolazione di uno dei due indici di riferimento utilizzati per la fissazione dei suddetti prezzi (per l’appunto, l’Euribor: per una sintetica descrizione del meccanismo di fissazione di detto tasso interbancario, cfr. E. Camilleri, Intesa sugli EIRD e finanziamenti indicizzati all’Euribor: il magnetismo resistibile della nullità, ivi, p. 1067).
Nello specifico, a seguito dell’autodenuncia di uno dei sette gruppi bancari del cartello (Barclays), veniva aperta un’istruttoria, che sfociava anzitutto in una prima decisione della Commissione (dec. 4 dicembre 2013, una cui sintesi è pubblicata in Gazz. Uff. U.E. 30 giugno 2017, C 206/17), adottata su base transattiva, e coinvolgente altri tre gruppi bancari oltre a Barclays (Deutsche Bank, Société Générale, Royal Bank of Scotland).
Nei confronti, invece, dei gruppi bancari non transigenti (Crédit Agricole, HSBC e JP Morgan) sarebbe stata adottata la decisione 7 dicembre 2016 (una cui sintesi è pubblicata in Gazz. Uff. U.E. 8 aprile 2019).
Per quanto qui di interesse, entrambe le decisioni hanno accertato – tra le varie pratiche collusive finalizzate a distorcere il normale corso dei componenti di prezzo per gli EIRD – che «a volte certi operatori impiegati da parti diverse hanno comunicato e/o ricevuto preferenze per un fixing invariato, basso o elevato di determinate scadenze dell’Euribor. Queste preferenze dipendevano dalle loro posizioni di negoziazione/esposizioni».
I gruppi bancari non transigenti avrebbero impugnato, dinanzi al Tribunale dell’U.E., le decisioni della Commissione. In tutti e tre i casi il Tribunale (sentenza 24 settembre 2019, causa T-105/17, HSBC c. Commissione, ECLI: EU: T:2019:675; sentenza 20 dicembre 2023, causa T-113/17, Crédit Agricole c. Commissione, ECLI: EU: T:2023:847; sentenza 20 dicembre 2023, causa T-106/17, JP Morgan c. Commissione, ECLI: EU: T:2023:832) avrebbe sostanzialmente confermato la bontà dell’impianto complessivo delle decisioni della Commissione. Peraltro, relativamente ad HSBC, è altresì intervenuta anche la sentenza della Corte di giustizia (sentenza 12 gennaio 2023, causa C-883/19 P, HSBC c. Commissione, ECLI: EU: C:2023:11), a sua volta di sostanziale conferma della sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale commesso dai gruppi bancari aderenti al cartello. Risultano, peraltro, invece ancora pendenti i ricorsi proposti dinanzi alla Corte avverso le pronunzie del Tribunale del dicembre 2023, relative alle posizioni di Crédit Agricole e di JP Morgan.
- Quantunque, come si è visto, gli accertamenti della Commissione abbiano riguardato un mercato diverso da quello dei finanziamenti bancari, e quantunque nessuna delle banche italiane facenti parte del panel degli istituti coinvolti nella comunicazione dei dati ai fini del rilevamento dell’Euribor (all’epoca dei fatti, 44) sia risultata partecipe della condotta anticoncorrenziale, è proprio dinanzi alle Corti di merito italiane che si sono manifestati alcuni orientamenti giurisprudenziali inclìni a ritenere viziati da nullità parziale antimonopolistica diretta (art. 101 TFUE; art. 2, l. 10 ottobre 1990, n. 287) i contratti di finanziamento ad esso indicizzati, in ragione dell’intervenuta sua riferita manipolazione ad opera delle sette banche del cartello. Siffatta nullità ricorrerebbe, per questo indirizzo interpretativo, anche a prescindere dal fatto che la banca finanziatrice abbia preso parte all’intesa illecita, in virtù del principio generale in base al quale in caso di illecito antimonopolistico l’intesa è nulla “ad ogni effetto” (secondo la terminologia della legge antitrust domestica), ovvero “di pieno diritto” (secondo quella del T.F.U.E.). In questo senso, dunque, i contratti di finanziamento che assumono l’Euribor quale indice di riferimento sarebbero da considerarsi “a valle” rispetto all’intesa, e dunque risulterebbero a loro volta in parte qua viziati dalla medesima illiceità (per alcune pronunzie appartenenti a questo filone interpretativo, Trib. Ancona, 18 agosto 2020, n. 1056; App. Cagliari, Sez. dist. Sassari, 8 settembre 2022, n. 260).
In realtà questo indirizzo sarebbe rimasto per lungo tempo largamente minoritario presso le Corti di merito (per alcune prime indicazioni, cfr. C. Colombo, Gli interessi nei contratti bancari, in Contratti bancari, a cura di E. Capobianco, p. 650 s.), sicché non poco clamore si determinò quando la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 13 dicembre 2023, n. 34889, si pronunziò in senso ad esso conforme, ritenendo che le decisioni della Commissione assurgerebbero a prova privilegiata dell’intesa, opponibile anche ad un soggetto giuridico che non vi abbia preso parte, sicché andrebbero considerate nulle tutte quelle clausole che si richiamino per relationem al tasso in questione.
Con la sentenza Cass. 3 maggio 2024, n. 12007, tuttavia, si assisteva ad una prima presa di distanza, in seno alla stessa Terza Sezione, nel senso che vi veniva anzitutto contestata la natura di contratti “a valle” dei finanziamenti indicizzati all’Euribor, laddove gli stessi non risultino conclusi da uno degli istituti partecipi dell’intesa illecita; la Corte, tuttavia, in detta pronunzia, rilevava un diverso possibile motivo di nullità parziale, consistente nella violazione della regola di diritto comune (art. 1346 c.c.) che impone la determinabilità dell’oggetto del contratto, ogni volta in cui, almeno per un determinato periodo, il tasso di riferimento in questione sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, in virtù delle condotte illecite di terzi, al punto da non potere svolgere la funzione obbiettiva, ad esso assegnata, di efficace strumento di determinazione dell’oggetto della clausola sul tasso di interesse
Come già detto, entrambe le soluzioni interpretative della Terza Sezione sarebbero state fatte oggetto di serrata critica da parte della Prima Sezione, nell’ambito dell’ordinanza con la quale, oltre a rimettere la questione alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, venivano prospettate ulteriori e differenti possibili tutele per il sovvenuto (segnatamente, quella dell’annullamento del contratto per dolo del terzo ex art. 1439, secondo comma, c.c. e, soprattutto, quella risarcitoria nei confronti degli istituti partecipi del cartello).
Va peraltro segnalato che le posizioni emerse nell’ambito della Terza Sezione avrebbero incontrato il dissenso anche della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, la quale – nel rendere le proprie conclusioni sia nel giudizio che sarebbe stato deciso con la sentenza Cass. 3 maggio 2024, n. 12007, sia soprattutto in quello assegnato alle Sezioni Unite – ha avuto modo di soffermarsi, nell’enunciazione del principio di diritto proposto, in particolare sull’impossibilità di considerare i contratti di finanziamento quali contratti “a valle” di un’intesa avente ad oggetto un diverso settore del mercato, ovverosia quello dei derivati sui tassi di interesse.
Occorre poi rilevare come la stessa dottrina si sia espressa in prevalenza in termini dissonanti rispetto ad ambedue le impostazioni della Terza Sezione (cfr., tra gli altri, oltre a E. Camilleri, op. cit., p. 1065 ss., G. Guizzi, Manipolazione dell’Euribor e nullità contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, in Riv. dir. banc., 2024, p. 29 ss., S. Pagliantini, D. Santarpia, Un’aberratio ictus bella e buona: Euribor manipolato e nullità parziale dei contratti indicizzati, in Foro it., 2024, p. 497 ss.; S. Pagliantini, R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, ivi, 2024, p. 1439 ss.; M.F. Campagna, Osservazioni a valle dell’intesa sull’Euribor, ivi, 2024, p. 1451 ss. Vedi anche però, per alcune posizioni favorevoli ad almeno alcuni degli approdi interpretativi della Terza Sezione, A. Gentili, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle’ (il caso Euribor), in Riv. dir. banc., 2024, p. 19 ss.; A.A. Dolmetta, Euribor manipolato e contratti «a valle». Questioni, ivi, 2024, p. 1 ss.).
Peraltro, anche nella giurisprudenza di merito posteriore alle pronunzie della Terza Sezione si sono registrate sia opinioni consenzienti (ad es., App. Catanzaro, 18 gennaio 2024, n. 67), sia motivate opinioni dissenzienti (quanto a queste ultime, si segnala in particolare Trib. Torino, 29 gennaio 2024).
- Alla viglia della decisione delle Sezioni Unite, la Corte di Appello di Cagliari, con ordinanza del 24 gennaio 2025 – richiamate in modo particolare le due pronunzie delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di illecito antitrust (Cass. SS.UU. 4 febbraio 2005, n. 2207 e Cass. SS.UU. 30 dicembre 2021, n. 41994), e rilevato che soltanto l’azione di nullità (o la relativa eccezione in un procedimento avente ad oggetto la determinazione del quantum dovuto), rispetto ad una iniziativa risarcitoria, realizzerebbe appieno la tutela accordata al consumatore finale del prodotto, ponendolo al riparo dagli effetti dell’intesa vietata – ha sollevato, ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E., questione interpretativa pregiudiziale del diritto dell’U.E.
Nella parte finale dell’ordinanza – a firma della stessa Giudice che aveva in precedenza già redatto la menzionata sentenza App. Cagliari, Sez. dist. Sassari, 8 settembre 2022, n. 260 – si legge peraltro che “sarebbe quantomeno contraddittorio ipotizzare che i dati forniti per la determinazione dell’Euribor nel periodo dell’accertata manipolazione possano essere utilmente richiamati in un qualsiasi mercato, tra cui quello dei mutui a tasso variabile” e che “ritenere che il secondo comma dell’art. 101 TFUE abbia ad oggetto soltanto la censura alla pratica anticoncorrenziale e non produca effetti a cascata sui rapporti negoziali che recepiscono il frutto dell’accordo vietato ne svilirebbe la portata deterrente e ridurrebbe il divieto a mero precetto astratto, giacché è proprio l’impiego dei dati distorti a concretare gli effetti anticoncorrenziali del mercato”.
A fronte di detta remissione alla Corte di giustizia, la scelta delle Sezioni Unite è stata quella di attenderne la decisione, a conferma di un dialogo tra le Corti, che vede la prima rivestire sempre più il ruolo di protagonista primario, anche rispetto all’esercizio della funzione giurisdizionale interna degli Stati membri.
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