L’esame delle domande d’asilo e la possibilità di proroga nella causa C 662/23: il confine tra regime ordinario e regime d’eccezione
L’8 maggio 2025, nella causa “Zimir”, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito ad un rinvio pregiudiziale ad opera del Raad van State, ossia il Consiglio di Stato dei Paesi Bassi. I dubbi interpretativi concernevano una disposizione della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (c.d. direttiva procedure). In particolare, l’attenzione della Corte di Giustizia è stata richiamata sul contenuto dell’articolo 31, paragrafo 3, comma 3, lettera b), ai sensi del quale il termine di sei mesi per l’esame delle domande d’asilo può essere prorogato fino a nove ulteriori mesi, se «un gran numero di cittadini di paesi terzi o apolidi chiede contemporaneamente protezione internazionale, rendendo molto difficile all’atto pratico concludere la procedura entro il termine di sei mesi».
Le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte sono tre (v. punto n. 23).
La prima concerne il significato da attribuire al termine “contemporaneamente”; il giudice olandese, infatti, si interroga in merito alla possibilità di prorogare il termine di sei mesi qualora l’aumento delle domande d’asilo – che rende impossibile il rispetto del menzionato termine – sia avvenuto in maniera graduale. Vengono altresì chieste delucidazioni volte a chiarire quando si sia in presenza di “un gran numero” di richieste di protezione internazionale.
La seconda questione riguarda la possibilità di delimitare temporalmente il periodo nel corso del quale deve verificarsi il suddetto aumento delle domande e, qualora ciò sia possibile, quanto possa durare detto periodo.
Infine, la terza questione concerne la facoltà di tenere conto di circostanze ulteriori rispetto all’aumento delle richieste d’asilo – quali preesistenti domande non trattate o una carenza di organico –, al fine di valutare l’impossibilità di rispettare il termine di sei mesi.
L’intera vicenda giurisprudenziale trae origine dalla domanda d’asilo presentata nei Paesi Bassi da X, cittadino turco, il 10 aprile 2022. Il 21 settembre 2022, tuttavia, il Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid – ossia, il Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza – aveva adottato il “WBV 2022/22”(un decreto di modifica della circolare del 2000 sugli stranieri), ai sensi del quale il periodo di sei mesi per l’esame delle domande di protezione internazionale e per il rilascio dei permessi di soggiorno temporaneo a titolo d’asilo sarebbe stato automaticamente prorogato di nove mesi, per tutte le richieste presentate anteriormente all’1 gennaio 2023 ed il cui termine per l’esame non era scaduto prima del 27 settembre 2022.
Ricadendo la richiesta di X nell’ambito d’applicazione del decreto, il 13 ottobre 2022, a causa del mancato rilascio del permesso nel termine dei sei mesi, X ha inviato una messa in mora al Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza.
In conseguenza del silenzio di quest’ultimo, X ha presentato ricorso innanzi al rechtbank Den Haag (il Tribunale dell’Aia), il quale, con pronuncia del 6 gennaio 2023, ha accolto il ricorso e ha dichiarato illegittima la proroga del termine introdotta dal WBV 2022/22.
Tale decisione è stata impugnata dal Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid dinanzi al Raad van State, ossia il giudice del rinvio.
Quest’ultimo, soffermandosi sulla portata del termine “contemporaneamente” – contenuto nell’articolo 31, paragrafo 3, comma 3, lett. b) della direttiva 2013/32/UE –, ha affermato che esso, in tale contesto, significherebbe “in un breve lasso di tempo”. Il tribunale ha, inoltre, riconosciuto la necessità di circoscrivere temporalmente il periodo durante il quale possa raggiungersi il picco di domande che impossibilita il rispetto del termine di sei mesi (v. punto n. 18). Infine, ha evidenziato la rilevanza dal secondo paragrafo dell’articolo 31 della direttiva – ai sensi del quale «Gli Stati membri provvedono affinché la procedura di esame sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo» – ai fini di una corretta interpretazione della lettera b), del terzo comma del terzo paragrafo della medesima disposizione. Nondimeno, necessita di essere chiarito in che termini si coordino le due previsioni (v. punto n. 20).
Affermata la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte ha fornito i chiarimenti interpretativi richiesti, statuendo altresì la necessità di trattare congiuntamente le prime due questioni pregiudiziali.
Dall’analisi della disposizione oggetto di rinvio, la Corte di Giustizia ha rilevato che la possibilità di prorogare il termine dei sei mesi sorge in presenza di tre condizioni, che devono coesistere affinché la proroga sia legittima. In particolare: “contemporaneamente” deve essere presentato “un gran numero” di domande d’asilo, che renda «molto difficile all’atto pratico concludere la procedura entro il termine di sei mesi» (v. punto n. 33).
Rilevata, tuttavia, all’interno della direttiva 2013/32/UE, l’assenza di chiarimenti relativi alla portata del termine “contemporaneamente”, la Corte ha ritenuto che quest’ultimo debba essere interpretato conformemente al suo significato nel linguaggio corrente, alla luce del contesto nel quale è inserito e degli obiettivi della normativa. Di norma, esso viene utilizzato come sinonimo di “simultaneamente”; tuttavia, dato che raramente le domande d’asilo vengono presentate precisamente nello stesso momento, nel contesto in esame il significato da attribuire al termine “contemporaneamente” è “in un breve lasso di tempo” (v. punti n. 34-36).
Inoltre, in assenza di specificazioni relative alla portata dell’espressione “un gran numero”, quest’ultimo è ritenuto sussistere in presenza di un aumento significativo delle richieste d’asilo, rispetto al «flusso abituale e prevedibile delle domande di protezione internazionale nello Stato membro interessato, sulla base delle tendenze statistiche attuali e storiche» (v. punto n. 38).
Infine, è stato richiamato il primo paragrafo dell’articolo 4 della direttiva 2013/32/UE – ai sensi del quale «per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un’autorità che sarà competente per l’esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tale autorità disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente in numero sufficiente, per assolvere ai suoi compiti ai sensi della presente direttiva» –, da cui discende che, in presenza di un aumento progressivo delle domande d’asilo, lo Stato membro interessato è tenuto ad adottare le misure necessarie affinché l’autorità accertante disponga dei mezzi necessari per rispettare il termine della direttiva (v. punti n. 39-42). Conseguentemente, il “breve lasso di tempo” in cui deve verificarsi il picco delle domande non deve essere superiore al tempo necessario allo Stato membro per rendere la capacità dell’autorità accertante nuovamente adeguata. Ammettere la possibilità di proroga in caso di un aumento progressivo delle domande contrasterebbe con gli obiettivi della stessa normativa (v. punto n. 48).
Con riferimento alla terza questione pregiudiziale, dalla lettura congiunta dell’articolo 4, paragrafo 1 e dell’articolo 31, paragrafo 3, comma 3, lettera b), è emerso che, affinché la proroga del termine sia legittima, è necessario che l’impossibilità di rispettare il suddetto termine derivi unicamente dal gran numero di domande d’asilo presentate contemporaneamente. Includere ulteriori cause giustificatrici, quali una carenza di organico o la preesistenza di richieste non trattate, contrasterebbe con gli obblighi che vincolano gli Stati membri ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1. Conformemente a tale disposizione, ciascuno Stato membro dovrebbe aver dotato le proprie autorità accertanti dei mezzi necessari per affrontare le prevedibili fluttuazioni del numero delle domande d’asilo. Conseguentemente, la possibilità di proroga viene riconosciuta non potendosi pretendere che le autorità accertanti siano nelle condizioni di affrontare un carico di lavoro, inatteso, di dimensioni significativamente superiori alla tendenza abituale e prevedibile dello Stato membro di riferimento (v. punti n. 52-56).
Appare opportuno segnalare che, dal 12 giugno 2026, la direttiva 2013/32/UE sarà abrogata e sostituita dal regolamento (UE) 2024/1348, che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione. Ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 5, lettera a) del suddetto regolamento, la proroga del termine per l’esame delle domande non potrà essere superiore ai sei mesi (invece dei nove precedentemente previsti) e sarà legittima qualora “un numero sproporzionato” di domande d’asilo venga presentato «nell’arco dello stesso periodo di tempo, rendendo infattibile concludere la procedura entro il termine di sei mesi». L’analizzata sentenza della Corte di Giustizia appare, dunque, in linea con le recenti scelte normative dell’Unione in materia.
La nuova fase di gestione del fenomeno migratorio, inaugurata con l’approvazione del Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, appare volta ad una riforma strutturale del CEAS, non soltanto da un punto di vista normativo, ma altresì con riferimento ai mezzi di cui ciascuno Stato membro dovrebbe essere dotato. Sembra potersi individuare una linea di continuità tra la decisione di concedere due anni di tempo agli Stati europei per adeguarsi – da un punto di vista strutturale – al contenuto del Nuovo Patto e l’analizzata sentenza della Corte di Giustizia. Quest’ultima, infatti, ha evidenziato la necessità che le preesistenti criticità del sistema (quali la carenza di organico o precedenti richieste non trattate) siano occasione di ristrutturazione, affinché ciascuno Stato membro renda la capacità della propria autorità accertante adeguata alle eventuali nuove tendenze dei flussi migratori. La Corte tenta dunque di ridurre i rischi di sovvertimento del rapporto tra regime ordinario e regime d’eccezione, in un momento storico in cui l’effettività del diritto d’asilo risulta pericolosamente minacciata dalla retorica della perenne emergenza migratoria.