Violenza contro le donne: l’Unione europea adotta finalmente la direttiva (UE) 2024/1385
Introduzione.
Il 24.5.2024 è stata pubblicata la direttiva (UE) 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 14.6.2027.
La direttiva trova la propria collocazione nell’ambito della Strategia per la parità di genere 2020 – 2025 elaborata dalla Commissione, che si prefigura di realizzare «un’Europa garante della parità di genere» in tutti i settori di competenza dell’Unione. Tra le azioni chiave proposte dalla Commissione la strategia individua l’eliminazione delle disuguaglianze tra uomo e donna e la lotta alle violenze di genere e alle discriminazioni sessuali.
La violenza contro le donne costituisce una forma di violazione dei diritti umani sistematica e diffusa a livello globale, Stati membri inclusi. Già dal report dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA) datato 2014 è emerso che una donna su dieci ha subito una violenza sessuale (una su venti è stata vittima di stupro e una su cinque di violenza domestica); fenomeno che ha registrato una rapida crescita durante la pandemia anche sotto le sembianze di violenza online.
La proposta di direttiva della Commissione, presentata l’8.3.2022, si poneva dunque in linea con l’avvertita necessità di colmare una lacuna esistente sul piano normativo europeo (non essendovi alcun strumento espressamente dedicato alla protezione della donna, ma solo alla vittima in quanto tale – direttiva 2012/29/UE) (S. De Vido, 2022).
A tal riguardo, occorre rilevare come l’UE avesse già nel 2017 firmato la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (S. De Vido, M. Frulli, 2023): tuttavia il suo processo di ratifica aveva accusato un arresto (innanzitutto dovuto alla mancata previa adesione di tutti gli Stati membri alla Convenzione). Tale processo si è sbloccato l’1.6.2023 mediante due decisioni (nn. 2023/1075 e 2023/1076) del Consiglio, grazie alle quali la Convenzione è entrata in vigore per l’Unione ad ottobre (S. De Vido, 2023).
A fronte della paralisi del processo di ratifica, la proposta di direttiva sembrava rappresentare una valida strada per perseguire l’auspicato processo di armonizzazione della disciplina degli Stati membri, specialmente per quelli non parte della Convenzione di Istanbul. Invero, essa consegue alcuni obiettivi apprestati dalla Convenzione nell’ambito delle competenze dell’UE e, al contempo, si occupa di ulteriori sfaccettature della violenza di genere, come quella online, che non trovano spazio entro l’apparato convenzionale.
Base giuridica e struttura della direttiva.
La direttiva trova fondamento nel combinato disposto degli artt. 82, par. 2 e 83, par. 1 TFUE. L’art. 82, par. 2 TFUE si occupa di predisporre norme minime riguardanti i diritti delle vittime della criminalità al fine di facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materie penali aventi dimensione transnazionale. L’incremento di fiducia reciproca tra Stati membri derivante dall’armonizzazione dei diritti sanciti nella direttiva è stato ritenuto prova sufficiente per il soddisfacimento del requisito della «dimensione transnazionale».
Maggiori criticità ha destato l’art. 83, par. 1 TFUE, che fornisce la base giuridica per le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità riguardanti, tra l’altro, lo sfruttamento sessuale di donne e minori e i reati informatici, per questioni di dimensione transnazionale. In particolare, erano emersi dubbi sulla connotazione di «sfruttamento sessuale» come un euro-crimine autonomo o intrinsecamente correlato alla «tratta degli esseri umani» (E. Bergamini, 2023, p. 26 ss.).
La direttiva stabilisce norme minime comuni per prevenire e combattere la violenza contro le donne e quella domestica in tutta l’Unione europea. Il suo contenuto può essere strutturato in quattro parti.
La prima introduce definizioni comuni di reati, tra cui mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati, condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato, stalking online, molestie online, istigazione alla violenza o all’odio online. Nel testo inizialmente proposto figurava anche il reato di stupro per mancanza di consenso, ipotesi successivamente abbandonata. Accanto a questi reati, la direttiva configura disposizioni relative alle sanzioni, alle circostanze aggravanti, alla giurisdizione e ai termini di prescrizione.
Il testo contiene norme dettagliate rivolte a potenziare l’accesso alla giustizia, ad assicurare una protezione adeguata alle vittime prima, durante e dopo il procedimento penale e a offrire loro un’assistenza specialistica (seconda parte).
Gli Stati membri sono tenuti a disporre di canali accessibili e prontamente disponibili per denunciare atti di violenza, compresa la possibilità di sporgere denuncia e di presentare prove online, almeno per i reati informatici, nonché di dotarsi di strumenti investigativi efficienti.
Attenzione è poi dedicata alla valutazione individuale delle esigenze di protezione e assistenza delle vittime, mediante la predisposizione di appositi servizi di supporto, includendo la possibilità di emettere ordini urgenti di allontanamento e di protezione. Sono inoltre previste norme per l’adozione di misure rivolte alla rimozione di materiale online, per la limitazione delle prove sul comportamento sessuale passato della vittima e sul risarcimento integrale del danno.
Per quanto riguarda l’assistenza alle vittime, la direttiva predispone l’istituzione di una linea di assistenza telefonica 24/7, di centri anti-stupro e di case rifugio.
A seguito dell’esclusione del reato di stupro, particolare priorità è stata conferita alle attività di prevenzione della violenza contro le donne, cui è riservata la terza parte. Gli Stati sono tenuti ad impegnarsi, mediante campagne o programmi educativi e di sensibilizzazione, a migliorare la consapevolezza e la comprensione del pubblico verso le diverse manifestazioni di violenza, le cause e le conseguenze di tali atti, a contrastare gli stereotipi di genere e a promuovere una parità di genere e di rispetto reciproco.
Infine si incentiva un coordinamento e una cooperazione effettivi a livello nazionale e dell’Unione europea (A. Pitrone).
L’introduzione di reati informatici.
Uno degli aspetti maggiormente innovativi della direttiva poggia sull’inserimento di un catalogo di reati connesso alla violenza online, tra cui la condivisione o manipolazione non consensuale di materiale intimo, lo stalking e le molestie online.
Si riconosce il merito al legislatore europeo di aver saputo rispondere alle impellenti esigenze di armonizzazione emerse su diversi fronti: la decisione della Corte Edu sulla cyberviolence dell’11.2.2020, n. 56867/15, la General Recommendation del 2021 del GREVIO sulla dimensione digitale della violenza contro le donne nonché la risoluzione del Parlamento europeo del 14.12.2021 sui medesimi temi (E. Bergamini, 2023, p. 501 ss.).
D’altronde si registra una rapida crescita degli episodi di violenza online e il fenomeno si è particolarmente acuito durante la pandemia: secondo uno studio del 2021 il 4-7% di donne ha subito molestie online nei dodici mesi precedenti e l’1-3% episodi di stalking online. Le donne su internet rappresentano un facile bersaglio per ragioni legate al sesso e al genere, specialmente coloro che sono impegnate nella vita pubblica, in politica o nel giornalismo.
Sulla violenza online la direttiva si è quindi dimostrata all’avanguardia ricomprendendo un elenco di reati non contemplato nella stessa Convenzione di Istanbul.
L’esclusione del reato di stupro.
La definizione comune di stupro come proposta dalla Commissione ha costituito uno degli aspetti maggiormente contesi tra gli Stati membri in seno al Consiglio. Le discussioni affondavano le radici sulla impossibilità di ricomprendere entro la nozione di «sfruttamento sessuale», di cui art. 83, par. 1 TFUE, il concetto di stupro.
La nozione di stupro avanzata dalla Commissione ruotava attorno al concetto di consenso, manifestazione di volontà libera e ritrattabile in qualsiasi momento, quale elemento centrale e costitutivo del reato («only yes means yes»). Per converso, l’approccio tradizionale seguito da alcune legislazioni nazionali per la configurazione del reato esige una condotta aggressiva/prevaricatrice dell’uomo sulla donna incapace di resistervi (cfr. Definitions of rape in the legislation of EU Member States).
Dopo mesi di confronto, la maggioranza degli Stati ha votato a favore della sua esclusione: tra questi si contano non solo l’Ungheria, sostenitrice della tesi tradizionale, ma altresì Germania e Francia. Quest’ultima ha giustificato il suo voto in quanto preoccupata che l’adozione della direttiva con questo articolo avrebbe spinto gli Stati contrari ad adire alla Corte di Giustizia per chiedere l’annullamento della direttiva contestandone la base giuridica.
Per rimediare a questa decisione, è stata inserita una disposizione (art. 35) che impone agli Stati di promuovere campagne di sensibilizzazione e di educazione al consenso, nonché una clausola di riesame (art. 45) in cui si specifica una futura valutazione sull’introduzione di nuovi reati.
Considerazioni conclusive.
Pur non essendo uno strumento perfetto, la direttiva (UE) 2024/1385 merita apprezzamento nel suo complesso. Essa predispone un apparato normativo parzialmente coincidente con quello della Convenzione di Istanbul, dimostrandosi quindi adempiente ai nuovi obblighi derivanti dalla recente adesione dell’UE, ma va oltre alla stessa includendo una gamma di reati informatici, sinora assenti nel diritto dell’Unione e così superando anche il dettato convenzionale.
Con riferimento all’omessa definizione comune di stupro – atto non consensuale – si rileva come la Convenzione di Istanbul contenga una disposizione in sintonia con quella promossa dalla Commissione, cui gli Stati membri aderenti sono tenuti a conformarsi. Per quanto riguarda quelli non parte, si auspica che la recente adesione dell’UE rappresenti uno stimolo verso la ratifica, come avvenuto a gennaio in Lettonia, così favorendo un processo di adeguamento delle loro legislazioni.