Verso una maggiore integrazione del mercato dei pagamenti al dettaglio: raggiunto il compromesso sul testo della proposta di direttiva sui pagamenti elettronici (c.d. PSD 2)

1. Premessa

 Stante la forte dinamicità che lo caratterizza, negli ultimi anni il mercato dei pagamenti al dettaglio è stato oggetto, a livello europeo, di profonde e serrate innovazioni. Nonostante i numerosi interventi del legislatore, tuttavia, settori importanti del mercato dei pagamenti retail, riguardanti soprattutto pagamenti effettuati con carte di credito, carte di debito (categoria che ricomprende anche le carte bancomat ) e nuovi mezzi di pagamento – come internet e i dispositivi mobili – risultano ancora oggi spesso frammentati lungo i confini nazionali – sia sul piano delle infrastrutture, sia sul piano delle regole che disciplinano i singoli servizi-, tanto da rendere difficile lo sviluppo di servizi di pagamento digitali da un lato efficaci, innovativi, nonché sicuri e di facile utilizzo per i consumatori e i dettaglianti.

I recenti sviluppi di questi mercati hanno infatti evidenziato alcune lacune nel vigente quadro giuridico europeo che disciplina i pagamenti, nonché numerosi fallimenti del mercato interno con particolare riguardo al settore dei pagamenti con carta, via internet e tramite dispositivo mobile.

Nello specifico, dal riesame del quadro europeo e dalla consultazione pubblica sul Libro verde della Commissione del 2012 “Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, internet e telefono mobile”, è emersa la necessità di adottare ulteriori misure e di apportare adeguamenti alla normativa sul punto, affinché quest’ultima possa rispondere meglio alle esigenze di un vero e proprio mercato unico dei pagamenti e contribuire a tutti gli effetti ad una migliore tutela della concorrenza, dell’innovazione e della sicurezza.

 La nuova e, verosimilmente, di prossima adozione, direttiva sui pagamenti elettronici (d’ora in avanti, secondo l’acronimo inglese, anche “direttiva PSD 2”) – che ingloba e abroga la direttiva 2007/64/CE del Parlamento Europeo e del Consigliosui servizi di pagamento (d’ora in avanti, “direttiva PSD”), recepita nell’ordinamento italiano e trasposta con d.lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010 – è finalizzata proprio alla correzione delle predette “lacune”.

Le linee direttrici di tale revisione – in linea con la strategia Europa 2020 e con l’Agenda Digitale Europea – sono chiare: come si evince già dalla proposta di direttiva presentata dalla Commissione il  24 luglio 2013 e dal testo della stessa quale risultato del Trilogo del 5 maggio scorso (d’ora in avanti anche “proposta PSD 2”),  l’obiettivo primario da realizzare è quello di contribuire ad un ulteriore sviluppo del mercato UE per i pagamenti elettronici, in cui consumatori, dettaglianti e altri operatori di mercato possano godere appieno dei vantaggi offerti dal mercato interno, creando chiarezza giuridica e condizioni di parità che si traducano in una convergenza verso il basso dei costi e dei prezzi a carico degli utenti di servizi di pagamento e garantiscano maggior sicurezza e trasparenza dei servizi stessi. In un’epoca in cui la distinzione tra istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica – disciplinati dalla direttiva 2009/110/CE del PE e del Consiglio, la c.d “Seconda direttiva sulla moneta elettronica” – è sempre meno netta e si assiste alla convergenza delle tecnologie e dei modelli commerciali all’uopo utilizzati, riveste primaria importanza, infatti, la necessità di porre le basi per una piena ed effettiva armonizzazione anche in questo settore del mercato interno.

 2. Contesto generale e finalità della direttiva PSD2

 Per comprendere appieno la portata della direttiva in esame è necessario, in via preliminare, conoscere il contesto che la stessa contribuisce ad innovare e integrare.

Più precisamente, essa rappresenta l’ultimo tassello di un più ampio pacchetto di misure legislative in materia di servizi di pagamento sino ad oggi composto: i) dalla sopracitata direttiva 2007/64/CE, che istituisce un quadro giuridico armonizzato per pagamenti più rapidi e semplici in tutta l’Unione europea, creando maggiore concorrenza nei sistemi di pagamento, favorendo le economie di scala e rendendo più agevole l’attuazione della Single Euro Payments Area (SEPA); ii) dal regolamento (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri, applicato a tutti i pagamenti elaborati elettronicamente e finalizzato ad eliminare le differenze nelle commissioni applicate agli utenti di servizi di pagamento per i pagamenti nazionali e transfrontalieri in euro all’interno del territorio UE; iii) dal  regolamento UE n. 260/2012, che stabilisce termini per la migrazione dei bonifici e addebiti diretti paneuropei e sostituisce i programmi nazionali per i pagamenti nazionali e transfrontalieri in euro all’interno dell’UE; iv) dalla direttiva 2009/110/CE sulla moneta elettronica, che istituisce il quadro giuridico per l’emissione e il rimborso di moneta elettronica e allinea il regime prudenziale per gli istituti di moneta elettronica ai requisiti applicabili agli istituti di pagamento; infine, v) dal regolamento (CE) n. 1781/2006, che dispone che i prestatori di servizi di pagamento comunichino i dati informativi  relativi all’ordinante lungo tutta la catena di pagamento, al fine di prevenire, investigare e individuare i casi di riciclaggio di denaro e di finanziamento al terrorismo.

 Al pari di quanto accaduto per la proposta del regolamento UE 2015/751 sulle Multilateral Interchange Fees (d’ora in avanti “regolamento MIF”), presentata dalla Commissione unitamente alla proposta sulla direttiva PSD 2 (cfr. sul punto C. Amalfitano), anche quest’ultima è stata accompagnata da una valutazione di impatto, mirante ad analizzare le possibili conseguenze derivanti dall’assenza di un effettivo e funzionante mercato dei pagamenti integrato europeo.

Molteplici le fonti di problemi prese in considerazione, quali: l’applicazione non uniforme delle norme vigenti in materia nei diversi Stati membri, a causa delle numerose opzioni prospettate e di criteri di applicazione della normativa, spesso troppo generici; la presenza di numerose esenzioni dall’ambito di applicazione della direttiva PSD, anch’esse troppo generiche e non al passo con gli sviluppi del mercato; il vuoto giuridico in cui si sono – sino ad oggi – trovati ad operare taluni nuovi prestatori di servizi internet, quali ad esempio i terzi prestatori di servizi di online banking; l’assenza di standardizzazione e interoperabilità tra le diverse soluzioni di pagamento, in particolare sul piano transfrontaliero; l’applicazione di pratiche di tariffazione non omogenee e non coordinate tra SM, fonte di incertezza e condizioni di disparità tra i consumatori che fanno acquisti all’estero o in internet; la diffusione di regole e pratiche restrittive, nel settore delle carte di pagamento, che si traducono in conseguenti e illegittime restrizioni della concorrenza.

Sulla scorta di tali premesse, si è giunti quindi alla condivisibile conclusione – messa poi “nero su bianco” nel testo della proposta in commento risultante dal Trilogo – che la nuova direttiva sui servizi di pagamento debba necessariamente essere volta a favorire lo sviluppo di pari condizioni di concorrenza tra i c.d. “prestatori storici” e i nuovi prestatori di servizi di pagamento, migliorare l’efficienza, la trasparenza e ampliare la scelta degli strumenti a disposizione degli utenti, nonché garantire un livello elevato di tutela per questi ultimi.

 3. (segue): La disciplina dei contratti di pagamento nell’UE e la Single Euro Payments Area (SEPA) alla luce della prima direttiva PSD

 Per superare il gap nazionalistico di cui in premessa, prima ancora dell’elaborazione del testo in esame, sono state intraprese, nel corso degli anni, numerose iniziative fondate sulla collaborazione tra le istituzioni UE e l’industria bancaria europea. Quest’ultima, in particolare, previa costituzione di un apposito organo decisionale e di coordinamento quale l’European Payments Council (EPC), ha assunto il compito di sviluppare una Single Euro Payments Area (SEPA), che si propone l’armonizzazione di “millions of everyday retail payments” in euro. Lo sforzo titanico alla base di tale creazione era – ed è – volto alla rimozione di ogni differenza tra pagamenti nazionali e pagamenti all’interno dell’Unione europea, per assoggettarli indistintamente a regole comuni.

La divisione di compiti tra UE e settore bancario – che conferma il c.d. self regulatory approach, ferma la potestà di controllo della BCE – si articola quindi nel senso che l’EPC si cura di predisporre le regole che disciplinano il settore dell’intermediazione, mentre le istituzioni europee rimangono competenti per quanto riguarda la necessità di regolamentare il mercato “a valle”, ovvero, nello specifico, i rapporti tra utente e fornitore del servizio di pagamento.

Ed è proprio in tale contesto che, su proposta della Commissione risalente all’ormai “lontano” 2005, nel dicembre 2007 veniva adottato il testo definitivo della prima direttiva PSD al fine di disciplinare, secondo regole armonizzate di diritto privato, i servizi di pagamento nel mercato interno.

 Rispetto alla SEPA, che riguarda i soli pagamenti eseguiti all’interno dell’Unione europea in qualsiasi valuta degli Stati membri, la PSD si prefiggeva tre obiettivi fondamentali: la creazione di un mercato unico per i servizi di pagamento retail previa definizione di una corrispondente cornice giuridica unitaria; la promozione della concorrenza e di un adeguato level playing field tra gli operatori e i diversi mercati nazionali; la tutela degli utenti dei servizi di pagamento previa introduzione di un’adeguata standardizzazione di diritti ed obblighi in capo ai soggetti prestatori e agli utenti, soprattutto in materia di trasparenza.

Si può ben affermare, quindi, che la direttiva PSD ha rappresentato il primo e compiuto tentativo del legislatore comunitario di elaborare un ordine giuridico del mercato dei sistemi di pagamento al dettaglio, in sostituzione dei provvedimenti di soft law (v.quiequi), i soli che avevano  precedentemente interessato la materia in esame. La disciplina armonizzata, infatti, avrebbe dovuto trovare applicazione nei confronti di ogni trasferimento di fondi eseguito nel territorio dell’Unione europea.

 Stanti tali finalità, le due principali novità allora introdotte dalla PSD rispetto al quadro giuridico preesistente, in estrema sintesi, erano, da un lato, l’istituzione di una nuova categoria di soggetti specializzati nell’offerta di servizi di pagamento, denominati “istituti di pagamento” (in aggiunta a quelli tradizionali, quali enti creditizi, uffici postali, istituti di moneta elettronica) che avrebbero potuto esercitare l’attività finanziaria anche unitamente all’esercizio di attività commerciale; dall’altro lato, l’introduzione di requisiti qualitativi minimi che i servizi di pagamento avrebbero dovuto rispettare quali: tempi di esecuzione, informazioni ex ante ed ex post per la clientela, responsabilità del prestatore dei servizi di pagamento per la corretta esecuzione della transazione fino all’addebito dei fondi al beneficiario.

 L’impianto generale della proposta di direttiva PSD 2 si mantiene coerente con l’impianto e la struttura del mercato dei sistemi di pagamento regolamentato già con la direttiva PSD, ma, accanto, risultano approfonditi importanti aspetti rimasti solo in nuce nella precedente disciplina. In un’ottica pienamente pro concorrenziale e volta ad incentivare la circolazione di moneta elettronica, l’obiettivo generale della PSD 2 è il miglioramento delle condizioni di mercato sia per le imprese fornitrici dei servizi, sia per i consumatori, prevedendo in concreto che ogni cittadino titolare di un conto corrente fruibile anche tramite internet abbia il diritto di utilizzare appositi software e dispositivi di pagamento, messi a disposizione da soggetti terzi, attraverso i quali portare a termine qualsiasi transazione.

 In sintesi, le numerose disposizioni della direttiva di prossima adozione (104 articoli) sono suddivise in sei titoli, disciplinanti rispettivamente: 1) l’oggetto e l’ambito di applicazione della nuova normativa (artt. 1-4); 2) i prestatori dei servizi di pagamento (arrt. 5-30); 3) la trasparenza delle condizioni e i requisiti informativi per i servizi di pagamento (artt. 31-53); i diritti e gli obblighi relativi alla prestazione e all’uso dei servizi di pagamento (artt. 54-92); l’attribuzione alla Commissione del potere di adottare atti delegati (artt. 93-94); le disposizioni finali (artt. 95-104).

Stante la corposità del testo normativo in esame, di seguito si darà atto delle principali modifiche apportate dalla proposta rispetto alla disciplina di cui alla direttiva PSD.

4. Il Titolo I della PSD2: oggetto e ambito di applicazione

 Più precisamente, quanto all’oggetto, ai sensi dell’art. 1, parr.1 e 2 – che nulla innova rispetto all’art. 1 della direttiva PSD -, il testo in esame i) stabilisce le regole in base alle quali gli Stati membri (nel prosieguo: SM) distinguono le categorie di prestatori di servizi di pagamento, individuandone sei; ii) stabilisce altresì le regole concernenti la trasparenza delle condizioni e dei requisiti informativi per i servizi di pagamento, nonché i rispettivi diritti e obblighi degli utenti, da un lato, e dei prestatori di tali servizi, dall’altro lato.

 Per quanto riguarda l’ambito di applicazione, il seguente e “rinnovato” art. 2 si propone di estendere l’ambito di applicazione, sia in termini geografici, sia in termini di valute considerate.

In particolare – oltre a dover trovare applicazione nei confronti di tutti i servizi di pagamento prestati nell’Unione, laddove il prestatore di servizi di pagamento del pagatore e il prestatore dei servizi del beneficiario siano entrambi situati nell’UE e la valuta utilizzata sia l’Euro-, le disposizioni della PSD 2 – diversamente da quanto previsto dalla PSD- dovranno trovare applicazione anche nei confronti di tutte le operazioni di pagamento, in qualsiasi valuta, effettuate verso paesi terzi nelle quali solo uno dei prestatori di servizi di pagamento ha sede nell’Unione (le c.d operazioni “one leg”), sebbene relativamente e limitatamente ai soli segmenti delle operazioni di pagamento eseguiti nell’Unione.

 Parimenti interessanti ai nostri fini, sono le disposizioni di cui al successivo art. 3, specificamente volte a chiarire e ad aggiornare, rispetto al passato, i casi di esclusione dall’ambito di applicazione previsti dalla precedente PSD (il c.d. “negative scope”).

In particolare, il nuovo art. 3, alla lett. b), interviene a limitare i confini dell’esenzione prevista dalla vigente direttiva relativamente all’attività svolta dagli agenti commerciali, precisando che tale esenzione dovrà e potrà trovare applicazione solo relativamente agli agenti commerciali che agiscono per conto o del pagatore o del beneficiario, ma non per conto di entrambi. Come si può ben comprendere, una tale modifica è conseguenza della forte necessità di contrastare lo sfruttamento eccessivo di tale esenzione, sino ad oggi sempre più utilizzata – in contrasto con la ratio della stessa norma – per operazioni di pagamento gestite da piattaforme di commercio elettronico per conto sia del venditore (il beneficiario) che dell’acquirente (il pagatore).

Cambiamenti e chiarimenti sono intervenuti anche in relazione all’esenzione di cui all’art. 3, lett. k), relativa alle c.d. reti a spendibilità limitata (“limited network”). L’ultimo intervento del legislatore europeo ha reso la nozione di “reti limitate” più precisa, allineandola altresì alla definizione già prevista dalla direttiva 2009/110/CE, nell’ottica di contrastare lo sfruttamento “abnorme” di tale esenzione – anch’essa applicata sino ad oggi al di là della finalità iniziale dell’esenzione stessa, tanto che elevati volumi di pagamento non risulterebbero assoggettati al relativo quadro normativo, creando uno svantaggio competitivo per gli operatori dei mercati regolamentati-, e di vietarne l’applicazione nei confronti delle grandi reti di servizi che registrano volumi di pagamenti elevati.

Altresì, all’art. 3, lett. l), il nuovo testo della direttiva sui servizi di pagamento prevede una ridefinizione dell’esenzione relativa ai contenuti digitali (c.d. “esenzione telecomunicazioni”), al fine di limitarne l’applicazione esclusivamente ai servizi di pagamento accessori prestati da fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica, come ad esempio gli operatori di telecomunicazioni. L’esenzione risulta pertanto applicabile alla fornitura di contenuti digitali da parte di terzi, nel rispetto di determinate soglie previste nel nuovo testo della direttiva. Anche in quest’ultimo caso, la nuova definizione è espressamente volta a garantire condizioni di parità tra i vari prestatori e a aumentare l’efficacia della tutela prevista in favore dei consumatori in materia di pagamenti.

Infine, un’ulteriore novità rispetto al passato è rappresentata dalla soppressione della lett. o) del previgente art. 3, ovvero la disposizione relativa all’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva PSD dei servizi di prelievo di contante tramite sportelli automatici di prestatori indipendenti (i c.d. “IAD”, Indipendent ATM Deployers), esenzione che, nel corso del tempo, ha favorito la nascita di reti di distributori automatici “legittimati” – proprio in quanto “esterni” all’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva PSD – ad addebitare ai consumatori commissioni assai elevate sui prelievi. In altri termini, i fattori determinanti la soppressione dell’esenzione in parola, derivano dal fatto che l’abuso, verificatosi nell’ultimo decennio, nell’applicazione di tale disposizione sembra aver incentivato le reti di sportelli automatici esistenti, di proprietà delle banche, ad annullare i rapporti contrattuali intrattenuti con altri prestatori di servizi di pagamento, al mero fine di poter addebitare direttamente commissioni più elevate sui consumatori.

 Le novità di cui all’art. 4, invece, sono individuate nei punti nn.10,11 e 11a (come numerati nella versione inglese del testo risultante dal Trilogo), che rispettivamente introducono e definiscono – anche previo rinvio alle disposizioni di cui ai punti 7 e 8 dell’Allegato I alla proposta- le figure degli “account servicing payment service provider”; dei “payment initiation service provider” e degli “account information service provider”.

 Più in generale, quindi, sulla base delle innovazioni di cui agli artt. 3 e 4, risulteranno inclusi nell’ambito di applicazione della PSD 2, nuovi servizi e nuovi prestatori di servizi entrambi collegati a conti di pagamento, mai prima d’ora soggetti alle disposizioni della previgente PSD, in quanto mai in possesso dei fondi del soggetto pagatore ovvero del soggetto beneficiario (i c.d. “third party payment service providers” o, secondo l’acronimo inglese, “TPP”).

Il fatto che questi “terzi prestatori” non siano mai stati soggetti al livello di armonizzazione europeo, pare aver suscitato – se non in tutti, almeno in alcuni Stati membri- preoccupazioni in materia di sicurezza, protezione dei dati e regime di responsabilità. È proprio per ovviare a tali “carenze”, quindi, che oggi l’ambito di applicazione delle norme europee risulta esteso, ampliato, sino a ricomprendervi servizi di pagamento offerti da terzi prestatori e basati sull’on line banking (cfr. All. I, punto 7 al testo della PSD 2), in modo tale da favorire lo sviluppo di nuove operazioni di pagamento elettronico a basso costo on line e garantire al tempo stesso livelli appropriati di sicurezza, tutela dei dati e responsabilità dei soggetti coinvolti.

Naturalmente, anche i terzi prestatori, al fine di poter offrire servizi di ordine di pagamento, i) dovranno ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero l’iscrizione nei registri pubblici degli istituti di pagamento autorizzati (artt 10 e 13); ii) saranno soggetti a vigilanza al pari dei “tradizionali” istituti di pagamento (art 22); iii)saranno soggetti agli obblighi armonizzati in materia di sicurezza (artt. 85 e 86) e di autenticazione (art. 87).

5. Il Titolo II: le disposizioni relative ai prestatori di servizi di pagamento

 Una volta individuato l’ambito di applicazione, nel successivo Titolo II trova spazio la disciplina applicabile ai prestatori di servizi di pagamento, suddivisa ulteriormente in tre sezioni, rispettivamente dedicate: alle disposizioni generali (Sez. I) e alle disposizioni disciplinanti le modalità di rilascio (art. 10) e revoca (art. 12)  dell’autorizzazione all’attività – subordinata alla presentazione alle autorità competenti dello Stato membro d’origine di una domanda corredata di tutte le informazioni richieste dall’art. 5 -, nonché i vincoli di capitale imposti ai soggetti prestatori (artt. 6-8) e, infine, l’obbligo di iscrizione nel registro pubblico dei soggetti prestatori di servizi di pagamento, istituito nello SM d’origine (art. 13).

Se tali disposizioni ricalcano pedissequamente il precedente impianto normativo, gli elementi di reale novità rispetto al passato sono rappresentati dalle disposizioni di cui agli artt. 9 e 14, rispettivamente disciplinanti i requisiti in materia di tutela dei fondi ricevuti dagli utenti dei servizi di pagamento e l’istituzione del c.d. portale web dell’ABE.

 Quanto al primo punto, l’art. 9 prevede una semplificazione dei requisiti in materia di tutela e una loro ulteriore armonizzazione. In particolare, previa l’abrogazione del “vecchio” art. 9, par. 4 viene limitata la possibilità per gli SM di abbassare ulteriormente tali requisiti (i.e.: separazione patrimoniale dei fondi ricevuti dagli utenti di pagamento e la previsione di coperture assicurative/garanzie degli stessi).

 Quanto al secondo punto, l’art. 14 prevede – allo scopo di migliorare la trasparenza degli istituti di pagamento autorizzati e registrati-, l’istituzione ex novo di un punto di accesso elettronico unico,  finalizzato a collegare tra loro i registri pubblici nazionali. Al fine di rendere realmente efficace la predetta infrastruttura elettronica, i) al par. 4 è altresì previsto che l’ABE elabori progetti di norme tecniche di regolamentazione definendo così i requisiti tecnici necessari per l’accesso alle informazioni contenute nei registri pubblici nazionali; ii) il successivo par. 5 attribuisce alla Commissione il potere di adottare le norme tecniche dell’ABE in conformità con la procedura di cui all’art. 10 del regolamento n. 1093/2010.

 Peraltro, ai sensi dell’art. 26, l’ABE sarà altresì chiamata a emanare orientamenti e progetti di norme tecniche di regolamentazione al fine di chiarire le c.d. “passporting rules”, ovvero le disposizioni disciplinanti l’esercizio del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi per qualsiasi istituto di pagamento autorizzato che intenda prestare per la prima volta servizi di pagamento in uno Stato membro diverso da quello di origine.

 E ancora, un ulteriore elemento di novità rispetto al quadro precedente si rinviene alla sezione 4, capo 2 del Titolo in esame, dedicato alle “disposizioni comuni”.

In particolare, le previsioni di cui all’art. 29, par. 1, sono finalizzate ad evitare pratiche discriminatorie nei confronti degli istituti di pagamento e degli enti creditizi autorizzati,  in maniera tale che «qualsiasi prestatore di servizi di pagamento operante sul mercato interno sia in grado di utilizzare i servizi delle infrastrutture tecniche […]alle medesime condizioni […]». Tale finalità – naturalmente improntata a garantire un soddisfacente level playing field – è comune alle previsioni di cui al successivo par. 2, quelle relative al c.d. “accesso indiretto” – ovvero l’ipotesi in cui un sistema di pagamento designato consente a un prestatore di servizi di pagamento, non partecipante, di trasmettere ordini di trasferimento mediante il sistema stesso, per il tramite di un partecipante diretto – degli istituti di pagamento autorizzati ai sensi della direttiva 98/26/CE.

6. Il Titolo III: la trasparenza delle condizioni e requisiti informativi per i servizi di pagamento

Passando ora all’analisi delle novità più rilevanti che il testo in esame apporterà rispetto al passato, prevalentemente contenute nel Titolo III, emerge con chiarezza il fine ultimo che il legislatore europeo si è preposto: nell’ottica di realizzare un effettivo mercato unico per tutti i pagamenti al dettaglio, garantire – tramite l’applicazione di una disciplina quanto più possibile uniforme in tutti gli Stati membri – condizioni di parità nella concorrenza tra tutte le categorie di prestatori di servizi di pagamento e agevolare la prestazione di servizi innovativi, vale a dirsi la possibilità di esperire in modo rapido e sicuro pagamenti tramite carta, internet e dispositivi mobili a prescindere dalle frontiere territoriali.

Limitandoci anche in questo caso ad analizzare i principali cambiamenti disposti in tal senso, è necessario innanzitutto riferirsi al disposto di cui all’art. 55 (ex art. 52 della direttiva PSD), in particolare parr. 4 e 4a (sempre secondo la numerazione della versione inglese del testo risultante dal Trilogo), in materia di maggiorazioni addebitabili dal prestatore del servizio all’utente.

Dalla lettura di tali previsioni, si evince chiaramente che il fine perseguito dal legislatore europeo  è la realizzazione di un effettivo livello di armonizzazione tra la disciplina relativa alla pratica delle maggiorazioni di cui al testo in esame, con le disposizioni della direttiva 2001/83/UE sui diritti dei consumatori, nonché con le disposizioni in materia contenute nel “regolamento MIF”.

In altri termini, stante l’ampia flessibilità accordata dalle disposizioni della PSD – che consente, da un lato, agli esercenti di imporre una spesa ulteriore o di offrire una riduzione al pagatore, ovvero di orientarlo verso strumenti di pagamento più efficienti e, dall’altro, prevede la possibilità per ciascuno Stato di vietare o limitare tali maggiorazioni nel proprio territorio -, il settore di mercato in esame è risultato, anche relativamente a questo aspetto, caratterizzato da un profondo livello di eterogeneità. In concreto, infatti, ben 13 SM si sono, sino ad oggi, avvalsi della predetta facoltà di vietare le maggiorazioni in virtù della PSD, comportando la nascita di differenti regimi a livello nazionale, nonché problemi e confusione sia per gli esercenti che per gli utenti, con particolare riguardo proprio alle ipotesi di vendite o acquisti transfrontalieri di beni e servizi via internet.

Da qui, le nuove previsioni di cui all’art. 55 della PSD 2, ovvero: i) l’obbligo per ciascun SM di assicurare che i beneficiari dei servizi di pagamento richiedano maggiorazioni per l’utilizzo di strumenti di pagamento per i quali le MIF siano oggetto del relativo regolamento, nonché per quelli ai quali si applica il reg. n. 260/2012 (cfr. art. 55, par. 4); ii) in deroga a ciò, l’ulteriore facoltà in capo agli SM, di vietare l’imposizione di maggiori spese ogniqualvolta sia necessario al fine di incoraggiare la concorrenza e promuovere strumenti di pagamento efficienti (art. 55, par. 4a).

In altri termini, quindi, la proposta di vietare le maggiorazioni risulta direttamente legata all’applicazioni di massimali alle MIF: data la notevole riduzione delle commissioni che gli esercenti dovranno pagare alla loro banca, le maggiorazioni non vengono più giustificate per le carte soggette a commissione interbancaria multilaterale regolamentata (i.e: oltre il 95% del mercato delle carte ad uso di privati).

A contrario, per quanto riguarda le carte non rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento MIF – ovvero le carte aziendali e le carte dei c.d. “circuiti a tre parti”- gli esercenti rimarranno autorizzati ad applicare le maggiorazioni, a condizione, però, che corrispondano ai costi reali sostenuti nonché alle disposizioni di cui alla direttiva 2011/83/UE.

 La novità principale introdotta dalla proposta PSD 2 resta tuttavia quella disciplinata dagli artt. 65 e 66 – artt. 60 e 61 della PSD-, volti a disciplinare, rispettivamente, il regime di responsabilità dei prestatori dei servizi di pagamento e il regime di responsabilità del pagatore, in caso di operazioni di pagamento non autorizzate.

In sintesi, le modifiche introdotte sono volte a semplificare e armonizzare le norme in materia di responsabilità, migliorando la tutela degli interessi legittimi in capo agli utenti dei servizi di pagamento. Eccetto in caso di frode e negligenza grave, infatti, l’importo massimo che, in qualsiasi circostanza, un utente potrà essere obbligato a pagare in caso di operazione non autorizzata, risulta ridotto da 150 a 50 euro (art. 66, par. 1). Nel caso in cui, invece, si tratti di operazioni di pagamento attuate in modo fraudolento o in maniera inadempiente rispetto agli obblighi disciplinati dall’art. 61- ovvero gli obblighi previsti in capo agli utenti in relazione agli strumenti di pagamento-, il pagatore sosterrà tutte le perdite discendenti dall’operazione medesima, senza che trovi applicazione il predetto massimale di 50 euro (art. 66, par. 2).

Anche il testo del successivo art. 67 è stato parzialmente modificato, in ragioni delle maggiori necessità di chiarezza e uniformità sottese alla materia in esame. In particolare, la norma è deputata a disciplinare le condizioni fondanti il diritto al rimborso in capo al pagatore per tutte quelle operazioni di pagamento disposte dal beneficiario(capire bene chi è il soggetto beneficiario) o per suo tramite. Senza scendere nel dettaglio tecnico, basti dire che alle operazioni di addebito diretto è prevista l’applicazione di regimi di rimborso differenti, a seconda che i) sia stata data o meno l’autorizzazione preventiva; ii) l’importo finale della transazione superi quello che il pagatore avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi alla luce del precedente modello di spesa, delle condizioni del contratto quadro con il prestatore di servizi di pagamento, nonché delle pertinenti circostanze del caso.

Infine, nei casi di addebiti diretti (sempre art. 67, par. 1), si prevede espressamente – allineandosi con le disposizioni di cui al SEPA Core Direct Debit Rulebook che il diritto al rimborso sia incondizionato, salvo nei casi in cui il beneficiario abbia già adempiuto agli obblighi contrattuali e il pagatore abbia già ricevuti i servizi o consumato i beni.

 7. Il Titolo IV: Diritti e obblighi in relazione alla prestazione e all’uso dei servizi di pagamento

 Infine, importanti modifiche – pienamente approvate anche dall’EPC – sono state introdotte anche nel titolo IV, ossia il titolo finale, esclusivamente dedicato alla disciplina dei diritti e degli obblighi discendenti dalla prestazione e dall’uso dei servizi di pagamento.

In particolare, per quanto riguarda la tutela dei dati di carattere personale coinvolti nelle operazioni di pagamento e la correlata necessità di disporre di elevati standard di sicurezza, l’art. 87 introduce la c.d. “customer strong authentication”, ovvero l’autenticazione “a due fattori” del cliente da applicarsi da parte del soggetto prestatore del servizio, nonché da parte del terzo prestatore, ogniqualvolta: a) il soggetto pagatore acceda al proprio conto online; b) disponga di un’operazione di pagamento elettronica; c) compia qualsiasi operazione, attraverso canali remoti, che comporti un rischio di frode o, più in generale, di abusi. Da qui, il correlato obblighi in capo ai soggetti prestatori di munirsi di adeguate misure di sicurezza che garantiscano l’integrità e segretezza delle credenziali di autenticazione del cliente, soggetto pagatore.

In tale contesto, peraltro, veste rinnovata assume anche il ruolo attribuito all’ABE dal successivo art. 87a, la quale, in stretta cooperazione con la BCE è l’autorità deputata ad emanare regulatory technical standards indirizzati ai soggetti prestatori dei servizi di pagamento, concernenti le tecniche più avanzate di autenticazione del cliente e le eventuali deroghe all’uso dell’autenticazione a due fattori.

 Nuova e ampliata veste anche per le disposizioni riguardanti le procedure di reclamo e ricorso extragiudiziale, di cui al capo 6 del titolo in commento. Aumentano, infatti, da una a cinque, le norme deputate a determinare tali aspetti (artt. 88-92), affinché possa essere garantito un maggior rispetto della normativa europea. Nello specifico, le nuove norme prevedono altrettanto nuovi obblighi in capo agli Stati membri, ovvero: i) assicurare che siano istituite procedure che consentano agli utenti dei servizi di pagamento e alle altre parti interessate di presentare reclami alle autorità competenti (artt. 88-89), ogniqualvolta si ravvisino presunte violazioni della direttiva da parte dei soggetti prestatori dei servizi; ii) assicurare, altresì – in un’ottica deflattiva del contenzioso – che questi ultimi dispongano di procedure interne adeguate ed efficaci volte alla risoluzione dei reclami proposti dagli utenti dei servizi di pagamento (art. 90); iii) vigilare, affinché, siano istituite procedure di reclamo e di ricorso extragiudiziale per la risoluzione delle controversie tra utenti e prestatori di servizi (art. 91).

Fatto salvo il diritto per gli SM di imporre sanzioni penali, è altresì previsto che gli stessi provvedano affinché le autorità competenti siano investite del potere di imporre sanzioni amministrative – che siano effettive, proporzionate e dissuasive-,ogniqualvolta vi sia violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva in esame.

8. Considerazioni conclusive

 Stante la mole e il numero delle modifiche che il testo della nuova PSD 2 apporta  alla materia dei servizi di pagamento, pare doveroso condividere in prima battuta la posizione di chi le ritiene tutte del pari incisive e necessarie (in particolare v. qui posizione dell’EPC in merito alle modifiche di cui agli artt. 67 e 87), in quanto finalizzate a portare a termine quel processo di ammodernamento e uniformità nella normativa della materia iniziato nel 2007 e che, alla luce dei limiti intrinseci al testo della precedente PSD, sino ad oggi è stato criticato e considerato per certi versi  “facilmente raggirabile” dagli operatori del settore.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri – sebbene siano già intervenuti degli “slittamenti” in agenda (originariamente la votazione sul testo di compromesso era stato previsto per la sessione plenaria di Strasburgo svoltasi nei giorni 7/9 settembre scorsi)- non resta ora che attendere l’approvazione da parte del PE in prima lettura del testo della direttiva, in modo da consentirne l’adozione da parte del  Consiglio dell’Unione europea e la sua pubblicazione in GUUE, che avverrà, con tutta probabilità, nei prossimi mesi invernali. A partire da tale data, come previsto dall’art. 101, decorrerà quindi il termine di due anni per gli SM per la trasposizione e l’attuazione della direttiva nei rispetti ordinamenti nazionali. Solo allora, naturalmente, potranno essere svolte adeguate e più compiute considerazioni in merito all’effettività delle novità qui analizzate.


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