Verso un controllo uniforme degli atti procedurali della Procura europea: la prima parola della Corte di giustizia

  1. La sentenza della Corte di giustizia, pronunciata dalla Grande sezione lo scorso 8 aprile, (causa C-292/23 EPPO Contrôle juridictionnel des actes de procédure) si inserisce nel solco di quegli interventi diretti a favorire un’applicazione sempre più armonizzata e coesa del regolamento 2017/1939 (d’ora in avanti regolamento EPPO) – relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea – e a consolidare il sistema di tutela giurisdizionale nello spazio di giustizia europeo. Se è vero che con la sentenza del 21 dicembre 2023 (causa C-281/22) era stato sciolto il riserbo e il giudice dell’Unione si era pronunciato per la prima volta sull’interpretazione del regolamento EPPO, relativamente alle disposizioni sulle indagini transfrontaliere, altrettanto vero è che nulla ancora era stato detto sulla portata e sulla natura del controllo giurisdizionale degli atti procedurali prodotti dall’EPPO (articolo 42).
    La pronuncia in commento, attesa con grande interesse, si confronta dunque con un tema ancora inesplorato dalla giurisprudenza pregressa, complice la “giovane età” del regolamento in esame. L’interpretazione dell’articolo 42 del regolamento EPPO si rivela peraltro decisiva per delineare il grado di effettività della tutela giurisdizionale di cui potranno avvalersi in futuro le persone coinvolte in procedimenti della Procura europea.

 

  1. I fatti all’origine della controversia sono brevemente riassumibili come segue. I.R.O. e F.J.L.R., direttori di una fondazione istituita ai sensi del diritto spagnolo, avevano ottenuto una sovvenzione per attuare un progetto finanziato con fondi dell’Unione. In seguito, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (l’OLAF) ha informato la Procura generale di Getafe-Leganés (Spagna) che i costi per il personale dichiarati dalla fondazione, in relazione a due ricercatori impiegati per la realizzazione del progetto, vale a dire Y.C. e I.M.B., risultavano privi di un’adeguata giustificazione. A seguito di tale comunicazione, la Procura spagnola ha depositato una denuncia per la commissione di un reato di frode in materia di sovvenzioni presso il Tribunale di primo grado competente, il quale ha avviato un’indagine penale nei confronti di I.R.O. Nel corso di quest’indagine, tale Tribunale ha proceduto all’audizione di Y.C. in qualità di testimone.
    La situazione si è ulteriormente complicata quando, successivamente all’assunzione del caso da parte dei procuratori europei delegati, questi ultimi hanno convocato nuovamente Y.C., nonché I.M.B., a comparire dinnanzi ad essi in qualità di testimoni. Avvalendosi delle pertinenti disposizioni del diritto spagnolo, i difensori di I.R.O. e F.J.L.R. hanno impugnato la decisione dell’EPPO di citare Y.C. come testimone, sostenendo che tale misura investigativa non fosse né pertinente, né necessaria, né utile, posto che il Tribunale di primo grado aveva già sentito Y.C. in questa veste.
    In tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di giustizia la questione se l’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento EPPO – interpretato alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nonché dei principi di equivalenza e di effettività – osti a una normativa nazionale che preclude alle persone sottoposte ad un’indagine condotta dalla Procura europea la possibilità di contestare direttamente, dinanzi all’organo giurisdizionale nazionale competente, una decisione con la quale il procuratore delegato cita terzi a comparire come testimoni nell’ambito di tale indagine.
  1. La pronuncia della Corte di giustizia, che di fatto accoglie le conclusioni dell’AG Collins, segue un percorso argomentativo ben preciso e coerente.
    In primis, il giudice dell’Unione ha chiarito che la nozione di “atti procedurali dell’EPPO destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi” costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione europea, la cui interpretazione deve essere effettuata secondo criteri uniformi. E, di conseguenza, la Corte ha osservato che l’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento EPPO, pur consentendo il controllo giurisdizionale da parte degli organi giurisdizionali nazionali, non rinvia al diritto nazionale per la determinazione della portata della nozione di “atti procedurali”, ma la definisce alla luce e secondo i termini del diritto dell’Unione. Infatti, solo una siffatta interpretazione è idonea a garantire una ripartizione coerente delle competenze tra i giudici nazionali e i giudici dell’Unione ai fini dell’esercizio del controllo giurisdizionale sulle attività dell’EPPO.
    La Corte di giustizia si è quindi soffermata sull’esame della natura della decisione impugnata, valutando se la citazione di testimoni disposta dalla Procura europea integrasse un “atto procedurale destinato a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”.
    Al fine di risolvere i dubbi interpretativi sollevati, la Corte di giustizia ha anzitutto preso le mosse dall’articolo 263, paragrafo 1, TFUE, che utilizza proprio tale espressione per individuare gli atti impugnabili dinanzi ai giudici dell’Unione. Secondo costante giurisprudenza, infatti, è impugnabile qualsiasi disposizione o misura adottata dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, idonea a produrre effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi di una persona fisica o giuridica, modificandone in misura rilevante la situazione giuridica. Muovendo da tale presupposto, la Corte ha ritenuto che il legislatore dell’Unione non abbia inteso limitare il controllo giurisdizionale degli atti dell’EPPO a talune specifiche categorie, bensì estenderlo a tutti gli atti procedurali destinati a produrre effetti giuridici vincolanti sugli interessi di terzi.
    Nondimeno, la Corte ha ribadito che non è possibile procedere a una valutazione astratta e generale, imponendosi invece un esame concreto del contenuto dell’atto, del contesto della sua adozione, della qualità dei soggetti coinvolti e dei poteri dell’organo che lo ha emanato. Spetta, pertanto, agli organi giurisdizionali nazionali competenti, sulla base delle norme procedurali nazionali, nonché del contesto specifico dell’indagine penale, stabilire, caso per caso, se l’atto impugnato produca effetti giuridici rilevanti ai fini del controllo previsto dall’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento EPPO.
    Infine, il giudice dell’Unione ha valutato se il controllo giurisdizionale in parola debba essere necessariamente esercitato mediante un ricorso diretto contro la decisione dell’EPPO. A questo proposito, la Corte ha precisato che, poiché il regolamento non impone un rimedio giurisdizionale specifico, il controllo giurisdizionale può essere effettuato anche in via incidentale, purché le modalità procedurali garantiscano un diritto di ricorso effettivo. Questo presuppone che il giudice investito della controversia sia competente ad esaminare tutte le questioni di diritto e di fatto rilevanti, inclusa la verifica del rispetto dei diritti e delle libertà dell’interessato, in conformità con gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

  1. La decisione in esame presenta anche un ulteriore profilo di interesse, che investe direttamente il delicato equilibrio tra l’autonomia procedurale degli Stati membri e le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale nel sistema dell’Unione.
    Nella parte conclusiva della pronuncia, pur ribadendo il principio dell’autonomia procedurale nazionale, la Corte di giustizia ne circoscrive la portata. Com’è noto, infatti, i rimedi offerti dal diritto interno devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.
    È in particolare sul principio di equivalenza che la Corte incentra una parte significativa della propria argomentazione, utilizzando come chiave interpretativa per garantire l’effettività della tutela.
    In tale prospettiva, la Corte osserva che le norme procedurali spagnole non possono essere interpretate in modo da escludere il controllo giurisdizionale sull’atto adottato dall’EPPO – nella specie, la citazione di testimoni – laddove l’ordinamento nazionale preveda strumenti di tutela analoghi nei confronti di atti interni comparabili.
    Attraverso questo richiamo al principio di equivalenza, la Corte offre una lettura che, seppure formalmente rispettosa dell’autonomia procedurale, ne comporta in concreto una parziale compressione. Di fatto, si impone l’obbligo di garantire un rimedio giurisdizionale contro le azioni dell’EPPO che, secondo l’attuale configurazione del diritto processuale interno, non risulta ancora espressamente previsto (cfr. J. Oberg, Op-Ed: “Effective Remedies and Procedural Autonomy-Judicial Review of Actions by the European Public Prosecutor (C-292/23, EPPO v I.R.O. and F.J.L.R.)” in EU Law Live, 23 April 2025).
    In conclusione, è necessario riconoscere come l’evoluzione del sistema di controllo sugli atti dell’EPPO sia strettamente legata a una possibile revisione del regolamento istitutivo, volta ad ampliare le competenze di intervento diretto della Corte. Nelle more di tale revisione, l’adozione di un approccio più sistematico e consapevole al meccanismo del rinvio pregiudiziale appare cruciale, in quanto non solo consente di colmare eventuali lacune interpretative, ma favorisce anche un processo di progressiva e più completa armonizzazione giuridica.