Urgenza o accelerazione?

  1. 1. Almeno due dei recenti rinvii pregiudiziali italiani in tema di riconoscimento della protezione internazionale (ci si riferisce alle cause riunite C-758/24C-759/24, Alace e  a., decisione del Presidente della Corte del 22.11.2024) verranno trattati in Corte di giustizia con il procedimento accelerato, nonostante la richiesta del Tribunale di Roma di applicazione del rito di urgenza-PPU (con ordinanza del 29.11.2024, [in eurousitalia a questo link, https://eurojusitalia.eu/epdf/1733155312_002-C-388-24%20JT1-12-1313639-IT-G347002.pdf], invece, il Presidente della Corte ha respinto le domande del Tribunale di Firenze di procedimento accelerato nelle cause riunite C-388/24, Oguta e C-389/24, Daloa, che verranno, quindi, trattate con il rito ordinario).
  2. La possibilità per il giudice nazionale di formulare una domanda alla Corte di giustizia di trattazione con procedimento d’urgenza (art. 23 bis Statuto e artt. da 107 a 114 Reg. proc. Corte) o con procedimento accelerato (art. 23 bis Statuto e artt. 105 – 106 Reg. proc. Corte) trova la propria ratio nelle esigenze di celerità di svolgimento del procedimento, poiché consente di ridurre significativamente la durata del procedimento. Tenuto conto che la durata media dei procedimenti accelerati dinanzi alla Corte è all’incirca di 9 mesi, a fronte di una durata media dei procedimenti pregiudiziali che si attesta attorno ai 16-18 mesi (cfr. R. Schiano, C. Di Bella, La procedura del rinvio pregiudiziale, in F. Ferraro, C. Iannone (a cura di) Il rinvio pregiudiziale, Torino, 2°ed., 2024, p. 259).
    I casi di rapida trattazione o di trattazione urgente non sono, però, espressamente indicati dal Trattato o dal Regolamento di procedura, salvo per la fattispecie del procedimento pregiudiziale d’urgenza ex art. 267, 4 c. TFUE. Infatti, il procedimento pregiudiziale d’urgenza è stato istituito con la riforma del 2008, sulla base dell’art. 267, c. 4 TFUE, secondo il quale, quando una questione pregiudiziale «è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile».
  1. Secondo l’art. 107 del regolamento di procedura della Corte, il procedimento d’urgenza (PPU) si applica soltanto nella materia disciplinata dal titolo V, parte terza del TFUE, e quindi in materia di spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il regolamento, tuttavia, non fornisce alcuna indicazione sui rinvii pregiudiziali che si prestano a tale applicazione. Taluni riferimenti si possono però trovare nelle Raccomandazioni ai giudici nazionali in (C/2024/6008), che al punto 43, oltre il caso previsto dall’art. 267 TFUE, sopra richiamato, prevedono, senza che si tratti di un elenco esaustivo, altre ipotesi: quali le controversie relative alla potestà dei genitori o alla custodia dei figli nella prima infanzia, quando, in particolare, l’esito della controversia di cui al procedimento principale dipenda dalla risposta data alla questione pregiudiziale e il ricorso al procedimento ordinario possa danneggiare seriamente, se non addirittura irrimediabilmente, il rapporto fra il minore e i (o uno dei) suoi genitori o il suo sviluppo nonché il suo inserimento nel suo ambiente familiare e sociale.
    L’applicazione del procedimento d’urgenza può essere decisa dalla Corte a domanda del giudice del rinvio o in «via eccezionale» d’ufficio (fino al 1° novembre 2023, la Corte ha agito d’ufficio solo in sei casi).
  1. La stessa problematica si riscontra per il procedimento accelerato, ove l’art. 105 del regolamento di procedura della Corte (cui corrisponde l’art. 237 del reg. proc. Trib.) si limita ad indicare che il procedimento accelerato può essere accordato «quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento», senza dare alcuna indicazione sulla tipologia di cause che si prestano a tale trattamento. Si deve dunque, anche in questo caso, rinviare ai suggerimenti delle Raccomandazioni ai giudici nazionali, ove sono indicate alcune ipotesi pertinenti («rischi elevati e imminenti per la salute pubblica o l’ambiente, che una rapida decisione della Corte può contribuire a prevenire, o quando circostanze particolari impongano di rimuovere in tempi brevissimi incertezze riguardanti questioni fondamentali di diritto costituzionale nazionale e di diritto dell’Unione»).
  2. Al contrario, sia per il procedimento d’urgenza, sia per il procedimento accelerato, i meri interessi economici, per quanto importanti e legittimi, come ad esempio l’incertezza del diritto che incide sulla situazione delle parti del procedimento principale, il numero rilevante di soggetti potenzialmente interessati o il numero considerevole di cause che possono essere potenzialmente interessate dalla decisione della Corte non costituiscono, in quanto tali, circostanze idonee a giustificare l’applicazione di un rito diverso dall’ordinario. Tuttavia, proprio in un caso in materia di protezione internazionale, la Corte, nonostante la domanda di procedimento accelerato da parte del giudice a quo fosse motivata sulla base del gran numero di procedure amministrative suscettibili di essere sospese nell’attesa della decisione, ha ritenuto di accordare l’applicazione di tale rito per la particolare situazione eccezionale di crisi (Corte giust., Grande Sezione, 27 luglio 2017, in causa C-670/16, Mengesteab, ECLI:EU:C:2017:587).
  3. In ultimo, vi può anche essere la possibilità ex art. 53 del Regolamento di procedura della Corte che il Presidente (al di fuori dei casi di urgenza o di accelerato), «a motivo di circostanze particolari» disponga «che una causa venga decisa in via prioritaria». Dunque, celerità e diritti del singolo debbono, comunque, essere “bilanciati”: se così non fosse, il principio fondamentale di effettività, che contraddistingue il processo, potrebbe venire compromesso, in particolare quando i diritti in gioco sono quelli della libertà personale del singolo o i diritti del minore e, quindi, diritti fondamentali della persona.
  4. Dispone l’art. 108 del Regolamento di procedura della Corte che «La decisione di trattare un rinvio con procedimento d’urgenza è adottata dalla sezione designata, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale». La decisione finale nelle cause ove viene applicato il procedimento d’urgenza è presa «sentito l’Avvocato generale» che, visto il silenzio sul punto del Regolamento e dello Statuto, fino al 2016 si esprimeva attraverso una «presa di posizione», ora invece adotta vere e proprie conclusioni (cfr. R. Schiano, C. Di Bella, La procedura del rinvio pregiudiziale, cit., pp. 263-264). Diversamente, se la sezione decide di non applicare il procedimento d’urgenza, la causa prosegue con trattamento ordinario o, come nei due casi in esame, con procedimento accelerato.
  5. Il passaggio da urgente ad accelerato porta ad una rilevante differenza procedurale. Infatti, solo nel procedimento d’urgenza la fase delle osservazioni scritte è riservata esclusivamente alle parti del giudizio a quo, poiché gli altri interessati di cui all’art. 23 dello Statuto ne rimangono esclusi, potendo invece partecipare unicamente alla fase orale. Non solo, secondo l’art. 111 del regolamento di procedura, nei casi di estrema urgenza, la fase scritta può essere del tutto omessa.
  6. Viceversa, nel procedimento accelerato sia le parti sia gli altri soggetti legittimati (e dunque anche i governi di tutti gli Stati membri) possono presentare osservazioni. Tuttavia, a differenza del procedimento ordinario, tali osservazioni possono essere limitate dal Presidente relativamente al numero di pagine o circoscritte a determinate questioni, considerato anche che i tempi possono essere ridotti ad appena quindici giorni. La fase orale è obbligatoria e l’udienza viene fissata prima della ricezione delle osservazioni e prima della presentazione della relazione preliminare.
  7. Mentre si attende di conoscere con quale procedimento verranno trattati gli altri rinvii pregiudiziali pendenti, per mercoledì 4 dicembre si attende la decisione della Corte di Cassazione sulla stessa problematica che è sub iudice attraverso due diversi rimedi processuali. Infatti, a luglio, il Tribunale di Roma ha sottoposto la questione alla Cassazione sulla base di un quesito pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. (prima dunque della nota sentenza della Corte di giustizia,  Grande Sezione, del 4 ottobre 2024, causa C-406/22, ECLI:EU:C:2024:841), ma nello stesso tempo la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi anche sull’appello del Ministero avverso le due ordinanze del Tribunale di Roma – sezione immigrazione (R.G. 42256/2024 e RG. 42251/2024) depositate il 18 ottobre 2024 con cui non sono stati convalidati i provvedimenti di trattenimento in Albania di un cittadino del Bangladesh e di un cittadino dell’Egitto, disposti dal Questore di Roma ai sensi degli artt. 3 e 4, legge n. 14/2024.