Termini per ricorrere tra principio della certezza del diritto e principio dell’effettività della tutela giurisdizionale negli appalti pubblici

Il principio della certezza del diritto non osta a che il termine per la proposizione di un ricorso di annullamento, contro la decisione di aggiudicazione di un appalto, debba decorrere nuovamente nel momento in cui sia intervenuta una successiva decisione dell’amministrazione aggiudicatrice, adottata dopo l’aggiudicazione, ma prima della firma del contratto e che incida sulla legittimità di detta attribuzione. «Tale termine inizia a decorrere dalla comunicazione agli offerenti della decisione successiva o, in assenza di detta comunicazione, dal momento in cui questi ultimi ne hanno avuto conoscenza».
Questo è quanto statuito dalla Corte con la sentenza 8 maggio 2014, C-161/13 emessa a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal TAR per la Puglia, adito dalla società Idrodinamica Spurgo Velox srl, arrivata terza nella gara d’appalto oggetto del contenzioso. La società lamentava che la decisione di autorizzare la modifica della composizione del raggruppamento aggiudicatario era stata adottata prima della conclusione del contratto tra l’amministrazione aggiudicatrice e tale raggruppamento.
La Corte, conformemente ai propri precedenti (cfr. 28 febbraio 2010, Uniplex, C-406/08), sottolinea l’idoneità dei ricorsi a garantire l’effettività della tutela contro le violazioni delle disposizioni in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, quando i termini cominciano a decorrere dalla data in cui il ricorrente ne è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto esserne a conoscenza. Nel caso sottoposto all’esame della Corte di giustizia, essendo avvenuta la modifica dopo l’aggiudicazione, il termine per l’impugnazione non può che decorrere proprio da questa modifica.
Tale statuizione, viceversa, non opera quando l’irregolarità si sia verificata prima dell’aggiudicazione. Infatti, nel caso in cui un concorrente sia venuto a conoscenza, dopo la scadenza del termine previsto dalla normativa nazionale per l’impugnazione, di un’irregolarità verificatasi prima dell’aggiudicazione dell’appalto (nella fattispecie in esame, la falsa dichiarazione del legale rappresentante di un concorrente), il diritto al ricorso è consentito soltanto entro tale termine, conformemente a quanto previsto dal diritto dell’Unione. E’ fatta, ovviamente, salva ogni altra disposizione del diritto nazionale.
In conclusione, anche se talune espressioni usate dalla Corte potrebbero essere intese come l’introduzione di una certa flessibilità sui termini di ricorso, il contenuto complessivo della sentenza non si discosta dalla giurisprudenza pregressa in ordine alla perentorietà di detti termini. Nè avrebbe potuto essere diversamente, considerato che in tema di appalti il dies a quo -decorrente dalla comunicazione ai ricorrenti del risultato della gara e delle ragioni essenziali dell’aggiudicazione- è fissato direttamente dalla normativa europea e, in particolare, dalla Direttiva 2007/66/CE.
Del resto la Corte ha riconosciuto a più riprese la legittimità di termini brevi di ricorso, fissati dagli Stati membri, contro gli atti amministrativi nazionali. Infatti, essendo tali termini non dissimili da quelli previsti dal diritto europeo per l’impugnazione delle decisioni (anche a contenuto provvedimentale) innanzi al Giudice europeo, non avrebbe potuto pretendere dai sistemi di tutela giurisdizionale degli Stati membri una diversa e più elastica disciplina.


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