Tax ruling: stretta della Commissione contro l’elusione dell’imposta sulle società

Tenendo fede alle dichiarazioni di intenti rese nella Comunicazione del dicembre 2012 “An Action Plan to strengthen the fight against tax fraud and tax evasion e facendo seguito alle Conclusioni del Consiglio Europeo del 18 dicembre 2014, il 18 marzo scorso la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa consistente in un pacchetto di misure finalizzate a contrastare la frode e l’evasione fiscale e, più specificamente, l’elusione dell’imposta sulle società, favorendo –  rectius imponendo – la trasparenza sui c.d tax ruling.

L’iniziativa – da inquadrarsi nel programma d’azione Fiscalis 2020-, giunge dopo che lo scandalo Luxleaks, scoppiato alla fine dell’anno scorso, ha messo in luce – grazie alle indagini avviate dalla Commissione europea sui tax ruling praticati nei confronti di multinazionali quali Amazon, Fiat, Apple e Starbucks (v. qui e qui) – come nel corso degli ultimi anni alcuni Paesi membri dell’Unione europea, primo tra tutti il Lussemburgo, abbiano concesso a numerose aziende generosi accordi di natura tributaria, permettendo alle stesse di ridurre il loro carico fiscale, con il rischio di penalizzare, di converso, il gettito fiscale degli altri Stati membri nonché, più in generale, il buon funzionamento del mercato interno e il gioco della libera concorrenza. Rischio concreto, dal momento che- secondo quanto statuito dalla Commissione all’esito delle indagini preliminari– tali concessioni di privilegi fiscali comportano vantaggi specifici e selettivi solo per talune società o gruppi di società e, pertanto, possono costituire aiuti di stato contrastanti con la lettera dell’art. 107, par. 1 TFUE.

In via preliminare, è necessario ricordare che la  proposta in esame si inserisce in un contesto interessato da recenti modifiche, rispondenti al duplice scopo di adeguare la normativa europea agli standards sanciti dal nuovo art. 26 del Modello OCSE e di combattere l’evasione fiscale a livello internazionale , tra le quali ricordiamo: 1) la pubblicazione nel mese di aprile 2014 della Direttiva 2014/48, recante importanti modifiche alla Direttiva 2003/48/CE sulla fiscalità del risparmio; 2) l’adozione, nel dicembre 2014, della Direttiva 2014/107/UE, volta ad ampliare il novero dei già pregnanti obblighi in materia di scambio automatico di informazioni tra le autorità nazionali competenti previsti dall’art. 8 della direttiva 2011/16/UE sulla cooperazione amministrativa in materia fiscale (DAC), sino a sancire l’assoluta inopponibilità del segreto bancario quale limite alla cooperazione in tale settore; 3)gli accordi raggiunti, sempre nel mese di dicembre scorso, tra PE e Commissione relativamente alla proposta di una IV direttiva antiriciclaggio (il testo definitivo non è ancora stato reso noto, ma si ipotizza saranno accolti gli emendamenti fatti propri dal PE con la risoluzione legislativa dell’11 marzo 2014).

Da un punto di vista strettamente tecnico, il  tax ruling – o interpello preventivo – è l’istanza che il contribuente, preliminarmente al sorgere dell’obbligazione tributaria, rivolge all’Amministrazione competente al fine di risolvere in via preventiva (ed interpretativa) possibili controversie afferenti il corretto prelievo tributario. In concreto, gli  Stati richiesti – rectius: le Amministrazioni competenti – presentano al contribuente richiedente una sorta di preventivo in cui viene calcolato il suo reddito imponibile e la relativa imposizione fiscale, spesso correlato ad una specifica operazione straordinaria.

Sfruttando la complessità delle norme fiscali e la mancanza di trasparenza e cooperazione tra gli Stati membri, alcune società multinazionali – con controllate in diversi Paesi – nel corso degli anni hanno scelto – e scelgono tuttora – la destinazione più vantaggiosa fiscalmente, facendo in modo di imputare profitti a quella tra le società del gruppo che ha sede nel Paese che garantisce, appunto attraverso un tax ruling, il trattamento fiscale più conveniente, così minimizzando la propria contribuzione fiscale.

Partendo dal duplice presupposto che, ad oggi, la normativa europea disciplina lo scambio di informazioni in ambito fiscale solo alla luce di determinate circostanze e che le predette pratiche elusive non possono essere efficacemente contrastate attraverso l’adozione di misure puramente nazionali, il pacchetto sulla trasparenza fiscale presentato dalla Commissione –che parrebbe doversi attuare tramite l’introduzione di modifiche al testo della DAC oggi in vigore- mira sostanzialmente ad eliminare ogni margine di discrezionalità e interpretazione in materia.

Stando al testo della proposta, gli Stati membri saranno tenuti a scambiare automaticamente – vale a dirsi senza che sia concesso loro alcun vaglio preventivo circa la rilevanza ovvero la necessità di tale scambio- tutte le informazioni sui propri cross-borders ruling. Ciascun Paese potrà poi chiedere a ogni altro SM informazioni più dettagliate su un determinato ruling.

Oltre a ciò, la Commissione individua altresì in capo alle autorità fiscali nazionali l’obbligo (attualmente mera facoltà) di inviare ogni tre mesi una relazione agli altri SM in merito a tutti i ruling fiscali transfrontalieri da esse emanati.

Infine, lo scambio automatico di informazioni dovrebbe avere efficacia retroattiva sino a ricomprendere tutti i ruling fiscali adottati da ogni SM partire dal 1 gennaio 2005, previsione quest’ultima di certo destinata a suscitare critiche e reazioni anche sotto il profilo della certezza del diritto.

In aggiunta a ciò, il pacchetto di riforme comprende anche una comunicazione che delinea una serie di ulteriori iniziative volte ad implementare il programma europeo di trasparenza fiscale, tra le quali: la valutazione di nuovi obblighi di trasparenza per le società multinazionali; la proposta di revisione del “Codice di condotta sulla tassazione delle imprese” e – al fine di “evitare duplicazioni e sovrapposizioni normative” – l’abrogazione della Direttiva sulla fiscalità del risparmio, considerata ormai “sorpassata” alla luce delle modifiche alla DAC introdotte nel mese di dicembre.

In un contesto, quale quello della fiscalità e della lotta all’evasione, sempre più caratterizzato da problematiche di rilevanza sovranazionale e internazionale, non si può fare a meno di sottolineare l’importanza delle iniziative proposte dalla Commissione.

Con lo scambio automatico di informazioni, infatti, ogni Stato sarà al corrente dei ruling fiscali transfrontalieri che si applicano nel territorio UE e potrà valutare direttamente l’impatto delle decisioni di altri Stati membri sui soggetti che quello Stato ritiene suscettibili di acquisire rilevanza per il proprio ordinamento tributario. Potranno così essere adottate più facilmente le misure necessarie a tutelare le base imponibili e reagire alle pratiche elusive di pianificazione fiscale aggressiva. Nondimeno, la possibilità per ciascun Paese di sottoporre a controllo i cross-border rulings adottati dagli altri SM, renderà le autorità tributarie meno inclini a offrire ai contribuenti trattamenti “privilegiati”, evitando così delocalizzazioni meramente fittizie, con vantaggio per una più sana concorrenza tra le imprese.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, ai sensi dell’art. 113 TFUE, la proposta legislativa di questo pacchetto potrà essere definitivamente adottata solo con delibera del Consiglio UE “all’unanimità,  secondo una procedura legislativa speciale previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale”.

Sulla base di tale disposizione, considerato altresì il tenore delle conclusioni del Consiglio Europeo di dicembre, la Commissione auspica un forte impegno da parte degli Stati membri in tal senso, affinché in seno al Consiglio si raggiunga un accordo unanime sulla proposta entro la fine del 2015 e ne sia garantita l’entrata in vigore a decorrere dal 1º gennaio 2016.


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