Ritorno a Lussemburgo: la Corte di giustizia nuovamente chiamata a pronunciarsi sul caso Taricco
Con l’ordinanza n. 24/2017 (ud. 23/11/2016, dep. 26/1/2017), la Corte costituzionale si è pronunciata sui ricorsi promossi, in via incidentale, dalla Corte d’Appello di Milano e dalla Cassazione, poi riuniti e trattati congiuntamente dal Giudice delle leggi: entrambi, infatti, hanno inteso sottoporre al vaglio di costituzionalità l’art. 2, L. 2 agosto 2008, n. 130, nella parte in cui autorizza alla ratifica e rende esecutivo l’art. 325, paragrafi 1 e 2, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come interpretato dalla nota sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’8 settembre 2015 in causa C-105/14, Taricco.
Merita subito sottolineare che la Consulta ha inteso formulare, ex art. 267 TFUE, rinvio pregiudiziale alla CG, onde ottenere, dal Giudice di Lussemburgo, alcune fondamentali risposte in merito all’interpretazione dell’art. 325 TFUE fornita nella già menzionata sentenza Taricco. Pronunciamento che in pochi mesi ha suscitato reazioni immediate e contrastanti sia in dottrina, sia nella prassi giurisprudenziale: l’“ordine” di disapplicazione della normativa nazionale controversa (al verificarsi delle condizioni indicate dalla CG), infatti, è stato in taluni casi accolto (spicca, in tal senso, Cass. Pen., sez. III, sent. 17 settembre 2015, n. 2210), in altri, invece, è stato ritenuto incompatibile con l’ordinamento nazionale (Cass. Pen., sez. III, ord. 30 marzo 2016, n.2282; già in precedenza Corte d’Appello di Milano, sez. II Pen., ord. 18 settembre 2015, n. 6421 RGA), in altri ancora, infine, non è stato eseguito ritenuta l’insussistenza dei requisiti richiesti dalla Corte di Lussemburgo (Cass. Pen., sez. IV, sent. 25 gennaio 2016, n. 7914). Se, da un lato, l’intervento dei giudici lussemburghesi è stato – almeno nelle intenzioni – apprezzato per aver posto l’accento su uno degli istituti assiologicamente più controversi del diritto penale nazionale, ovvero la prescrizione (come riformata dalla celebre legge “ex Cirielli”), dall’altro lato, è stato oggetto di molteplici censure: la CG avrebbe infatti adottato una pronuncia in alcuni passaggi lacunosa, in altri (a detta della dottrina più radicale) persino incompatibili con l’architettura normativa e costituzionale italiana.
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