Recensione a G. MUSCOLO, A. MASSOLO (eds.), Navigating the DMA. Application Across National Jurisdictions, Concurrences, Paris – New York – London, 2025

Il volume di Muscolo e Massolo è particolarmente interessante ed attuale. Esso tratta, infatti, di un aspetto, fino a questo momento, piuttosto trascurato nelle analisi che sono state condotte sul Digital Markets Act (Regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2022 relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828): ovvero, il ruolo che le autorità nazionali di concorrenza svolgono nell’applicazione e nell’implementazione di detto atto normativo.

Si tratta di un tema molto specifico, che è stato, fino ad ora, oggetto solo di sporadici interventi dottrinali.

Il fatto è che il regolamento europeo stabilisce chiaramente che l’unica autorità competente per la sua applicazione è la Commissione europea (considerando 91). Tale affermazione è poi supportata da un chiaro riparto di competenze all’interno del testo normativo, il quale esclude recisamente che gli Stati membri possano imporre ulteriori obblighi ai gatekeeper, oltre a quelli previsti dal regolamento stesso (a meno che questi non siano diretti al perseguimento di interessi pubblici previsti dal Trattato istitutivo ovvero siano discendenti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia). Detto regolamento, pertanto, mira all’armonizzazione massima, ovvero a fornire una disciplina integrale della materia. Si tratta, d’altro canto, di una scelta necessaria, per evitare una frammentazione del mercato interno, che finirebbe, inevitabilmente, per minare i tentativi del legislatore europeo di introdurre regole nei confronti delle piattaforme digitali.

In tale contesto, quale può essere quindi il ruolo delle autorità nazionali? A tale quesito mira a fornire una risposta proprio il volume qui recensito, il quale affronta tale tematica con un taglio comparatistico, con rapporti stilati da autori esperti di antitrust, provenienti da diciotto Stati membri.

Non è chiaramente agevole sintetizzare quale sia il ruolo delle autorità nazionali nella regolamentazione dei mercati digitali e nello svolgimento delle attività di controllo e di enforcement collaterali all’applicazione del DMA da parte della Commissione europea.

Innanzitutto le autorità nazionali possono continuare ad applicare le norme sulla concorrenza, ivi compresi gli articoli 101 e 102 TFUE, anche nei confronti dei gatekeeper, quindi delle imprese che, per dimensioni e per numero di utenti, sono i principali destinatari del DMA. Le autorità nazionali conservano, pertanto, i poteri che già esercitavano in virtù del regolamento 1/03 (v., sul punto, l’introduzione dei curatori del volume). Questa conclusione, d’altro canto, è resa esplicita dallo stesso testo normativo, il quale chiarisce, senza possibilità di interpretazioni divergenti, che il regolamento non pregiudica l’applicazione degli articoli del Trattato istitutivo ora menzionati (art. 1, par. 6, DMA). Questa disposizione, a ben vedere, costituisce uno degli architravi del regolamento, dal momento che, con l’adozione di detto atto normativo, le istituzioni europee hanno inteso introdurre una normativa applicabile ex ante alle imprese che, per dimensioni, volume di affari, e numero di iscritti, si pongono come i regolatori degli specifici mercati digitali nei quali operano. Quindi, il DMA non può certo sostituire la disciplina europea antitrust, ma, al limite, può intervenire per completarla (v., sul punto, lo scritto di Paul K. Gorecki, Ireland).

Certo, in un contesto così frammentato, possono insorgere problemi di rispetto del principio del ne bis in idem, laddove la medesima fattispecie sia oggetto di sanzioni dapprima ai sensi del DMA e, successivamente, attraverso l’applicazione delle norme antitrust. Detti problemi dovranno essere affrontati e risolti alla luce della giurisprudenza della Corte, ed in particolare dei principi elaborati dalla Corte di giustizia nelle note sentenze bpost e Nordzucker (v., sul punto, gli scritti di Simon Reetz e Alexander Iken, Germany; e di Jasper van den Boom, Frisco Bostoen, Giorgio Monti, The Netherlands).

Oltre all’applicazione delle norme antitrust europee e nazionali nei confronti dei gatekeeper, poi, le autorità nazionali sono chiamate a collaborare con la Commissione europea nell’applicazione del DMA. Da un lato, l’articolo 37 stabilisce che la Commissione e gli Stati membri cooperano in stretta collaborazione «per garantire un’applicazione coerente, efficace e complementare degli strumenti giuridici disponibili applicati ai gatekeeper ai sensi del presente regolamento». Anche se, va detto fuor di celia, l’art. 38, prevede di fatto una cooperazione a senso unico a favore della Commissione europea. Di fatto detta disposizione prevede innanzitutto uno scambio di informazioni; in secondo luogo stabilisce che, se un’autorità nazionale intende avviare un’indagine su un gatekeeper per l’applicazione delle norme europee o nazionali antitrust, deve preventivamente informarne la Commissione. Il par. 7, di tale disposizione, lascia un piccolo margine di applicazione delle norme del DMA da parte delle autorità nazionali: esso stabilisce espressamente che se un’autorità nazionale intende svolgere indagini sul proprio territorio circa il mancato rispetto, da parte di un gatekeeper, degli obblighi di cui agli articoli 5, 6 e 7 del DMA (ovvero, degli obblighi che tale regolamento prevede a carico di dette imprese), debba preventivamente informare la Commissione; e che se la Commissione decide, a propria volta, di intraprendere un’indagine, questo mero fatto determina, per i consueti principi, la cessazione del procedimento di indagine nazionale.

Ovviamente, permane inalterato anche il riparto delle competenze di indagine, nel senso che, nelle ispezioni, gli agenti della Commissione europea possono chiedere di essere assistiti dall’autorità nazionale competente sul cui territorio si svolge l’indagine (art. 22 DMA).

Infine, le autorità giudiziarie, nell’applicazione di private enforcement degli obblighi previsti dal regolamento nei confronti dei gatekeeper, possono chiedere informazioni alla Commissione; la Commissione può intervenire nei procedimenti giudiziali nazionali e presentare osservazioni; ma ovviamente i giudici non possono adottare decisioni che siano in contrasto con quelle adottate dall’organo esecutivo. Una disciplina, quindi, che riprende quella prevista dagli articoli 15 e 16 del reg. 1/03, che è sufficiente a porre i presupposti per l’esercizio di azioni di private enforcement anche in relazione al DMA, ma che è lungi dal fornirne una regolamentazione esaustiva.

Insomma, un quadro giuridico estremamente complesso ed articolato, nell’ambito del quale viene, da un lato, confermato l’assetto consueto: le autorità nazionali rimangono competenti ad applicare le norme europee e nazionali antitrust, anche nei confronti dei gatekeeper; dall’altro, tuttavia, le medesime autorità devono essere pronte a fornire informazioni, ad informare la Commissione circa le indagini in corso per l’applicazione delle norme antitrust, nonché a fornire assistenza alla stessa.

In questo contesto, il volume è particolarmente apprezzabile, perché affronta con compiutezza, tutti gli aspetti relativi all’incidenza del DMA sul diritto nazionale, gli adattamenti necessari per consentirne l’applicazione. Inoltre, i vari rapporti nazionali, tutti in inglese e pertanto di agevole consultazione, sono suddivisi per paese (diciotto Stati membri: Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna Svezia). Detti rapporti consentono di conoscere quale sia il ruolo concretamente svolto dalle autorità nazionali nell’applicazione delle norme antitrust nei mercati digitali. Inoltre, ogni rapporto ha un titolo che permette immediatamente al lettore di cogliere l’orientamento generale del legislatore in relazione all’approccio concorrenziale ai mercati digitali (v., ad es., il titolo del rapporto svedese: Public Inquiry into New Competition Tools for Well-Functioning Markets).

Nella specie, si apprezzano notevolmente la compiutezza di analisi circa le modalità di attuazione a livello nazionale e la descrizione, estremamente accurata, sulle disposizioni che sono state introdotte da parte dei singoli legislatori per consentire un’efficace integrazione tra il ruolo svolto dalla Commissione e quello assolto dalle autorità nazionali. Da un lato infatti, vi sono Stati che non hanno introdotto alcuna regolamentazione specifica per dare attuazione al DMA, evidentemente sul presupposto che le questioni oggetto di detto regolamento avranno scarsa incidenza pratica sui rispettivi territori (v. i rapporti sulla Bulgaria, sulla Repubblica Ceca e sull’Estonia, rispettivamente di Petrov, di Petr e di Tamm), mentre, dall’altro vi è il gruppo di tutti gli altri, tra cui la Danimarca e l’Italia, che hanno invece ritenuto opportuno intervenire per designare l’autorità competente sul piano nazionale e per attribuire ad essa i compiti di informazione e di coordinamento con la Commissione europea.

Il lettore, poi, troverà particolarmente utile la compiuta descrizione dei casi di applicazione di norme antitrust nei mercati digitali. Certamente non si tratta di applicazione del DMA in senso stretto, ma dell’esercizio di quelle competenze che il regolamento riserva alle autorità nazionali, in virtù del citato art. 1, par. 6.

Non da ultimo, il volume affronta poi il problema del coordinamento tra il regolamento e le norme interne che comunque possono incidere sul funzionamento della concorrenza nei mercati digitali.

La questione è estremamente delicata, perché, da un lato, il citato, art. 1, par. 5, vieta agli Stati membri di stabilire ulteriori obblighi per i gatekeeper, ma, dall’altro, mantiene la competenza delle autorità nazionali nell’applicazione delle norme sulla concorrenza.

Il problema, come evidenziato negli scritti di Simon Reetz e Alexander Iken (per la Germania) e di Adriano Raffaelli (per l’Italia), si pone soprattutto per gli ordinamenti tedesco ed italiano. Il primo perché, come è noto, ha già da tempo introdotto un art. 19a della BGW, per il funzionamento della concorrenza nei confronti delle imprese di importanza fondamentale (Unternehmen mit überragender marktübergreifender Bedeutung). Gli autori sono dell’idea, sulla scorta di una nota decisione del BGH del 23 aprile 2024, che la norma attenga alla concorrenza e che pertanto la stessa continui ad applicarsi anche ai gatekeeper. Analoga soluzione viene prospettata per l’ordinamento italiano. Come nota, infatti, correttamente l’Autore, noto per la sua competenza, sia pratica, sia teorica, in materia antitrust, le disposizioni nazionali in materia di abuso di dipendenza economica, continuano anch’esse ad applicarsi ai gatekeeper, in quanto rientrano nella sfera di competenza riconosciuta al legislatore nazionale.

Da ultimo, il volume affronta il problema, sostanzialmente non disciplinato, se non in via minimale, del private enforcement. D’altro canto, allo stato, il DMA è al di fuori della direttiva sul risarcimento dei danni per la violazione delle norme antitrust ed il citato art. 39 del regolamento fornisce una disciplina assai limitata del fenomeno del private enforcement, prevedendo solo pochi principi di ordine generale. In questo ambito, pertanto, vi è ampio margine per le regolamentazioni nazionali, le quali spaziano dall’impiego degli strumenti consueti, fino a ipotizzare il ricorso a vere e proprie class action (v. il rapporto di Miguel Sousa Ferro e di Nuno Pires Salpico, per l’ordinamento portoghese).

In conclusione, il volume è particolarmente apprezzabile perché affronta un aspetto assai poco esplorato. Esso contiene un’analisi delle modalità di attuazione del DMA da parte dei legislatori nazionali, i quali, per il momento, hanno in genere omesso, se non con limitate eccezioni, di fornire una disciplina organica della materia. Inoltre fornisce un quadro esaustivo dei procedimenti intrapresi dalle autorità antitrust nazionali nei confronti delle imprese operanti nel campo digitale.

Il volume è, pertanto, estremamente utile sia a coloro che applicano in concreto le norme antitrust, perché consente loro di avere immediatamente un riscontro circa le normative nazionali applicabili in materia di regolamentazione dei mercati digitali, sia agli studiosi teorici della materia, perché permette loro di conoscere casi e norme nazionali, che risulterebbero altrimenti di non facile reperibilità.