Pubblicati gli atti che compongono il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo

Sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 22 maggio 2024 i diversi strumenti che compongono il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Il pacchetto approvato comprende dieci fascicoli legislativi:

  1. Regolamento (UE) 2024/1347 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, recante norme sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio e che abroga la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio;

  2. Regolamento (UE) 2024/1348 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE;

  3. Direttiva (UE) 2024/1346 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale

  4. Regolamento (UE) 2024/1351 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, sulla gestione dell’asilo e della migrazione, che modifica i regolamenti (UE) 2021/1147 e (UE) 2021/1060 e che abroga il regolamento (UE) n. 604/2013

  5. Regolamento (UE) 2024/1358 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto dei dati biometrici ai fini dell’applicazione efficace dei regolamenti (UE) 2024/1351 e (UE) 2024/1350 o del Parlamento europeo e del Consiglio e della direttiva 2001/55/CE del Consiglio e ai fini dell’identificazione dei cittadini di paesi terzi e apolidi il cui soggiorno è irregolare, e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, che modifica i regolamenti (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/818 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga il regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio

  1. Regolamento (UE) 2024/1349 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che stabilisce una procedura di rimpatrio alla frontiera e che modifica il regolamento (UE) 2021/1148

  2. Regolamento (UE) 2024/1352 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, recante modifica dei regolamenti (UE) 2019/816 e (UE) 2019/818, allo scopo di introdurre accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne

  3. Regolamento (UE) 2024/1356 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che introduce accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne e modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (UE) 2017/2226, (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/817

  4. Regolamento (UE) 2024/1359 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell’asilo e che modifica il regolamento (UE) 2021/1147

  5. Regolamento (UE) 2024/1350 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che istituisce un quadro dell’Unione per il reinsediamento e l’ammissione umanitaria e modifica il regolamento (UE)

I regolamenti entreranno in vigore venti giorni dopo la pubblicazione nella gazzetta ufficiale (e quindi l’11 giugno 2024), ma si applicheranno da giugno o luglio 2026 (a seconda dei regolamenti), ad eccezione di singole disposizioni che recano un termine di applicazione diversa (e per le quali si rinvia ai singoli regolamenti). In particolare, per quanto attiene al regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione (che sostituisce il regolamento c.d. Dublino III), diverse previsioni si applicheranno già dal prossimo 11 giugno (si veda art. 85). Il termine di recepimento dell’unica direttiva è, invece, fissato al 12 giugno 2026.

Il sistema comune europeo di asilo viene, quindi, interamente rinnovato, ad eccezione della direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea, che comunque resta in vigore, contrariamente a quanto previsto inizialmente. In particolare, le c.d. direttive qualifiche e procedure sono state sostituite da due regolamenti nel proclamato obiettivo di “garantire l’armonizzazione e una maggiore convergenza delle decisioni in materia di asilo e del contenuto della protezione internazionale così da ridurre gli incentivi alla circolazione all’interno dell’Unione, incoraggiare i beneficiari di protezione internazionale a rimanere nello Stato membro che ha concesso loro protezione e assicurare la parità di trattamento dei beneficiari di protezione internazionale, è opportuno abrogare la richiamata direttiva e sostituirla con un regolamento” (cfr. considerando n. 1 reg. 2024/1347). Restano regolate da una direttiva le condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonostante la consapevolezza circa la necessità di “adottare condizioni uniformi in materia di accoglienza dei richiedenti che siano sufficienti a garantire loro un livello di vita adeguato e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri” (cfr. considerando 11).

Per quanto attiene al tema più controverso, ovvero la condivisione degli oneri, nel nuovo regolamento sulla gestione dell’asilo e la migrazione, l’attuale sistema di ripartizione delle responsabilità tra Stati membri non è riformato nella sostanza. Come nel sistema oggi in vigore, rimane incentrato su criteri oggettivi, pur se con qualche limitatissima aggiunta, ma è espressamente specificato che per le domande di protezione internazionale registrate prima del 1° luglio 2026, lo Stato membro competente per l’esame continuerà ad essere individuato conformemente ai criteri enunciati nel regolamento (UE) n. 604/2013 (art. 84, par. 2). Sotto certi aspetti risulta perfino aggravato l’onere del Paese di primo ingresso, essendo esteso a 20 mesi il termine ordinario per la cessazione della responsabilità di quest’ultimo (12 mesi solo nel caso di sbarco a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso) e prevedendosi la semplice notifica allo Stato ritenuto competente nel caso di richiesta di ripresa in carico (ovvero laddove risulti già presentata una domanda in quello Stato membro). Si introduce, invero, un meccanismo di solidarietà obbligatoria (la solidarietà è evocata ben 225 volte nel nuovo testo!), ma da un lato, esso è libero quanto alla scelta del tipo di intervento, e, dall’altro lato, è attuabile solo in presenza di situazioni di pressione migratoria (sussistente in caso di arrivi via terra, aria o mare o di richieste di cittadini di paesi terzi o apolidi tale da dare luogo a obblighi sproporzionati per uno Stato membro). Ogni anno verrà costituita una “riserva di solidarietà”, alla quale tutti i Paesi dell’UE dovranno contribuire con ricollocamenti (ovvero trasferimenti di un richiedente o beneficiario di protezione internazionale dal territorio di uno Stato membro beneficiario al territorio di uno Stato contribuente), contributi finanziari, ma eventualmente anche misure di solidarietà alternative, incentrate sul sostegno operativo, sullo sviluppo di capacità, sui servizi, sul sostegno al personale, sulle strutture e sulle attrezzature tecniche. Il calcolo del contributo di ciascuno Stato membro si baserà sulla dimensione della popolazione (50%) e sul suo PIL (50%). Il nuovo regolamento fissa la soglia minima per le ricollocazioni a 30.000 richiedenti e il contributo finanziario a 600 milioni di euro. Gli Stati membri dichiarati sotto pressione migratoria notificheranno al Consiglio e alla Commissione la loro intenzione di utilizzare la riserva e potranno richiedere una detrazione parziale o totale dei propri contributi di solidarietà.

Nell’ipotesi di un quadro ancora più complesso e tale da integrare una situazione ritenuta di crisi o di forza maggiore (per la cui definizione si rinvia all’art. 1 reg. 2024/1359), è stato predisposto un regolamento, che nel corso del negoziato ha incorporato anche le ipotesi di strumentalizzazione dei migranti (originariamente contenute in un’apposita proposta presentata dalla Commissione europea nel dicembre 2021, nel contesto della situazione verificatasi alle frontiere orientali dell’UE con la Bielorussia), alle quali il Consiglio teneva particolarmente. Sebbene il Parlamento europeo si fosse inizialmente opposto fermamente a questa inclusione, subordinandola ad eventuali ulteriori concessioni, alla fine l’ha accettata, aderendo peraltro alla più ampia definizione proposta dal Consiglio, che include non solo le azioni riconducibili a un paese terzo, ma anche ad attori non statali, con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato membro o l’Unione. La sussistenza delle situazioni individuate nel regolamento consente agli Stati di introdurre deroghe, tra l’altro, in relazione ai termini per la registrazione delle domande di protezione internazionale (art. 10), per l’esame nel corso delle procedure di frontiera (art. 11), per le richieste di presa in carico e di esecuzione dei trasferimenti (art. 12). Anche in situazioni “eccezionali”, come quelle contemplate dal reg. 2024/1359, pur essendo stato introdotto un meccanismo di solidarietà obbligatoria, gli Stati restano liberi di decidere come contribuire, essendo stato espressamente specificato che “i vari tipi di solidarietà hanno pari valore” (cfr. in particolare considerando 29 e 30 reg. 2024/1359).

In generale, si segnala che gli strumenti definiscono la cornice, rinviando alla successiva adozione di atti di esecuzione. Nuovi e ampi compiti spetteranno alla Commissione. Anzitutto, subito dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento sulla gestione della migrazione (entro il 12 settembre 2024), in stretta collaborazione con le agenzie competenti dell’Unione e gli Stati membri, dovrà predisporre un “piano di attuazione comune” per garantire che gli Stati membri siano adeguatamente preparati ad attuare il regolamento, valutando le lacune e le fasi operative necessarie. Poi, entro il 12 dicembre 2025, dovrà definire una strategia europea quinquennale per la gestione dell’asilo e della migrazione e annualmente adotterà una relazione, per valutare la situazione in materia di asilo, accoglienza e migrazione nei 12 mesi precedenti e gli eventuali sviluppi, fornendo un quadro strategico che funga anche da strumento di allarme rapido e di sensibilizzazione per l’Unione. Su base regolare e come minimo ogni tre anni, la Commissione riesaminerà le soglie di solidarietà, valutando altresì l’opportunità di modificare la definizione di familiari, la durata dei termini ed il funzionamento complessivo del meccanismo di responsabilità (art. 79).

Sulla base del piano di attuazione comune, ciascuno Stato membro, con il sostegno della Commissione e dei pertinenti organi e organismi dell’Unione, dovrà elaborare entro il 12 dicembre 2024 un piano di attuazione nazionale in cui saranno stabilite le azioni e il relativo calendario di attuazione. Ciascuno Stato membro completerà l’attuazione del piano entro il 1o luglio 2026. Sarà, pertanto, cruciale il ruolo degli Stati membri, a cui spetta di dare attuazione con atto del Consiglio alle proposte della Commissione (anche per l’istituzione della riserva annuale di solidarietà). Pertanto, nell’esplicazione concreta, i nuovi meccanismi di solidarietà saranno sempre soggetti alla necessità di raggiungere un compromesso politico tra posizioni divergenti. Al fine di garantire l’efficace attuazione del meccanismo di solidarietà, è istituito un forum dell’UE di alto livello sulla solidarietà, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio, in cui relazioni e preposte della Commissione saranno esaminati e discussi.

Proprio in considerazione della necessità di attuare una cooperazione più strutturata tra istituzioni europee e Stati membri e di adottare atti di esecuzione per l’attuazione effettiva del Patto, si è tenuta a fine aprile una conferenza ministeriale convocata dalla presidenza belga e che ha riunito la Commissione europea, i ministri degli interni e della migrazione degli Stati membri dell’UE e dei paesi associati a Schengen e i rappresentanti delle agenzie competenti. La conferenza ha avviato la definizione degli elementi costitutivi di ciò che dovrebbe essere messo in atto comunemente, le risorse che saranno necessarie, i ruoli e le responsabilità di tutti gli attori.

Nel complesso, il nuovo sistema sotteso al Patto mira a prevenire l’ingresso sul territorio dell’UE, rafforzando il ricorso alle c.d. procedure di frontiera e accelerate, finalizzate a valutare l’eventuale infondatezza o inammissibilità delle domande di asilo (durante lo svolgimento di queste procedure le persone non sono autorizzate ad entrare nello Stato membro, pur trovandosi sul territorio, e confermando il mantenimento della “finzione di non ingresso”, ritenuta elemento essenziale dal Consiglio). Dopo aver superato una procedura di screening iniziale (volta all’identificazione, ad effettuare controlli sanitari e di sicurezza, nonché al rilevamento delle impronte digitali e alla registrazione nella banca dati Eurodac), che dovrebbe durare al massimo 7 giorni, le persone (fermate in caso di attraversamento non autorizzato della frontiera esterna per via terrestre, marittima o aerea, sbarcate a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso in mare, che abbiano presentato domanda di protezione internazionale presso i valichi di frontiera esterni o nelle zone di transito senza soddisfare le condizioni d’ingresso) saranno infatti indirizzate verso la procedura ritenuta appropriata (rimpatrio o protezione internazionale), eventualmente tramite una procedura di frontiera o accelerata, di cui si accresce l’utilizzo.

L’attuazione completa del Patto avverrà solo dall’estate del 2026 e, come ha messo in luce la presidenza belga, garantire la transizione al nuovo quadro normativo sarà una priorità comune fondamentale nei prossimi due anni. Le azioni prodromiche sono, pertanto, già state avviate e si intensificheranno nei prossimi mesi.