Pubblicata la relazione della Commissione sullo Stato di diritto nell’Unione europea: un primo monitoraggio sulla situazione dei 27 Stati membri

1.Con una comunicazione pubblicata il 30 settembre 2020, la Commissione rende nota la prima relazione sullo Stato di diritto nell’Unione europea.

Tale rapporto costituisce una delle principali iniziative adottate nel contesto del programma di lavoro della Commissione per il 2020 e si inserisce all’interno del nuovo meccanismo europeo globale per lo Stato di diritto annunciato negli orientamenti politici della Presidente Ursula von der Leyen.

Obiettivo della relazione è quello di ampliare gli attuali strumenti a disposizione dell’Unione per fronteggiare le problematiche connesse allo Stato di diritto, attraverso la promozione di un meccanismo preventivo volto a favorire un dibattito inclusivo e a diffondere la cultura dello Stato di diritto in tutta l’Unione europea.

2. Il documento in esame, oltre a contenere una generale panoramica in merito allo stato della rule of law nell’Unione, è costituito da 27 capitoli dedicati ad una puntuale valutazione delle singole e specifiche situazioni proprie di ciascuno degli Stati membri, all’interno dei quali vengono evidenziati aspetti positivi e attuali problematiche sulle quali appare necessario intervenire.

In particolare – a seguito di una prima riflessione in merito alle conseguenze delle misure di emergenza adottate per fronteggiare gli effetti della pandemia di Covid-19 – la valutazione si articola, per ciascuno Stato membro, sull’analisi di quattro pilastri individuati dalla Commissione come necessari per garantire la difesa dello Stato di diritto, ovvero: (i) i sistemi giudiziari, (ii) i quadri anticorruzione, (iii) il pluralismo e la libertà dei media, (iv) altre questioni istituzionali connesse al bilanciamento dei poteri.

3. In primo luogo, nell’introdurre la relazione, la Commissione ha dunque condotto un’ampia analisi dell’impatto che le misure di emergenza adottate in considerazione della crisi da Covid-19 hanno avuto sul terreno dello Stato di diritto.

I regimi emergenziali predisposti dagli Stati membri sono stati oggetto – e continueranno ad esserlo fino al loro graduale venir meno – di attento monitoraggio da parte della Commissione, la quale ha costantemente vigilato sul rispetto dei criteri di necessità, di proporzione e di limitazione nel tempo delle misure.

L’esito della valutazione appare nel complesso piuttosto positivo: la relazione sottolinea, infatti, che le reazioni degli Stati alla crisi hanno dimostrato una forte resistenza dei singoli assetti giuridici nazionali; nella maggior parte degli Stati membri, infatti, le misure emergenziali sono state correttamente sottoposte all’attento scrutinio dei giudici oltre che al vaglio del dibattito giuridico e politico, al fine di accertare la loro effettiva legittimità.

4.Come anticipato, il cuore della relazione si concentra poi (punti 2.1-2.4) sull’esposizione dei risultati ottenuti dall’analisi dei già menzionati quattro pilastri fondamentali a presidio dello Stato di diritto.

Per ciascuno di tali settori, la valutazione è stata realizzata in modo obiettivo ed imparziale, mediante una stretta collaborazione con gli Stati membri, sia a livello politico in seno al Consiglio che a livello tecnico per il tramite di una serie di incontri bilaterali.

5.Il primo pilastro oggetto di indagine da parte della Commissione è quello concernente il sistema giudiziario, di cui al punto 2.1. Centrale, in questo contesto, è il tema relativo all’indipendenza della magistratura, che costituisce uno dei parametri essenziali per poter qualificare un sistema di tutela giurisdizionale come veramente efficace ed effettivo.

Su tale versante, la relazione evidenzia, in senso positivo, come molti Stati membri abbiano di recente avviato una serie di riforme della giustizia volte a rafforzare l’indipendenza dei magistrati, nel tentativo di ridurre quanto più possibile eventuali interferenze da parte del potere politico. Tra questi, meritano di essere richiamati gli esempi di Irlanda, che ha costituito a fine 2019 un consiglio giudiziario indipendente a salvaguardia dell’indipendenza della magistratura, ma anche di Malta, Lettonia, Irlanda, Finlandia e Paesi Bassi.

Tuttavia, la Commissione non manca di sottolineare come sul fronte dell’indipendenza del potere giudiziario permangano ancora forti e serie preoccupazioni rispetto ad alcuni Stati membri, tra i quali certamente in prima linea vi sono Polonia e Ungheria – già soggetti alla procedura di cui all’art. 7 TUE – ma non sono esclusi dal novero degli interessati anche Bulgaria, Croazia e Slovacchia.

6.Quanto ai quadri anticorruzione, al punto 2.2, viene fin da subito chiarito come quello della corruzione rappresenti un fenomeno particolarmente pericoloso per la salvaguardia dello Stato di diritto; questa, infatti, attenta al corretto funzionamento dell’attività pubblica e favorisce l’affermazione della criminalità organizzata.

Anche in tal caso, dalle valutazioni della Commissione, è emerso che diversi tra gli Stati membri stanno progressivamente predisponendo efficaci strategie nazionali di contrasto; ad esempio, vengono menzionate, tra gli altri, la Francia, che nel gennaio di quest’anno ha adottato un piano pluriennale anticorruzione, la Bulgaria, la Croazia, la Romania e l’Italia, che nel gennaio 2019 (con la c.d. legge “Spazzacorrotti”) è intervenuta ad inasprire le pene per i reati in materia di corruzione.

Di converso, risulta però che anche nel fronteggiare il fenomeno corruttivo vi è ancora molta strada da percorrere, dal momento che molti Stati membri – tra i quali Bulgaria, Croazia, Slovacchia e Ungheria – presentano (nonostante i menzionati sforzi di alcuni) ancora gravi difficoltà sul terreno dell’efficacia delle indagini penali, delle azioni penali e delle decisioni giudiziarie in materia di corruzione.

7.Complessivamente positiva risulta invece essere la valutazione relativa alla libertà e al pluralismo dei media: il report, nel punto 2.3, sottolinea infatti che i cittadini dell’Unione godono di elevati standard in tale settore fondamentale.

Ad un simile esito la Commissione è pervenuta tramite un attento monitoraggio di alcuni aspetti particolarmente rilevanti ed indicativi in merito, quali: l’indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, la pubblicità statale, il livello di tutela dei giornalisti e il grado di libero accesso alle informazioni.

Inevitabile, tuttavia, una considerazione negativa sul grado di politicizzazione delle autorità di regolamentazione dei media e dell’intensa pressione politica in atto in taluni Stati membri, quali: Bulgaria, Romania, Slovenia, Malta, Ungheria e Polonia. Le preoccupazioni sono imputabili soprattutto all’assenza di una regolamentazione specifica contro le interferenze politiche, ovvero alla possibilità per gli attori politici di possedere i canali di informazione.

8.L’ultimo dei quattro pilastri fondamentali sui quali si è articolata l’attività di indagine della Commissione, esposta al punto 2.4, riguarda «altre questioni istituzionali connesse al bilanciamento dei poteri». Si tratta di un tema di importanza centrale per la tutela dello Stato di diritto in quanto l’esistenza di controlli e di equilibri istituzionali garantisce innanzitutto il funzionamento, la cooperazione e il controllo reciproco degli organi statali ma anche che il potere esercitato da una attività statale sia sempre soggetto ad un controllo di tipo democratico.

9.Ciò premesso, l’esito dell’indagine mostra nel suo insieme sviluppi sia positivi che negativi all’interno dei singoli ordinamenti statali; se, infatti, da un lato, diversi Stati membri offrono standard qualitativi molto elevati, dall’altro lato permangono tuttavia importanti e diffusi problemi all’interno del territorio dell’Unione sul rispetto dei principi fondanti lo Stato di diritto.

In particolare, nonostante sia emerso che ciascuno dei 27 Stati membri presenti al tempo stesso punti di forza e debolezze, la lente di ingrandimento della Commissione rimane inevitabilmente puntata sui paesi dell’area centrale e orientale, segnatamente – come ormai noto – Ungheria e Polonia, ma anche Romania, Slovacchia e Bulgaria.

10.Ad avviso della Commissione, la relazione costituisce una tappa importante verso il rafforzamento della fiducia reciproca; l’attiva parteci pazione degli Stati alla sua elaborazione e la loro apertura al dialogo rappresentano infatti un segno sia del progressivo riconoscimento dell’importanza del valore dello Stato di diritto che del loro impegno nel volerlo preservare.

Visto tale primo risvolto positivo, la guardiana dei trattati ritiene che questo nuovo meccanismo preventivo – incentrato su un costante monitoraggio e dialogo con gli Stati membri – possa concretamente rappresentare un elemento centrale del pacchetto di strumenti a disposizione dell’Unione per tutelare lo Stato di diritto.

11. Tuttavia, va segnalato che, il 28 settembre 2020, pochi giorni prima dunque della pubblicazione del presente rapporto, la Presidente von der Leyen è stata destinataria di una lettera aperta, sottoscritta da numerosi accademici, che evidenzia il carattere urgente della grave situazione in cui versa la magistratura polacca, rispetto alla quale, viene sottolineato, è necessario intervenire «prima che sia troppo tardi».

12. Nella lettera viene espressa particolare preoccupazione rispetto all’operato della Commissione che, lungi dall’intervenire in modo efficace per reprimere le gravi violazioni in atto, pare invece assumere un atteggiamento tollerante di fronte ai continui abusi, intimidazioni e attacchi perpetrati dalle autorità polacche a danno di giudici e pubblici ministeri. In tale contesto, viene soprattutto messo in evidenza un forte disappunto rispetto all’approccio della Commissione fondato su un dialogo che risulta assumere, nel caso della Polonia (ma non solo), per la verità, più il carattere di un monologo.

Dunque, anche alla luce delle preoccupazioni espresse nella suddetta lettera, ci si potrebbe interrogare sulla reale ed effettiva efficacia di un simile meccanismo, perlomeno in relazione alle gravi problematiche situazioni in cui versano taluni Stati membri, primi tra tutti Polonia e Ungheria, notoriamente reticenti al dialogo e all’interazione con le istituzioni sul fronte dello Stato di diritto.

In ogni caso, per poter valutare complessivamente gli effetti e le conseguenze del nuovo strumento occorrerà attendere; nel frattempo, la Commissione ha già annunciato l’inizio della preparazione della seconda relazione per il 2021.

13.Per concludere, in considerazione dell’attualità e dell’attinenza della questione, pare opportuno fare qui riferimento alla recente proposta, avanzata nel corso del Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020, di subordinare l’accesso ai fondi europei – in particolare al Recovery Fund – al rispetto dei principi fondanti lo Stato di diritto. La previsione della c.d. rule of law conditionality potrebbe costituire un importante strumento a tutela dello Stato di diritto, soprattutto rispetto a Paesi come Ungheria e Polonia, il cui margine economico dipende molto dai fondi ricevuti dall’Unione.

Tuttavia, la proposta ha (prevedibilmente) incontrato l’ostilità di questi ultimi ed è – nel momento in cui si scrive – oggetto di mediazione da parte del governo tedesco, che si trova attualmente alla guida della presidenza del Consiglio dell’Unione europea.

Per “sbloccare” i fondi in quesitone, dunque, la Repubblica federale tedesca è chiamata ora al determinante compito di individuare un compromesso tra le posizioni del gruppo di Visegrad, e quelle dei cosiddetti “Paesi Frugali”. I primi, infatti, hanno qualificato la proposta come un ricatto, definendola «inaccettabile», mentre i secondi, al contrario, continuano a sostenere con forza la necessità di intervenire severamente nel sanzionare i Paesi che non rispettano lo Stato di diritto.

Bisognerà perciò attendere successivi nuovi sviluppi per comprendere se, come si auspica, tale fase di stallo potrà essere superata e si potrà concretamente giungere ad una soluzione che permetta di imporre in maniera efficace il rispetto della rule of law.


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