Protezione temporanea “facoltativa” e decisioni di rimpatrio: le possibili implicazioni della recente sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-244/24 e C-290/24
- Il 19 dicembre 2024, la Corte di giustizia, con la decisione relativa alle cause riunite C-244/24 e C-290/24, ha segnato un momento significativo nella giurisprudenza relativa alla direttiva 2001/55/CE (direttiva sulla protezione temporanea), attuata per la prima volta lo scorso 4 marzo 2022, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina (cfr. decisione di esecuzione (UE) 2022/382; v. commenti di: A. Di Pascale, Volere è potere! L’attuazione della protezione temporanea per l’accoglienza dei profughi ucraini nell’Unione europea, in rivista.eurojus.it, 2022; S. Peers, Temporary Protection for Ukrainians in the EU?, in eulawanalysis.blogspot.com, 2022). Tale direttiva ha consentito agli Stati membri di istituire un meccanismo di protezione temporanea espressamente rivolto a: a) cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; b) apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; e c) familiari delle persone di cui alle lettere a) e b) (cfr. articolo 2, paragrafo 1, decisione di esecuzione (UE) 2022/382). Inoltre, gli Stati membri sono stati chiamati ad applicare tale decisione o una protezione adeguata ai sensi del loro diritto nazionale nei confronti di apolidi o cittadini di paesi terzi, non ucraini, che soggiornavano legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine. La protezione così regolata ha visto prorogare più volte il termine della sua validità – originariamente fissato al 4 marzo 2024 –, prima sino al 4 marzo 2025 (con la decisione di esecuzione (UE) 2023/2409) e poi sino al 4 marzo 2026 (con la decisione di esecuzione (UE) 2024/1836).Con la pronuncia in commento, la Corte si è occupata di esaminare alcuni aspetti centrali inerenti l’applicazione della direttiva 2001/55/CE, cercando di evidenziarne le finalità specifiche in correlazione al più ampio sistema di riconoscimento della protezione internazionale. E per meglio comprenderne la portata, occorre prendere le mosse dai fatti di causa.
- I ricorrenti dei giudizi a quo erano tutti cittadini di paesi terzi, titolari di un diritto di soggiorno temporaneo in Ucraina, cui era stata riconosciuta la protezione temporanea da parte delle autorità olandesi in ragione di quanto previsto dall’articolo 3.9a, paragrafo 1, del regolamento olandese sugli stranieri del 2000. I Paesi Bassi avevano infatti dato attuazione a quanto previsto dall’articolo 7, della direttiva 2001/55/CE, che consente agli Stati membri di estendere la protezione temporanea anche a gruppi ulteriori rispetto a quelli espressamente indicati dalla decisione del Consiglio che attiva tale protezione, purché si tratti di categorie di soggetti che condividono le medesime ragioni di tutela e provengano dallo stesso paese o regione di origine. In particolare, avevano dato vita ad un regime che consentiva di applicare il meccanismo di protezione temporanea non solamente alle categorie di beneficiari espressamente indicati dalla decisione attuativa della direttiva 2001/55/CE, ma anche nei confronti dei titolari di un permesso di soggiorno temporaneo in Ucraina. Con riferimento a tale categoria di beneficiari, la normativa olandese aveva stabilito i seguenti requisiti: i) il permesso doveva essere valido al 23 febbraio 2022 (data dell’invasione russa); ii) doveva essere verosimile che il titolare avesse lasciato l’Ucraina dopo il 26 novembre 2021 (ossia 90 giorni prima dell’invasione); iii) non dovevano esserci prove che il titolare fosse tornato nel suo paese d’origine dopo il 23 febbraio 2022. Successivamente, però, le autorità olandesi avevano deciso di limitare l’accesso alla protezione temporanea a una categoria di persone più ristretta: non più i titolari di un permesso di soggiorno ucraino temporaneo, ma solo i titolari di un permesso permanente. Pertanto, nei confronti dei soggetti che non disponevano di un permesso di soggiorno ucraino permanente, ma a cui era già stata concessa una protezione temporanea “facoltativa” prima del 19 luglio 2022, era stato istituito un regime transitorio, che prevedeva la permanenza della protezione accordata sino al 4 marzo 2023. Questo regime transitorio era stato prorogato fino al 4 settembre 2023 da un regolamento olandese del 2023. Inoltre, il Consiglio di Stato olandese, con una sentenza del 17 gennaio 2024, aveva stabilito che il segretario di Stato non poteva revocare, a partire dal 4 settembre 2023, la protezione temporanea “facoltativa” alle persone a cui era già stata riconosciuta, ma che tale protezione sarebbe cessata di diritto il 4 marzo 2024, data in cui il meccanismo di protezione temporanea obbligatoria sarebbe dovuta originariamente perdere di effetto.
- La Corte di giustizia è stata dunque chiamata a pronunciarsi su alcune questioni relative all’applicazione della direttiva 2011/55/CE, sollevate dai soggetti interessati dalle modifiche apportate alla normativa olandese. In particolare, gli aspetti toccati dalla sentenza hanno riguardato: a) l’ampiezza della categoria di beneficiari della protezione temporanea “facoltativa”; b) la durata di suddetta protezione; e c) la legittimità di decisioni di rimpatrio – adottate in forza dell’articolo 6, della direttiva 2008/115/CE (direttiva rimpatri) – nei confronti di beneficiari di protezione temporanea “facoltativa”.a) Quanto alla prima questione sollevata, la Corte si è occupata di accertare la possibilità per gli Stati membri di concedere la protezione temporanea ai sensi dell’articolo 7 citato, indipendentemente dal fatto che i relativi beneficiari potessero o meno tornare nel loro paese o nella loro regione di origine in condizioni sicure e durature. Sul punto, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto del tutto coerente con la normativa europea la scelta dei Paesi Bassi di concedere protezione temporanea a tutti i titolari di permesso di soggiorno ucraino, compresi quelli temporanei, validi il 23 febbraio 2022, allontanatisi dall’Ucraina dopo il 26 novembre 2021. E ciò: da un lato, in ragione dell’assimilabilità della situazione dei cittadini di paesi terzi o degli apolidi che sarebbero stati costretti a rientrare in Ucraina poco dopo l’inizio dell’invasione da parte delle forze armate russe, rispetto alle persone sfollate a causa di tale invasione; dall’altro, in conformità a quanto dettato dal considerando n. 14 della decisione di esecuzione del Consiglio 2022/382, che ha incoraggiato gli Stati membri a estendere la protezione temporanea a chi sia fuggito poco prima del 24 febbraio 2022.b) Quanto alla questione relativa alla durata della protezione temporanea “facoltativa”, i giudici sono stati chiari nel ribadire quanto già prospettato dall’Avvocato Generale De La Tour nelle conclusioni rese il 22 ottobre 2024: lo Stato membro che abbia concesso una protezione temporanea “facoltativa” può limitare la durata di siffatta protezione a un periodo più breve rispetto a quello della protezione temporanea obbligatoria. Ha ricordato infatti la Corte che l’obiettivo dall’articolo 7 è quello di incoraggiare gli Stati membri ad ampliare le categorie di beneficiari della protezione temporanea, al fine di consentire il raggiungimento dell’obiettivo più generale della direttiva 2001/55, consistente nella necessità di evitare la congestione del sistema di concessione della protezione internazionale (punto 81). Vietare ad uno Stato membro di revocare, per motivi propri, il beneficio della protezione temporanea “facoltativa” prima della scadenza dell’obbligo di protezione fissato dall’Unione avrebbe l’effetto di dissuadere gli Stati membri dal dare attuazione alla facoltà prevista dall’articolo 7, vanificando così gli obiettivi perseguiti da tale disposizione e dalla direttiva nel suo insieme. Pertanto, secondo la Corte, gli Stati membri non sono tenuti ad allineare la durata della protezione temporanea “facoltativa” da loro liberamente concessa alla durata iniziale o finale della protezione temporanea “obbligatoria” (o alla sua proroga automatica); basta che essa non inizi prima e non finisca dopo la protezione temporanea concessa dalle istituzioni dell’Unione. In ogni caso, proprio al fine di assicurare il perseguimento dell’obiettivo menzionato al punto 81, la Corte ha evidenziato il diritto dei beneficiari di protezione temporanea, anche “facoltativa”, di avanzare domanda di protezione internazionale durante o dopo la cessazione del regime di protezione temporanea.
c) Venendo all’ultimo aspetto affrontato nella pronuncia, la Corte si è occupata di valutare la legittimità di decisioni di rimpatrio, adottate nei confronti di soggetti ancora beneficiari di protezione temporanea al momento dell’adozione del provvedimento di allontanamento, ma in grado di produrre effetto solo dopo il termine di validità del regime di protezione. Partendo dal contenuto dell’articolo 6 della direttiva rimpatri, applicabile esclusivamente a chi soggiorni illegalmente nel territorio dell’UE, i giudici hanno sottolineato che i beneficiari di protezione temporanea, anche “facoltativa”, devono essere considerati soggiornanti legali, che, come tali, non possono essere rimpatriati. E ciò vale anche qualora il provvedimento di allontanamento adottato nei loro confronti specifichi di produrre effetto solo dopo la fine del soggiorno legale dell’individuo. Adottare una decisione di rimpatrio “ora per allora”, infatti, non fa altro che minare le garanzie procedurali e i diritti degli individui, quando il loro soggiorno è ancora legale. Dunque, secondo la Corte, fintantoché la protezione temporanea sia stata concessa (e non ancora revocata) da parte di uno Stato membro, quest’ultimo è tenuto ad accordare ai relativi beneficiari un titolo di soggiorno che consenta loro di soggiornare regolarmente nel suo territorio.
- Come si evince dalla ricostruzione del decisum della Corte, la discrezionalità che viene lasciata agli Stati membri in merito all’individuazione di beneficiari “facoltativi” di protezione temporanea è molto ampia. Essi possono (quasi) liberamente delineare sia i soggetti rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, sia la durata della protezione temporanea “facoltativa” loro accordata. L’argine che la Corte tenta di apporre a tale potere è del tutto labile: il richiamo alla necessità che gli Stati membri procedano con la revoca della protezione temporanea “facoltativa” senza pregiudicare gli obiettivi e l’effetto utile della direttiva 2001/55, nonché i principi generali del diritto dell’Unione (punto 135), è un’affermazione di principio che difficilmente sarà in grado di superare il margine di discrezionalità disegnato dalle norme. È da tenere in considerazione, in ogni caso, che gli Stati membri che si sono avvalsi della previsione dell’articolo 7 sono solamente pochi Stati membri; pertanto, è evidente che le dirette conseguenze della pronuncia sul punto potranno riguardare solamente una percentuale molto ridotta di individui che hanno ottenuto protezione temporanea nell’UE (v., in proposito, S. Peers, No surprises here! What is discretionary remains discretionary in the CJEU’s first judgment on temporary protection, in eulawanalysis.blogspot.com, 2024).Assai più rilevanti potranno invece rivelarsi le affermazioni della Corte in merito all’indiscussa facoltà riconosciuta ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi beneficiari della protezione temporanea di richiedere ed ottenere una delle altre due forme di protezione internazionale: status di rifugiato o protezione sussidiaria (punto 82). Tale aspetto, in particolare, potrà assumere una certa pregnanza nel momento in cui il Consiglio deciderà di non prorogare il meccanismo di protezione temporanea per gli ucraini. In un simile scenario, assicurare un effettivo accesso alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale prima del termine di validità della protezione temporanea stessa (o al momento della sua cessazione) avrà un’importanza fondamentale al fine di evitare l’adozione di decisioni di rimpatrio potenzialmente illegittime.