L’immigrazione irregolare nel nuovo disegno di legge inglese: verso un’esternalizzazione delle procedure di asilo
Il 7 marzo 2023 il Secretary of State for the Home Department, Suella Braverman, ha presentato alla House of Commons un nuovo disegno di legge in materia migratoria, l’Illegal Migration Bill.
Il testo normativo attualmente in discussione, composto da 58 articoli e una scheda contenente un elenco di Paesi terzi sicuri, si prefigge, quale scopo, quello di «prevent and deter unlawful migration, and in particular migration by unsafe and illegal routes, by requiring the removal from the United Kingdom of certain persons who enter or arrive in the United Kingdom in breach of immigration control» (art. 1(1)). Per raggiungere tal obiettivo, espressamente disapplica (con riferimento alle disposizioni contenute nell’Illegal Migration Bill) la sezione 3 dello Human Rights Act 1998 (art. 1(5)), la quale impone un’interpretazione e un’applicazione degli atti legislativi nazionali di rango primario e secondario in conformità ai diritti sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), di cui il Regno Unito è parte sin dal 1950.
Il disegno di legge istituisce, in particolare, una nuova modalità di espulsione dello straniero che abbia fatto ingresso o soggiorni irregolarmente sul suolo britannico, mediante un meccanismo di ricollocamento nel suo Stato di origine (se considerato “sicuro”) o in un altro paese terzo ritenuto “sicuro”. L’eventuale domanda di asilo potrà essere presentata e sarà presa in carico solo dalle autorità dello Stato in cui il migrante è stato ricollocato, venendo, al contrario, dichiarata «inammissibile» dalle autorità inglesi ogniqualvolta sia loro proposta.
Viene, inoltre, introdotto un nuovo obbligo a carico del Secretary of State for the Home Department: il duty to make arrangements for removal, in forza del quale il Ministro dell’Interno (Secretary of State for the Home Department) sarà tenuto alla conclusione di accordi con paesi terzi, finalizzati all’allontanamento dal Regno Unito di qualsiasi persona che rispetti cumulativamente le quattro condizioni definite dall’art. 2 dell’Illegal Migration Bill. In termini generali, il migrante deve essere giunto irregolarmente sul territorio nazionale successivamente al 7 marzo 2023, cioè deve risultar sprovvisto di un valido titolo d’ingresso (a seconda dei casi, esso viene designato come leave to enter, entry clearance o electronic travel authorisation) o aver fatto ingresso in violazione di un deportation order, provenendo da uno Stato considerato “sicuro” (un paese, in cui, ai sensi dell’art. 2(4), la vita e le libertà personali non sono minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per opinione politica), e non deve disporre di un permesso di soggiorno per rimanere sul suolo inglese.
Rappresentando l’ultimo tassello di una strategia di graduale inasprimento della normativa in materia migratoria e d’asilo adottata dagli esecutivi post-Brexit, il disegno di legge viene proposto a poco più di tre mesi dal primo discorso dell’anno del Prime Minister Rishi Sunak, tenutosi il 4 gennaio 2023, in cui il contrasto all’immigrazione irregolare figurava tra le cinque priorità della nuova agenda politica governativa, nonché a poco meno di un anno di distanza dalla promulgazione, in data 28 aprile 2022, del Nationality and Borders Act 2022 e dalla firma, avvenuta il 13 aprile 2022, del controverso Memorandum of Understanding (MoU) tra il Regno Unito e il Rwanda, che predispone il trasferimento coattivo in territorio rwandese di tutti i migranti giunti irregolarmente in terra britannica a partire dal 1° gennaio 2022 affinché abbia ivi luogo la procedura di esame delle domande di asilo inoltrate, in assenza di un meccanismo volto a consentire un eventuale rientro, nel Regno Unito, di quanti ammessi allo status di rifugiato dall’autorità rwandese.
L’«ossessione», così definita da Suella Braverman in una convention dei Tories, di voler vedere decollare un aereo verso lo Stato rwandese riceve, con la nuova proposta legislativa, un’accelerazione nella sua realizzazione. Essa, perciò, si pone in continuità con l’indicazione programmatica degli ultimi Governi conservatori, nonchè in linea con il tenore di una recente pronuncia emessa il 19 dicembre 2022 dall’High Court inglese, la quale ha stabilito che è lecito per il Governo nazionale concludere accordi internazionali idonei al trasferimento dei richiedenti asilo in Rwanda. Tale approccio aveva, tuttavia, subito una momentanea battuta di arresto: il 14 giugno 2022 la Corte EDU aveva, difatti, bloccato, in sede cautelare, il decollo del primo volo disposto per il Rwanda mediante l’applicazione dell’art. 39 del suo regolamento, constatando che la qualificazione dello Stato africano come Paese terzo sicuro sollevasse gravi e fondate incertezze e che fosse assente, nel MoU, qualsiasi meccanismo giuridicamente applicabile per il ritorno del ricorrente nel Regno Unito in caso di esito positivo del suo ricorso dinanzi ai tribunali britannici.
Al suo mero annuncio l’Illegal Migration Bill ha suscitato molteplici critiche.
Anzitutto, considerati i rilevanti ostacoli di natura pratica (difficoltà di stipulare accordi di riammissione, di rendere effettivi i trasferimenti in Rwanda ed, in generale, di attuare i rimpatri, dati gli elevati costi associati), è stato manifestato scetticismo nei confronti del disegno di legge, il cui stesso tenore letterale darebbe adito a strumentali criminalizzazioni della figura del migrante in ragione della sola irregolarità del soggiorno. Sebbene il disegno di legge voglia creare un tangibile effetto deterrente mediante l’esternalizzazione delle procedure di asilo di tutti i migranti in posizione irregolare, gli strumenti proposti dal Governo non sono supportati da prove dimostratesi valide e inconfutabili quanto all’idoneità rispetto al perseguimento di tale scopo e suscitano perplessità in merito ad una ragionevole proporzione tra costi e benefici, richiedendo una concreta e ingente spesa pubblica per la realizzazione. Anzi, prendendo come campione le 45.755 persone giunte, sul suolo inglese via mare, in modo irregolare nel 2022, il Refugee Council ha stimato che il 60% delle richieste di asilo presentate sarebbe, con certo grado di probabilità, destinato a una definizione in accoglimento dai tribunali britannici, poiché queste ultime riguarderebbero, nella maggior parte dei casi, migranti originari di Stati notoriamente insicuri per la presenza di conflitti armati e/o di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, come l’Afghanistan, Iran, Siria, Eritrea e Sudan, i cui rimpatri risulterebbero, pertanto, inattuabili.
Come ha ammesso la stessa Segretaria di Stato, il testo normativo attualmente in discussione «pushes boundaries of international law». È di tutta evidenza come la legislazione sollevi rilevanti profili di incompatibilità con gli obblighi internazionali in materia di asilo, oltre che con il principio di non refoulement: «la legislazione, se approvata, equivarrebbe a un divieto di asilo», negando la protezione a molti richiedenti asilo col dichiarare, in via preliminare e con intransigente automatismo, «inammissibile» l’eventuale domanda presentata sul suolo inglese in ragione della sola irregolarità nell’ingresso o nel soggiorno, ha posto in luce UNHCR in un proprio parere sulla proposta. L’Agenzia ha, altresì, precisato che, se è vero che il diritto internazionale non impone ai rifugiati di presentare la domanda di asilo alle autorità del primo Stato di approdo, i trasferimenti effettuati dal Paese ospite verso lo Stato di origine o un Paese terzo sicuro possono essere consentiti solo se lo Stato di destinazione rispetti determinate soglie di sicurezza e di protezione, nonché la Convenzione sui rifugiati del 1951, il cui ampio ventaglio di tutele non potrebbe dirsi soddisfatto dal deficitario sistema di accoglienza messo a punto dallo Stato rwandese.
Il testo in approvazione si aggiunge così alla normativa vigente nel Regno Unito, che attualmente risulta essere fortemente limitativa e significativamente repressiva dei diritti fondamentali dei migranti.
Rilievi critici sono stati espressi dalla Commissaria per gli Affari Interni, Ylva Johansson, a margine del Consiglio europeo del 9 marzo 2023. Se approvata, peraltro, la nuova legge costituirebbe un pericoloso precedente, potendo indurre altri Stati ad esternalizzare la procedura di asilo, mediante il trasferimento delle proprie responsabilità internazionali a Paesi terzi, che non sono in grado di assicurare idonee garanzie del sistema di asilo. Tale criticità diviene tanto più attuale e concreta con riferimento al caso danese, il primo Stato membro dell’UE che, mediante l’approvazione della l. n. 226/2021, ha modificato la propria disciplina in materia migratoria, consentendo il trasferimento dei richiedenti asilo presenti sul suolo nazionale in un Paese terzo (con il quale la Danimarca deve aver previamente stipulato un accordo) per l’esame della propria domanda. Nel settembre 2022 le autorità danesi e rwandesi hanno firmato una dichiarazione per rafforzare la cooperazione nel settore dell’immigrazione e dell’asilo, collaborazione temporaneamente sospesa nel gennaio 2023, in considerazione di una possibile soluzione europea.
L’eventuale rischio di un fallimento nella riforma del sistema di immigrazione e asilo europeo (attualmente in discussione) potrebbe, così, condurre altri Stati membri, pervasi da un dilagante sovranismo, verso un inasprimento delle singole politiche migratorie e l’istaurazione di analoghe pratiche, mentre altri Stati extra-UE, come l’Australia e Israele, potrebbero essere indotti a rinvigorire i propri modelli di esternalizzazione, avendo, nel recente passato, strutturato approcci piuttosto simili rispetto a quelli perseguiti, al momento, dalla Danimarca e dal Regno Unito.