Libertà di circolazione e soggiorno, rispetto della vita privata e familiare e riconoscimento del nome e dell’identità di genere ottenuti all’estero: la sentenza della Corte di giustizia nel caso Mirin

Il contributo ha ad oggetto la recente sentenza Mirin, nella quale la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla questione relativa alla sussistenza di un obbligo da parte di ciascuno Stato membro di riconoscere ed annotare nei propri atti di stato civile la modifica dell’identità di genere ottenuta dai propri cittadini in un altro Stato membro. Il contributo, in particolare, analizza sinteticamente la sentenza alla luce della giurisprudenza della Corte in tema di circolazione degli status personali e familiari nell’Unione europea. L’analisi mira ad illustrare i chiarimenti operati dalla Corte sull’obbligo di riconoscimento in capo a ciascuno Stato membro degli status personali acquisiti dai cittadini negli altri Stati membri, nell’esercizio della propria libertà di circolazione e soggiorno e sulla sua applicabilità anche all’ulteriore elemento dell’identità personale di un soggetto, quale l’indicazione relativa al suo genere; si focalizza poi sulla rilevanza attribuita dalla Corte al diritto alla vita privata e familiare, nella sua specifica declinazione del diritto all’identità sessuale delle persone transessuali; infine, mette in luce le questioni lasciate aperte dalla sentenza, e in particolare quella relativa alle conseguenze del riconoscimento della modifica dell’identità di genere sugli atti di stato civile diversi da quello di nascita dell’interessato (quali in particolare l’atto di matrimonio o l’atto di nascita dei figli).

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The paper deals with the recent Mirin judgment, in which the ECJ ruled on the question of whether each Member State is obliged to recognise and enter in its civil status records the change of gender identity obtained by its citizens in another Member State. In particular, the article briefly analyzes the judgment in the light of the ECJ’s case-law on the free movement of personal and family status within the European Union. The analysis aims to illustrate the Court’s clarification of the obligation for each Member State to recognise the personal status acquired by citizens in other Member States when exercising their freedom of movement and residence, and its applicability to the element of personal identity of gender identity; it then focuses on the relevance attributed by the Court to the right to private and family life and to the related right to sexual identity of transsexual persons; Finally, it highlights the questions left open by the judgment, in particular those relating to the consequences of the recognition of the change of gender identity obtained on civil status documents other than the birth certificate of the person concerned (such as, in particular, the marriage certificate or the birth certificate of the children).

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