L’avvio dell’operazione congiunta Tritone: servirà ad evitare nuove tragedie?
Ha preso il via il 1° novembre l’operazione congiunta di Frontex “Tritone”. Tritone non si sostituisce a Mare nostrum, iniziativa avviata unilateralmente dell’Italia all’indomani dei tragici fatti dell’ottobre 2013 in cui persero la vita oltre 300 migranti nelle acque adiacenti all’isola di Lampedusa, ma di fatto segna il progressivo ridimensionamento dell’impegno italiano nel controllo dell’immigrazione via mare e nel salvataggio di vite umane. I numeri di questa operazione, considerata senza precedenti, sono in effetti notevoli: più di 100 mila le persone soccorse e messe in salvo da ottobre 2013 ad ottobre 2014. Nonostante gli enormi sforzi, non sono mancate le vittime nelle acque del Mediterraneo: circa 500 persone sono state rinvenute decedute e 1.500 quelle che risultano essere disperse. Sono però stati arrestati oltre 700 scafisti.
Pur essendo previsto un periodo di avvicendamento tra le autorità italiane e Frontex, Mare nostrum cesserà le proprie attività in concomitanza con l’avvio dell’operazione congiunta (con ciò suscitando vive preoccupazioni di molte organizzazioni umanitarie). Le differenze tra le due operazioni sono, infatti, significative: Mare nostrum operava fino in acque internazionali con un costo (ritenuto ormai insostenibile dal governo italiano) di oltre nove milioni di euro al mese e l’impiego di circa un migliaio di militari e numerosi mezzi aeronavali (tra cui una nave anfibia e due navi corvette). Ben diversa la portata dell’operazione Tritone, destinata ad operare nel Mediterraneo centrale, per quanto riguarda l’Italia non oltre le trenta miglia marittime dalla costa, con un budget mensile di poco meno di tre milioni di euro e personale e mezzi aeronavali sensibilmente più ridotti (solo 65 le persone coinvolte, oltre a tre navi d’altura, due navi di pattuglia costiera, due motovedette, due aerei e un elicottero) messi a disposizione da 21 Stati membri.
L’operazione congiunta è stata richiesta dal governo italiano che ha fortemente auspicato una condivisione degli oneri con gli altri Stati membri. Ma, si deve sottolineare, allo stato attuale il controllo delle frontiere rimane una responsabilità degli Stati membri e a Frontex è demandato solo il ruolo di assicurare la gestione della cooperazione operativa. I crescenti arrivi via mare degli ultimi anni, con un numero considerevole di vittime, sollevano interrogativi pressanti in merito all’adeguatezza del quadro operativo in vigore al fine di evitare il ripetersi di tragedie.
Condivido le perplessità espresse dalla Prof. Alessia Di Pascale. Sulla stessa “lunghezza d’onda”, mi permetto, sommessamente, qui di ribadire succintamente (poiché, evidentemente, ho già avuto modo di manifestare più compiutamente il mio pensiero) che tali perplessità potrebbero essere superate attraverso la divulgazione quantomeno dei “dettagli” concernenti i profili dedicati alla ricerca ed al soccorso, unitamente, al profilo strettamente connesso relativo allo sbarco delle persone soccorse, entrambi (aspetti) necessariamente contemplati nel piano operativo (dell’operazione marittima), posto che si tratta della prima operazione congiunta di sorveglianza che prevede l’“osservanza” della disciplina contenuta nel Regolamento (UE) n. 656/2014 (in GUUE n. L 189 del 27 giugno 2014, p. 93 ss.) relativo (appunto) alla «sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea».