L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato solleva problematiche concorrenziali derivanti dall’abrogazione del comma 2-quater dell’art. 8 della legge n. 287/1990

  1. Lo scorso 11 settembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di qui in poi AGCM) ha rivolto a Governo e Parlamento, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/1990, alcune osservazioni in merito all’art. 10, comma 2, del decreto legge n. 113 del 9 agosto 2024, recante “Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, che dispone l’abrogazione del comma 2-quater dell’art. 8 della legge n. 287/1990. Al dichiarato fine di “garantire pari opportunità di iniziativa economica”, tale ultima disposizione, introdotta dall’art. 11 della legge n. 57 del 5 marzo 2001 (“Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”), impone alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale (SIEG) ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, qualora rendano disponibili a società da esse partecipate o controllate nei mercati diversi da quelli riferibili al SIEG o al monopolio beni o servizi, anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte per la gestione dei SIEG, di rendere accessibili tali beni o servizi, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti che ne facciano richiesta.
  2. Tale norma ha fin qui trovato, per la verità, una limitata applicazione. Con il provvedimento n. 25795 (SP157 – H3G/Condotte Poste Italiane e Postemobile), del 16 dicembre 2015, l’AGCM aveva accertato a carico di Poste Italiane una violazione di detto obbligo per aver essa omesso di offrire, dietro esplicita richiesta, a H3G, concorrente di Poste Mobile (controllata di Poste Italiane), l’accesso a condizioni equivalenti ai beni e ai servizi di cui Poste Italiane aveva la disponibilità assoluta in dipendenza delle attività rientranti nel servizio postale universale (la rete degli uffici postali, la fornitura di servizi professionali per la distribuzione/commercializzazione del servizio e dei servizi a quest’ultimi propedeutici). Il provvedimento in parola, con cui si era altresì ordinato a Poste Italiane di astenersi in futuro dal porre in essere analoghi comportamenti, era stato poi impugnato dinnanzi al Tar del Lazio (sez. I, Roma) che ne aveva confermato la legittimità con la pronuncia del 28/09/2016, n. 9965. È, invece, recentissima l’adozione, nella sua adunanza del 16 luglio 2024, del provvedimento n. 31280 (SP182 – Poste Italiane/Fornitura energia elettrica e gas) con il quale l’AGCM ha accertato, ancora nei confronti di Poste Italiane, la violazione dell’art. 8, comma 2-quater della legge n. 287/1990 non avendo quest’ultima consentito ad A2A e a Iren, che ne avevano fatta richiesta, di accedere alla propria rete postale per commercializzare offerte di servizi di vendita al dettaglio di energia elettrica e di gas naturale e porsi, così, in condizioni equivalenti a quelle invece offerte a PostePay, controllata di Poste Italiane, attiva con l’offerta Poste Energia nel mercato della vendita al dettaglio di energia elettrica e gas naturale e, dunque, concorrente di A2A e Iren.
  3. Rinviando anche alla citata sentenza del Tar del Lazio, nella sua segnalazione l’AGCM sottolinea ratio e finalità dell’art. 8, comma 2-quater della legge n. 287/1990, disposizione introdotta dal legislatore “allo specifico scopo di riequilibrare il particolare vantaggio che il titolare di un SIEG o di un monopolio legale può riconoscere alle proprie controllate nei mercati collegati mettendo loro a disposizione gli asset utilizzati per la gestione del SIEG/monopolio” e, dunque, volta nella sostanza a garantire “il level playing field tra i concorrenti attivi in tali mercati collegati”. L’abrogazione disposta dal decreto legge n. 113/2024, in definitiva, è perciò “idonea a recare un importante vulnus al dispiegarsi delle necessarie dinamiche concorrenziali nei mercati in cui sono attive società partecipate o controllate da imprese che gestiscono SIEG o operano in regime di monopolio, in contrasto con il principio di libera concorrenza di cui all’articolo 41 della Costituzione”. Più specificamente, poi, l’AGCM evidenzia come l’abrogata disposizione svolga un’importante funzione, per così dire, orizzontale esprimendo un principio generale destinato a trovare applicazione in ogni disciplina settoriale e, evidentemente, in particolare nel contesto di quelle che finora non l’abbiano espressamente recepito come i regimi sul servizio idrico integrato, sull’illuminazione pubblica, sull’igiene urbana, sul teleriscaldamento e sul servizio universale postale.
  4. Alle chiarissime argomentazioni dell’AGCM, di per sé del tutto sufficienti, a giudizio di chi scrive, a indurre il Parlamento a un ancora possibile e opportuno ripensamento, potrebbe forse aggiungersi una duplice riflessione ulteriore. In primo luogo, occorre mettere in evidenza che l’effetto pratico più rilevante di questa intervenuta abrogazione consiste nell’abbandonare l’utile approccio preventivo, voluto dal legislatore del 2001, nella gestione delle alterazioni della concorrenza nel contesto di situazioni di mercato così complesse come quelle de quibus. In futuro, allora, non si potrà che tornare all’applicazione dei soli rimedi, di carattere ex post, di cui al diritto della concorrenza; qui, in particolare, alla fattispecie di abuso di posizione dominante (ai sensi dell’art. 102 TFUE o dell’art. 3 della legge n. 287/1990). I presupposti di applicazione di queste ultime disposizioni e dell’art. 8, comma 2-quater della legge n. 287/1990, tuttavia, sono differenti: maggiormente restrittivi per le prime; più ampi per il secondo, come ricordato anche dalla stessa AGCM nel provvedimento n. 31280 con riferimento, ad esempio, alla circostanza che gli asset in questione debbano (rispetto all’applicabilità dell’art. 102 TFUE/art. 3 della legge n. 287/1990) oppure no (rispetto all’applicabilità dell’art. 8, comma 2-quater della legge n. 287/1990) essere ritenuti essenziali per operare nei mercati interessati. In altri termini, l’effetto potrà dunque anche essere quello di non poter davvero applicare a tali operatori economici i divieti di cui alla disciplina della tutela della concorrenza (europea o nazionale).

Dall’altro lato, l’abrogazione in parola potrebbe anche configurare, di per sé, una violazione delle libertà economiche del mercato interno, diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi in particolare. Lungi, infatti, dal poterla ritenere giustificata alla luce dell’art. 106, par. 2, TFUE, tale misura dispone, a evidente vantaggio delle imprese incaricate della gestione di SIEG/monopoliste, l’abrogazione di una norma, come ben ricordato tanto dall’AGCM quanto dal Tar del Lazio, pro-concorrenziale volta a garantire il più possibile l’accesso ai mercati a valle rispetto a quelli ove tali imprese operano, a vantaggio di potenziali concorrenti, anche di altri Stati membri dell’Unione, delle società da quelle partecipate e controllate già presenti su tali mercati. In effetti, da un lato, il generale principio di leale cooperazione, come noto, impone agli Stati membri dell’Unione anche di astenersi dal porre in essere condotte che possano “mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione” (art. 4, par. 3, TUE); dall’altro lato, l’abrogazione in parola ben integra, ai sensi della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia, quella misura nazionale che renda meno attraente l’esercizio del diritto di stabilimento e della libera prestazione dei servizi ritenuta un ostacolo illegittimo a tali libertà fondamentali e, dunque, una violazione degli artt. 49 e 56 TFUE. Del resto, infine, come pare di potersi dedurre anche da recenti prese di posizione della Corte costituzionale, come l’ordinanza n. 35/2024 e la sentenza n. 36/2024, l’appena ricordata incompatibilità comunitaria comporterebbe, contestualmente, anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del decreto legge n. 113/2024 e dell’abrogazione che essa prevede, per contrasto con l’art. 41 Cost. (come del resto espressamente affermato dall’AGCM nella segnalazione in discorso) e, più in generale, con l’art. 117, comma 1, Cost.

 

 


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