La salvaguardia dei diritti di soggiorno dei cittadini dell’Unione nei negoziati per la Brexit

1. L’impatto del recesso sulla cittadinanza dell’Unione.

Il recesso del Regno Unito dall’Unione europea avrà un sicuro impatto sulla libera circolazione delle persone, sotto diversi profili. Sul piano dello sviluppo del diritto dell’Unione, infatti, non bisogna dimenticare che numerose pronunce della Corte di giustizia che costituiscono capisaldi della materia sono state rese su rinvio pregiudiziale di giudici del RU oppure di giudici di altri Stati membri aditi da cittadini del RU. Basti pensare alle sentenze Van Duyn (4 dicembre 1974, 41/74), sugli effetti diretti delle direttive che impongono obblighi di non facere, in quel caso relativi alle garanzie sostanziali nell’adozione di provvedimenti di allontanamento, e Antonissen (26 febbraio 1991, C-292/89), sul diritto di soggiorno delle persone in cerca di occupazione, nonché Lawrie-Blum (3 luglio 1986, 66/85), ancora oggi leading case per la definizione della nozione di lavoratore, e Reed (17 aprile 1986, 59/85), sulla non discriminazione del lavoratore migrante nell’accesso ai vantaggi sociali, esteso al ricongiungimento familiare con il partner non sposato.

Sul piano pratico, con il recesso del Regno Unito cesserà di essere Stato membro dell’Unione e di conseguenza e tale cambiamento avrà un impatto immediato e diretto sulla cittadinanza dell’Unione, attribuita a chiunque sia cittadino di uno Stato membro e invocabile nei confronti degli Stati membri. Se questa è una perdita potenziale per tutti i cittadini degli Stati membri, toccherà in modo specifico un più ristretto numero di persone, coloro che, alla data del recesso, soggiornano nel RU o nell’UE-27. Da un lato, i cittadini del Regno Unito che soggiornano nell’UE-27 cesseranno di essere cittadini dell’Unione (anche se potranno continuare a godere di alcuni diritti che pur essendo connessi alla cittadinanza dell’Unione, sono in realtà invocabili da chiunque risieda nell’Unione), dall’altro, i cittadini degli Stati membri che soggiornano nel RU cesseranno di poter invocare nel Regno Unito i diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione. C’è però un gruppo di cittadini del Regno Unito che sfuggirà a questo destino e potrà conservare la cittadinanza dell’Unione. Si tratta dei people of Northern Ireland, ai quali sarà consentito di mantenere sia la cittadinanza del Regno Unito, sia quella dell’Irlanda (e per questa via, la cittadinanza dell’Unione), in base agli accordi del Venerdì Santo del 10-4-1998, che si vogliono preservare (v. il position paper del RU, Northern Ireland and Ireland, 16-8-2017, e i Guiding principles for the Dialogue on Ireland /Northern Ireland, TF50 (2017) 15, 6-9-2017 per l’UE-27).

Con la perdita della cittadinanza dell’Unione o dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, il titolo del soggiorno di tali persone rischia di mutare, in peggio, se non sarà elaborato un regime per salvaguardare uno degli aspetti più qualificanti connessi a tale status, cioè la sicurezza della residenza. RU e UE-27 concordano che la salvaguardia dei diritti di soggiorno dei cittadini dell’Unione residenti nel RU e dei cittadini del RU residenti nell’UE-27 deve essere assicurata dopo il recesso e sarà oggetto dell’accordo di recesso.

L’importanza del tema in esame è chiara a tutte le parti coinvolte, tanto che è considerato la “prima priorità” dei negoziati di recesso attualmente in corso. Esso, insieme alla definizione degli impegni finanziari e alla questione dell’Irlanda del Nord, costituisce oggetto della prima fase dei negoziati di recesso. Solo in caso di progressi significativi su tali temi, sarà possibile passare alla seconda fase dei negoziati e all’avvio delle discussioni sulle future relazioni.

Questione connessa, ma diversa, è quella del regime applicabile ai cittadini dell’Unione (o del RU) che volessero trasferirsi nel RU (o nell’UE-27) dopo il recesso. Non è materia del negoziato di recesso ed è improbabile che sarà regolata dall’accordo sulle future relazioni, a meno che la posizione del RU cambi nel frattempo. Infatti, la volontà di riprendere il controllo dell’immigrazione, comprensiva della libera circolazione delle persone, ha avuto una parte non indifferente nelle motivazioni dei Brexiters. Allo stato, il governo ha rinunciato alla partecipazione futura al mercato interno, per esempio attraverso l’adesione all’accordo sullo Spazio economico europeo, proprio per non dovere accettare la libera circolazione delle persone. Il regime a cui il RU subordinerà l’ingresso e il soggiorno dei cittadini dell’Unione non è ancora stato tratteggiato, se non per la probabile richiesta di permessi di soggiorno per lavoro e la possibile definizione di quote di ammissione.

2. Le posizioni delle parti nei negoziati per l’accordo di recesso.

RU e UE-27 non hanno ancora raggiunto un accordo sulla preservazione dei diritti di soggiorno. Le posizioni delle parti sono note. Per l’Unione europea, è ricavabile dagli orientamenti del Consiglio europeo del 29-4-2017 (punto 8), dalle direttive di negoziato del Consiglio del 22-5-2017 (punti 20-22), dal position paper della Commissione del 12-6-2017. Il Parlamento europeo ha adottato due risoluzioni in cui chiarisce la sua posizione sul punto (risoluzione del 5-4-2017, punto 18, risoluzione del 3-10-2017, punti 3-7). La posizione negoziale del RU è più difficile da ricostruire, perché pur in presenza di molti documenti pubblicati, non ne è chiara la natura e la funzione. Il discorso di Theresa May a Lancaster House del 17-1-2017 definisce gli obiettivi negoziali del RU (così lo qualifica la stessa May nel discorso di Firenze del 22-9-2017), poi specificati nel Libro Bianco del 2-2-2017. Nel giugno 2017, poi, è stato pubblicato il documento intitolato Safeguarding the Position of EU Citizens Living in the UK and UK Nationals Living in the EU, che illustra le idee del RU in materia, che potrebbero costituire oggetto di un regime unilaterale, qualora i negoziati con l’UE-27 non dovessero concludersi positivamente. Il documento più utile per capire le diverse posizioni delle parti è la tabella che sintetizza e compara le posizioni negoziali, pubblicata sul sito dedicato alla Brexit (https://europa.eu/newsroom/highlights/special-coverage/brexit_en). L’ultima versione disponibile, quella che sarà oggetto di commento, risale al 28-9-2017, al termine del quarto incontro negoziale.

Come già detto, le parti condividono l’obiettivo: garantire dopo il recesso i diritti dei cittadini dell’Unione che hanno esercitato la libera circolazione delle persone a quella data. Concordano inoltre che si tratterà di un regime speciale di cui i beneficiari godranno a vita. Le differenze, però, sono assai significative e attengono sia alla natura di tale regime speciale, sia al suo contenuto.

Quanto alla natura del regime, il Regno Unito ha accettato che l’accordo di recesso sia direttamente applicabile e sia interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, ma continua a rifiutare la competenza della Corte ad interpretarlo. Per l’Unione, invece, mantenere la competenza della Corte, compresa la competenza in via pregiudiziale, è essenziale. La questione non è marginale (e non è neppure limitata ai diritti dei cittadini, ma investe l’intero accordo di recesso), perché il ruolo della Corte non ha bisogno di essere ricordato, sia perché assicura l’uniformità dell’applicazione del diritto dell’Unione, sia per la funzione creativa che essa ha spesso avuto. Questi temi, proprio per il loro carattere generale, sono oggetto di discussione nell’ambito del gruppo di lavoro sulla governance dell’accordo.

Quanto al contenuto, l’attenzione sarà concentrata su alcuni aspetti che rivestono – a detta di chi scrive – particolare interesse.

Un primo aspetto riguarda l’identificazione dei beneficiari. Le parti concordano che si tratta delle persone che risiedono alle condizioni previste dalla direttiva 2004/38, e dei loro familiari, come definiti dalla direttiva stessa, che risiedono con il beneficiario. Sono poi menzionate come beneficiari coloro che risiedono in base all’art. 21 TFUE, anche se non è specificato, né emerge in modo chiaro, quale sia la portata della previsione. Per esempio, non è chiaro se chi risiede come lavoratore, ma non alle condizioni della direttiva 2004/38 (si v. la sentenza 19 giugno 2014, C-507/12, Saint-Prix, per esempio – tra l’altro resa su rinvio di un giudice del RU – che ancora all’art. 45 TFUE il diritto di soggiorno di una lavoratrice che ha cessato di lavorare nei mesi finali della gravidanza), rientra nella categoria di coloro che risiedono ai sensi dell’art. 21 TFUE. Di regola la Corte si riferisce all’art. 21 solo se non è applicabile una disposizione più specifica, quale l’art. 45 TFUE. Sono poi salvaguardati i diritti del minore a proseguire l’istruzione, per il periodo dell’istruzione, con riferimento ai casi Chen (19 ottobre 2004, C-200/02) e Teixeira (23 febbraio 2010, C-480/08). Però il caso Chen non riguarda i diritti all’istruzione del figlio – in quel caso ancora neonato – ma il diritto di soggiorno della madre, cittadina di un paese terzo, perché mette a disposizione del figlio, cittadino dell’Unione, le risorse per il soggiorno. Il caso Teixeira riguarda invece il diritto di soggiorno del figlio iscritto a scuola del lavoratore migrante che non vive più con lui, e il suo corollario, cioè il diritto del genitore affidatario di soggiornare per consentire al figlio di terminare il percorso di formazione. Tale principio è stato in realtà espresso nel precedente caso Baumbast e R (17 settembre 2002, C-413/99), ma appare significativo che sia menzionato il caso Teixeira in cui, a differenza del precedente, il genitore non aveva risorse per mantenersi. Il silenzio sulla sentenza gemella Ibrahim (23 febbraio 2010, C-310/08) lascia però incerto se il genitore affidatario debba essere cittadino dell’Unione (come era la signora Teixeira) o meno (come era la signora Ibrahim: la Corte non fa discendere diverse conseguenze dalla diversa nazionalità del genitore). Però, la menzione al caso Chen e il connesso riconoscimento del diritto di soggiorno del genitore, cittadino di paese terzo, depone a favore della preservazione del diritto di soggiorno del genitore, cittadino di paese terzo, del minore scolarizzato.

Ancora oggetto di disaccordo è la data rilevante per individuare i beneficiari. Per l’UE-27 si tratta della data del recesso, per il RU di una data (specified date) non precedente al 29-3-2017 (data della notifica della decisione di recesso) e il 29-3-2019 (data del recesso). Maggiori dettagli sulla posizione del RU si possono ricavare dal Libro Bianco di giugno.

Contrasti sussistono inoltre circa il ricongiungimento familiare dopo il recesso e lo status dei futuri membri della famiglia. L’UE-27 vorrebbe che il cittadino dell’Unione continuasse a godere del regime del ricongiungimento familiare dettato dalla direttiva 2004/38 anche dopo il recesso, mentre il RU vorrebbe applicare lo stesso trattamento previsto per i cittadini del RU oppure la normativa che sarà applicabile ai cittadini dell’Unione che faranno ingresso dopo la specified date. Il carattere non discriminatorio rispetto ai nazionali del trattamento proposto non deve trarre in inganno: il RU, infatti, è uno di quegli Stati in cui il ricongiungimento familiare dei propri cittadini è assoggettato a condizioni più severe del ricongiungimento familiare dei cittadini dell’Unione.

Per quanto riguarda il trattamento dei beneficiari, le parti concordano nel voler assicurare la sicurezza della residenza attraverso l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, quale definito dalla direttiva 2004/38, dopo cinque anni di soggiorno legale e continuativo. I contrasti riguardano l’ultimo dies a quo possibile (per l’UE-27, ogni soggiorno iniziato prima del recesso, per il RU, solo quelli iniziati prima della specified date), la funzione dei documenti che attestano lo status (dichiarativa per l’UE-27, necessaria per poter lavorare per il RU), le procedure amministrative (l’UE-27 insiste per l’applicazione delle procedure attuali, il RU non ha ancora definito come intende organizzare il procedimento), i controlli sui precedenti penali dei richiedenti, che l’UE-27 vorrebbe non sistematici, mentre il RU intende compiere in relazione ad ogni singola richiesta, imponendo al richiedente di dichiarare se ha precedenti penali), le garanzie procedurali (l’UE-27 vorrebbe si applicassero le garanzie previste dalla direttiva in caso di rifiuto del diritto di soggiorno, il RU non ha ancora preso posizione sul punto). Un ulteriore aspetto, che non è chiaro come sia affrontato, è quello della protezione contro l’espulsione per coloro che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente. In base alla direttiva 2004/38, costoro possono essere allontanati solo per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (art. 28, par. 2). Dopo dieci anni di residenza, la protezione è ulteriormente rafforzata e il cittadino dell’Unione può essere allontanato solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza (art. 28, par. 3, lett. a). Nessuna delle due disposizioni è richiamata espressamente nella tabella in commento. Una voce però riguarda i reati commessi dopo il recesso: per l’UE-27, si devono applicare le garanzie previste dalla direttiva circa le restrizioni per motivi di ordine pubblico e sicurezza pubblica, per il RU l’eventuale espulsione sarà regolata dalla legislazione sull’immigrazione. Però un cittadino dell’Unione può essere espulso anche per fatti che non costituiscono reato e sarebbe opportuno che le garanzie del diritto dell’Unione trovassero applicazione.

Contrasti sussistono inoltre per quanto riguarda la perdita del diritto di soggiorno permanente e i diritti connessi. È interessante notare che per questi aspetti il RU sembra più generoso nell’UE-27. In primo luogo, l’UE-27 insiste che il diritto si perda dopo due anni di assenza, mentre il RU propone soluzioni più flessibili, che comprendono la conservazione del diritto anche dopo assenze più lunghe, se permane un collegamento forte. Inoltre, il RU chiede che i cittadini UK che acquistano il diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro della UE-27 possano conservare anche il diritto di libera circolazione negli altri Stati membri, mentre l’UE-27 vorrebbe limitare il godimento di tali diritti al territorio dello Stato in cui sono stati acquisiti. In secondo luogo, il RU vorrebbe che fossero preservati anche altri diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, quelli di elettorato attivo e passivo nelle elezioni locali, mentre l’UE-27 ritiene che la questione debba essere lasciata alla decisione dagli Stati membri.

Un altro tema delicato è quello della esportabilità delle prestazioni di sicurezza sociale, segnatamente delle pensioni e delle prestazioni familiari. Si tratta di temi sensibili per il RU, la cui legislazione nazionale è meno favorevole di quella dell’Unione. In base alla tabella in commento, il RU ha accettato che le pensioni siano esportabili e oggetto di maggiorazione. Quanto alle altre prestazioni, mentre l’UE-27 chiede la continuazione dell’applicazione del regolamento 883/2004, il RU vuole limitare l’esportabilità alle prestazioni in essere alla specified date o, in alternativa, propone la parità di trattamento con i nazionali. Anche qui, la parità di trattamento comporta un peggioramento, perché l’esportabilità è dovuta al diritto dell’Unione (E. Guild, Brexit and Social Security in the EU, CEPS Commentary, 17-11-2016).

3. Cittadini dell’Unione e Unione.

Ci si può chiedere a quale titolo l’UE-27 agisca per tutelare i diritti dei cittadini dell’Unione che risiedono nel RU. Il Parlamento europeo si sente investito di questa responsabilità perché rappresenta tutti i cittadini dell’Unione (risoluzione del 5-4-2017, lett. C). Le altre istituzioni non hanno dato una spiegazione, ma non sembrano agire in nome e per conto degli Stati, ma motu proprio.

La domanda sorge perché il recesso è un fatto nelle mani degli Stati, che i cittadini dell’Unione subiscono, perché non ne è in alcun modo imposta la consultazione. Ma la cittadinanza dell’Unione supera la dimensione dello Stato, per esprimere un effettivo legame con l’Unione che li tutela proprio in quanto cittadini dell’Unione. Molto si discute se la cittadinanza dell’Unione esprima o meno un senso di appartenenza della persona all’Unione. Ma è anche vero il contrario, come la Brexit dimostra: l’Unione protegge i cittadini dell’Unione e ne tutela i diritti nei paesi terzi o in quelli che lo diventeranno. In questo senso, l’azione dell’Unione nell’ambito dei negoziati in corso è affiancabile all’azione condotta nei confronti degli Stati Uniti o di altri paesi terzi per ottenere la parità di trattamento per tutti i cittadini dell’Unione quanto alle condizioni per la concessione dei visti d’ingresso (sulla questione, si v. da ultimo sul tema la Comunicazione delle Commissione, COM/2017/227).

Se le istituzioni agiscono per tutelare i diritti dei cittadini dell’Unione, si comprende perché tra i beneficiari del regime oggetto di negoziazione non siano annoverate alcune categorie di persone che pure possono ricavare un diritto di soggiorno dal diritto dell’Unione. Si tratta dei beneficiari della giurisprudenza Surinder Singh (7 luglio 1992, C-370/90), Carpenter (11 luglio 2002, C-60/00) e Ruiz Zambrano (8 marzo 2011, C-34/09) (da notare che due casi su tre nascono da rinvii pregiudiziali di giudici del RU). L’elemento che unifica i tre gruppi consiste nel fatto che la Corte ha riconosciuto un diritto di soggiorno ai membri della famiglia di un cittadino dell’Unione nel suo Stato di residenza. In estrema sintesi, la giurisprudenza Surinder Singh fonda il diritto di soggiorno dei membri della famiglia del cittadino dell’Unione che ritorna nello Stato di origine dopo aver esercitato la libera circolazione soggiornando in un altro Stato membro; la giurisprudenza Carpenter riguarda i membri della famiglia del cittadino dell’Unione che non ha mai lasciato lo Stato in cui vive, nel caso in cui non concedere loro un diritto di soggiorno ostacolerebbe il cittadino dell’Unione nell’esercizio (potenziale o effettivo) del diritto di offrire in modo transfrontaliero le proprie prestazioni; la giurisprudenza Ruiz Zambrano avvantaggia i genitori del minore in tenera età, cittadino dello Stato in cui vive, se non concedere un diritto di soggiorno produce come conseguenza che il minore sia obbligato a lasciare il territorio dell’Unione per seguire i genitori. Oggi questa giurisprudenza è rilevante nel Regno Unito, perché i cittadini britannici sono cittadini dell’Unione. Persa tale qualifica, l’UE-27 non sembra avere interesse a proteggere i membri della famiglia di chi non è più cittadino dell’Unione (posto che di tale giurisprudenza non possono avvalersi nel RU i cittadini dell’Unione). I veri perdenti della Brexit saranno loro, le signore Carpenter, i signori Surinder Singh, le signore CS (dalle iniziali della ricorrente nella causa C-304/14, sulla scia della giurisprudenza Ruiz Zambrano).

L’UE-27 agisce come entità unica nella difesa dei suoi cittadini, ma si scompone nelle singole unità statali quando invece vengono in rilievo di diritti degli ex cittadini dell’Unione: l’UE-27 non ha accettato di garantire la mobilità intracomunitaria ai cittadini del RU, come del resto non la garantisce ai cittadini dei paesi terzi, pur legalmente residenti in uno Stato membro. L’Unione riconferma la sua natura polimorfe, unitaria verso l’esterno e composita all’interno.


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