La politica di sicurezza e difesa comune nell’Unione: il tempo delle scelte
Abstract
Il lavoro prova a fornire un’analisi giuridica della disciplina relativa alla politica di difesa e sicurezza comune al fine di comprendere se, nell’attuale contingenza geopolitica, e nella prospettiva di dover imprimere un rapido cambio di passo alla PSDC, vi siano reali ostacoli sistemici nel senso di una decisa accelerazione nell’attuazione di tale politica. Premessi un chiarimento sulla necessità di non confondere l’attuazione della PSDC con la creazione di forze armate europee, o di dover utilizzare forme di cooperazione rafforzata nel settore quale precondizione per agire, l’A. esclude l’esistenza di tali ostacoli, a legislazione primaria invariata, e senza alcun bisogno di intaccare i limiti di natura costituzionale interni. Per fare ciò, il lavoro affronta in modo analitico i profili suscettibili di risultare ostativi a un’efficace e rapida evoluzione della PSDC, quali quelli di ordine tecnico, operativo e finanziario. In primo luogo, vengono esaminate le norme sul mercato interno e le regole di concorrenza, le quali non ostano a un rafforzamento del comparto industriale nel settore, sia nel senso di consentire la creazione di campioni europei, anche mediante forme di concentrazione tra le imprese nazionali, sia nel senso di governare la disciplina delle pubbliche forniture onde orientare lo sviluppo di tecnologie europee standardizzate e interoperabili, quindi più efficienti a parità di spesa. L’articolo esamina quindi i profili concernenti il finanziamento della PSDC, rilevando le criticità dell’attuale sistema che pone in capo agli Stati membri i relativi oneri; propone quindi che la PSDC sia finanziata non soltanto all’interno del bilancio UE, ma anche con fonti diverse da quelle tradizionalmente usate per le risorse proprie dell’Unione: esse, infatti, essendo largamente composte dai contributi degli Stati in base al loro PIL (e quindi impattanti sugli obblighi di finanza pubblica imposti dalle norme UEM) risultano disincentivanti e incoerenti con gli obiettivi della PSDC, quali la sicurezza nazionale, i valori dell’Unione e la solidarietà tra i suoi membri. In tal senso, l’esperienza fatta con il Next Gen EU può essere replicata anche in funzione PSDC. Alla luce di quanto precede, e venendo agli ostacoli di natura politica, l’A. conclude la propria analisi evidenziando come le soluzioni win-win proposte facilitino in realtà le decisioni degli Stati al riguardo, tanto più perché molti progetti industriali “europei” possono essere attuati utilizzando basi giuridiche relative a politiche tradizionali previste dal TFUE, quindi a maggioranza degli Stati e col coinvolgimento del Parlamento europeo.
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The paper attempts to provide a legal analysis of the discipline related to the Common Defense and Security Policy in order to understand whether, in the current geopolitical contingency, and in the prospect of having to impart a rapid change of pace to the CSDP, there are real systemic obstacles in the way of a decisive acceleration in the implementation of this policy. Premised on a clarification of the need not to confuse the implementation of the CSDP with the creation of European armed forces, or the need to use enhanced forms of cooperation in the field as a precondition for action, the A. rules out the existence of such obstacles, with unchanged primary legislation, and without any need to affect domestic constitutional limits. To do so, the work analytically addresses the profiles likely to prove obstructive to the effective and rapid development of CSDP, such as those of a technical, operational and financial nature. First, the rules on the internal market and competition rules are examined, which do not preclude a strengthening of the industrial sector in the sector, both in the sense of allowing the creation of European champions, including through forms of concentration among national companies, and in the sense of governing the discipline of public supply in order to guide the development of standardized and interoperable European technologies, thus more efficient at the same cost. The article then examines the profiles concerning the financing of the CSDP, noting the critical aspects of the current system that places the relevant burdens on member states; it then proposes that the CSDP be financed not only within the EU budget, but also from sources other than those traditionally used for the Union’s own resources: they, in fact, being largely composed of the contributions of states based on their GDP (and thus impacting public finance obligations imposed by EMU rules) are disincentivizing and inconsistent with the objectives of CSDP, such as national security, the values of the Union and solidarity among its members. In this sense, the experience made with the Next Gen EU can be replicated in the CSDP function as well. In light of the above, and coming to the political obstacles, the A. concludes his analysis by pointing out how the proposed win-win solutions actually facilitate the states’ decisions in this regard, all the more so because many “European” industrial projects can be implemented using legal bases related to traditional policies provided for in the TFEU, thus by a majority of the states and with the involvement of the European Parliament.
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