Il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale nell’ambito della procedura accelerata in frontiera: il Tribunale di Catania fa (dis)applicazione del nuovo articolo 6 bis d.lgs. n. 142/2015 alla luce del diritto UE e delle norme costituzionali
1. Con una pronuncia del 29 settembre 2023, il Tribunale di Catania, in sede di convalida di un provvedimento di trattenimento disposto nei confronti di un richiedente asilo proveniente da un paese di origine sicuro presso il nuovo “Centro per il Trattenimento dei Richiedenti Asilo” di Pozzallo, si è occupato di esaminare l’art. 6 bis del d.lgs. n. 142/2015, introdotto al D.L. n. 20/2023 (convertito nella L. n. 50/2023), alla luce della normativa e della giurisprudenza europea e costituzionale. La pronuncia ha così avuto modo di affrontare, per la prima volta, la portata applicativa della nuova disciplina del trattenimento di richiedenti protezione internazionale nell’ambito della procedura accelerata in frontiera, concludendo per la contrarietà della normativa interna rispetto alle disposizioni di diritto UE e alla Costituzione (v. altresì i commenti di ASGI, S. Albano e per profili più strettamente penalistici P. Oddi).
Prima di affrontare il contenuto della pronuncia richiamata, si rendono necessarie le due seguenti precisazioni.
2. Innanzitutto, occorre considerare che l’art. 6 bis del d.lgs. n. 142/2015, frutto della novella legislativa in vigore dal 10 marzo 2023, ha segnato l’introduzione di una nuova ipotesi di trattenimento, rivolto al richiedente asilo “durante lo svolgimento della procedura in frontiera di cui all’articolo 28-bis, comma 2, lettere b) e b-bis), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25”, quando ciò si renda necessario per “accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato”. Si tratta, in sostanza, di una misura destinata a coloro che abbiano presentato una domanda di protezione internazionale direttamente alla frontiera o nelle zone di transito e che: a) siano stati fermati per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli (lett. b); ovvero b) siano provenienti da un paese designato di origine sicura. La norma citata stabilisce inoltre che il trattenimento possa essere disposto solamente in presenza di uno dei seguenti requisiti alternativi: la mancata consegna del passaporto o di un altro documento equipollente in corso di validità, oppure la mancata prestazione di una “idonea garanzia finanziaria”. Il trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6 bis citato, peraltro, deve avere una durata strettamente correlata alla procedura di frontiera in corso di svolgimento e, in ogni caso, non essere superiore a quattro settimane.
3. Inoltre, che cosa si debba intendere per “idonea garanzia finanziaria” e quale siano le relative modalità di presentazione è stato di recente definito dal Decreto Ministeriale del 14 settembre 2023 (GU Serie Generale n. 221 del 21-09-2023). In particole, la soglia di idoneità della garanzia è stata individuata nella misura di euro 4938,00 e, quanto alle modalità di prestazione, è stato stabilito che la stessa debba essere necessariamente prestata personalmente dall’interessato (non sarà ritenuta valida la garanzia prestata da terzi), in un’unica soluzione, mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa, entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico previste dal regolamento Eurodac (v. art. 9 del reg. cit.: “non appena possibile e in ogni caso entro 72 ore dalla presentazione della domanda di protezione internazionale”).
4. Venendo dunque all’iter argomentativo che ha condotto al rigetto della richiesta di convalida del trattenimento disposto ai sensi del nuovo art. 6 bis, è possibile prendere le mosse dai due principi fondamentali in tema di trattenimento, puntualizzati dal giudice competente nell’incipit della propria motivazione:
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Il primo, secondo cui il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda (v. art. 26 della direttiva 2013/32/UE) e, quindi, una persona non può essere trattenuta per il solo fatto di essere un richiedente protezione internazionale (v. art. 8, par. 1 della direttiva 2013/33/UE, recepito con l’art. 6, co. 1 del d.lgs. n. 142/2015).
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Il secondo, secondo cui il trattenimento non può che considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione.
Orbene, fissati tali principi, il giudice ha poi incentrato le proprie argomentazioni intorno a tre principali profili:
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Il contrasto dell’art. 6 bis cit. con la normativa europea in tema di trattenimento, con conseguente disapplicazione della disposizione nazionale, nel rispetto del primato del diritto UE.
Il giudice rinviene un’incompatibilità tra la nuova ipotesi di trattenimento introdotta dal D.L. n. 20/2023, che prescinde da una valutazione della situazione personale del soggetto interessato, e quanto previsto dagli articoli 8 (che regola, in generale, le modalità di trattenimento dei richiedenti asilo) e 9 (che regola le garanzie dei richiedente asilo trattenuti) della direttiva 2013/33/UE.
Tali disposizioni, infatti, lette anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (v. sentenza del 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU), richiedono che ogni provvedimento di trattenimento – che comunque non può essere giustificato dal solo fatto che il soggetto destinatario non sia in grado di provvedere alle proprie necessità (v. § 254 della sentenza citata) – sia debitamente motivato e corredato di una valutazione circa la necessità e la proporzionalità della misura disposta in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive.
Il giudice, invece, sembra constatare come la nuova forma di trattenimento sia foriera di un sostanziale automatismo applicativo, che trova spazio ogniqualvolta un richiedente asilo – cui sia applicata una procedura accelerata di frontiera – non sia in grado di prestare quella garanzia che, per importo e modalità, si può ritenere al di fuori della portata della maggior parte dei soggetti che giungono nel territorio dello Stato per richiedere protezione.
Su quest’ultimo punto, peraltro, puntualizza che la garanzia finanziaria di cui all’art. 6 bis del d.lgs. 142/2015, proprio in ragione degli standard di “idoneità” fissati dal D.M. di settembre (che possono considerarsi elevati per la maggior parte dei richiedenti asilo in fuga dal proprio Paese di origine), non può considerarsi una misura alternativa al trattenimento – quindi, ipoteticamente legittima in conformità dell’art. 8, par. 4 della direttiva 2013/33/UE –, ma, piuttosto, “un requisito amministrativo imposto al richiedente asilo prima di riconoscere lui i diritti previsti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”.
In definitiva, il giudice ritiene necessaria – mancando invero di una puntuale motivazione sul punto (che forse sarebbe stata necessaria) – una disapplicazione della disposizione nazionale per contrasto con il diritto dell’Unione europea.
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La violazione dell’art. 28 del d.lgs. n. 25/2008 e del combinato disposto degli articoli 43, par. 1, della direttiva 2013/32/UE (che disciplina le procedure di frontiera) e 8, par. 3, lett. c), della direttiva 2013/33/UE (che consente di disporre il trattenimento dei richiedenti asilo “per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio”).
Il giudice evidenzia come il provvedimento di trattenimento fondato sull’art. 6 bis cit. presupponga che il destinatario della misura abbia presentato una domanda di protezione internazionale esaminata tramite una procedura accelerata. Invero, l’applicazione di una siffatta procedura, secondo quanto previsto dall’art. 28 richiamato, non rappresenta un automatismo, ma presuppone una determinazione sul punto da parte del presidente della Commissione territoriale competente.
Considerando che un richiedente protezione internazionale proveniente da un paese di origine sicuro – la cui domanda potrebbe essere potenzialmente assoggettata ad una procedura accelerata – ha sempre la possibilità di invocare motivi personali che impediscono l’operatività della procedura di cui all’art. 28 bis del d.lgs. 25/2008, è da escludere che la decisione di trattenimento ex art. 6 bis cit. possa prescindere dalla determinazione prevista dall’art. 28 cit. quanto alla sussistenza dei requisiti per l’applicazione di una procedura accelerata. Diversamente, si giustificherebbe un trattenimento sulla base del mero dato della provenienza di un richiedente asilo da un paese di origine sicura.
Alle medesime conclusioni, peraltro, è possibile addivenire anche in forza del combinato disposto degli articoli 43, par. 1, della direttiva 2013/32/UE e 8, par. 3, lett. c), della direttiva 2013/33/UE, che consentono agli Stati membri di predisporre forme di trattenimento per decidere del diritto di ingresso di un richiedente asilo sul loro territorio nazionale, solamente quando ciò si renda necessario per assicurare l’effettività della procedura volta a valutare l’inammissibilità di una domanda di asilo, ai sensi dell’articolo 33 della direttiva 2013/32/UE, ovvero la sua infondatezza per uno dei motivi elencati all’articolo 31, paragrafo 8, di tale direttiva. Ergo, un trattenimento disposto in frontiera – come quello regolato dall’art. 6 bis – non può mai prescindere da una determinazione preliminare circa l’assoggettabilità della domanda di asilo, nel caso di specie, ad una procedura accelerata.
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La rilevanza di un’interpretazione conforme all’art. 10, comma 3 della Costituzione.
A tale aspetto, il giudice dedica un brevissimo paragrafo, evidenziando, in sostanza, come una corretta applicazione dell’art. 8, par. 3, lett. c) della direttiva 2013/33/UE, interpretato alla luce dell’art. 10, co. 3 della Cost., nel significato chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 4674/1997, non possa che condurre ad escludere che un richiedente protezione internazionale possa essere privato del diritto di ingresso nel territorio italiano per la mera provenienza da un paese di origine sicuro.
In sostanza, egli ribadisce l’illegittimità di quei meccanismi presuntivi che escludano una valutazione individuale, caso per caso, della situazione specifica di ciascun richiedente, rilevando ciò tanto in punto di procedura applicabile all’esame della domanda di asilo, quanto con riferimento alla possibilità di predisporre una forma di trattenimento (che, anche in conformità all’art. 13 Cost., necessita sempre di una base normativa e di una motivazione che la giustifichi).
Alla luce di tutte queste considerazioni, il giudice ha dunque ritenuto di non dover convalidare il provvedimento di trattenimento, disponendo così l’immediato rilascio del cittadino straniero.
4. La pronuncia del Tribunale di Catania (seguita poi da altre due pronunce, sostanzialmente analoghe in fatto e in diritto, emesse a loro volta in data 29 settembre) rappresenta certamente la prima occasione in cui i giudici hanno potuto confrontarsi con i problemi applicativi legati alla novella legislativa rappresentata dall’art. 6 bis del d.lgs. 142/2015. Una disposizione, questa, che già di per sé aveva fatto discutere il mondo scientifico e che, per come (dis)applicata dal giudice del Tribunale di Catania, ha acceso immediatamente il dibattito politico-istituzionale.
Sarà quindi necessario tornare a soffermarsi sul significato del provvedimento in discussione, soprattutto per quanto concerne i profili di compatibilità con il diritto dell’Unione europea, rispetto ai quali, a parere di chi scrive, potrebbe rendersi necessario un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia, per meglio chiarire lo spazio applicativo delle norme citate – in particolare, gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE – con più specifico riferimento all’ipotesi di trattenimento legittimata dal nuovo arti. 6 bis. Infatti, non è da escludere che la Questura coinvolta valuti la possibilità di impugnare il provvedimento in commento, anche nell’ottica di evitare il consolidarsi di un orientamento non certamente in linea con l’approccio tenuto dall’attuale Governo italiano con riferimento alla gestione del fenomeno migratorio. In quel caso, sarà la Corte di Cassazione a dover valutare l’opportunità, rectius necessità in quanto giudice di ultima istanza (“avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno” ex art.267 TFUE), di sollevare una questione pregiudiziale dinanzi ai giudici di Lussemburgo, chiedendo venga trattata o con procedimento d’urgenza (v. artt. 107 e ss. regolamento di procedura della Corte di giustizia), trattandosi di questione sensibile, relativa ad un settore regolato dal titolo V della parte terza del TFUE (spazio di libertà, sicurezza e giustizia), oppure, quanto meno, con procedimento accelerato (v. artt. 105 e 106 del reg. di procedura della Corte).
Si tratta dunque di una questione ancora aperta, che meriterà maggiore approfondimento soprattutto in ragione dei principi e dei diritti coinvolti, che, non va dimenticato, finiscono per coincidere con due valori costituzionali fondamentali: il diritto di asilo e il diritto alla libertà personale.
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