La disciplina in materia di pubblicità politica del regolamento (Ue) 2024/900

1. Il legislatore europeo ha di recente adottato il regolamento (Ue) 2024/900 con il quale ha stabilito norme armonizzate in materia di trasparenza e di targeting della pubblicità politica.

Tale normativa, preso atto della crescita della domanda e dell’offerta della pubblicità politica, che costituisce un servizio ai sensi dell’art. 57 TFUE, è volta ad introdurre – sulla base degli articoli 16 e 114 TFUE – disposizioni armonizzate sulla trasparenza, sugli obblighi e doveri di diligenza per la prestazione di servizi di pubblicità politica, sull’uso di tecniche di targeting e di consegna dei messaggi pubblicitari che comportano il trattamento dei dati personali nel contesto di tale forma di pubblicità online, nonché sul controllo e l’esecuzione della disciplina adottata.

Il legislatore europeo in tal modo si prefigge di impedire la frammentazione di un vieppiù preponderante settore di mercato, quale quello della pubblicità politica, assicurando contestualmente la certezza del diritto ai relativi operatori, ovvero i prestatori di servizi di pubblicità politica. Inoltre, di garantire la trasparenza della suddetta pubblicità, scongiurando contestualmente interferenze elettorali da parte di entità o cittadini di paesi terzi che rappresenterebbero una grave minaccia per la democrazia dell’Unione, valore fondante ex art. 2 TUE. Ancora, di apprestare dettagliate tutele affinché le tecniche di targeting e di consegna dei messaggi pubblicitari, di cui sovente ci si avvale nel corso delle campagne politiche, non si risolvano in un uso improprio dei dati personali, nel rispetto dei principi ispiratori del regolamento (Ue) 2016/679 (c.d. regolamento generale sulla protezione dei dati).

Dall’ambito oggettivo della disciplina sono escluse, per evitare la lesione alla libertà di espressione e al pluralismo dei media, le opinioni politiche espresse a titolo personale, le opinioni politiche e altri contenuti editoriali soggetti alla responsabilità editoriale, indipendentemente dal loro mezzo di diffusione, purché non siano dipesi da pagamento specifico o altra remunerazione. Si tratta di una esclusione che riveste, almeno sembra, carattere di opportunità, in quanto volta a salvaguardare il regolare processo di formazione dell’opinione pubblica svolto dai media.

2. Passando a delineare i tratti essenziali e maggiormente caratterizzanti della nuova disciplina e cominciando dalla definizione di pubblicità politica, ai sensi del regolamento 2024/900 è tale la preparazione, collocazione, promozione, pubblicazione, consegna o diffusione, con qualsiasi mezzo, di un messaggio, fornito normalmente dietro retribuzione o in generale nell’ambito di una campagna di pubblicità politica, a favore o per conto di un attore politico, o che comunque possa e sia volto a influenzare i processi democratici all’interno dell’Unione. Tra questi ultimi l’atto normativo in parola indica, indipendentemente dalla circostanza che si svolgano a livello dell’Unione, nazionale, regionale o locale, le elezioni, i referendum, i comportamenti di voto ed i processi legislativi e regolamentari.

Quanto alle fattispecie che non rientrano nella definizione accolta, si tratta delle tre categorie seguenti.

I messaggi provenienti da fonti ufficiali degli Stati membri o dell’Unione, strettamente concernenti l’organizzazione e le modalità di partecipazione a elezioni o referendum (annuncio delle candidature o dei quesiti referendari, promozione della partecipazione a elezioni o referendum). La comunicazione pubblica volta a fornire informazioni ufficiali al pubblico da parte, a favore o per conto di un’autorità pubblica di uno Stato membro, o dei membri del suo governo, o dell’Unione, a condizione che non influenzi il relativo processo democratico, in quanto altrimenti rappresenterebbe un favor per gli esecutivi di volta in volta in carica. La presentazione di candidati in spazi pubblici (le c.d. ἀγορά) o nei mezzi di comunicazione, esplicitamente prevista dalla legge, effettuata a titolo gratuito e in condizioni di parità di trattamento dei candidati (secondo i regimi della c.d. par condicio).

Tale esclusione sembra senz’altro opportuna visti gli evidenti fini informativi cui sono finalizzate dette attività.

3. Le principali figure che operano in tale peculiare mercato pubblicitario sono: gli sponsor, i prestatori di servizi di pubblicità politica e gli editori di pubblicità politica.
I primi sono le persone fisiche o giuridiche, su richiesta o per conto delle quali, viene preparato, collocato, promosso, pubblicato, consegnato o diffuso un messaggio di pubblicità politica.

I secondi sono le persone fisiche o giuridiche impegnate nella prestazione di servizi di pubblicità politica.

Gli ultimi, invece, sono i prestatori di servizi di pubblicità politica che si pongono al termine della catena di mercato, in quanto sono coloro che si occupano soltanto della consegna o della diffusione, con qualsiasi mezzo, della pubblicità politica.

Per la realizzazione dei tre obbiettivi principali del regolamento – scongiurare interferenze di paesi terzi nei processi democratici dell’Unione, garantire la trasparenza della pubblicità politica e proteggere i dati personali dei cittadini europei destinatari di tale pubblicità – si prevede quanto segue.

Relativamente al primo, la normativa stabilisce all’art. 5, par. 2 che, fatte salve norme nazionali più rigorose, quindi modificabili in melius, nei tre mesi precedenti un’elezione o un referendum organizzati all’interno dell’Unione – indipendentemente dalla loro natura nazionale, regionale, locale o comunitaria – i prestatori di servizi di pubblicità politica sono tenuti a prestare detti servizi solamente: ai cittadini dell’Unione; ai cittadini di paesi terzi che ivi risiedono permanentemente e che hanno diritto di voto relativamente all’elezione o al referendum in questione; e alle persone giuridiche stabilite nell’Unione che non sono controllate da entità di paesi terzi.

Per garantire la trasparenza di tale mercato, e permettere ai cittadini dell’Unione di riconoscere ictu oculi di essere in presenza di un messaggio di pubblicità politica, il regolamento prevede in particolare, al Capo II, tre tipologie di obblighi.

La prima prescrizione consiste in un meccanismo per cui, una volta redatto l’accordo contrattuale tra prestatori e sponsor, su ciascuno di essi grava l’onere di comunicare eventuali variazioni o integrazioni relative alle informazioni, necessarie per conformarsi agli obblighi imposti dal regolamento, ivi riportate.

I prestatori di servizi, inoltre, sono tenuti a conservare in un apposito registro, per un periodo di sette anni successivi alla data dell’ultima preparazione, collocazione, promozione, pubblicazione, consegna o diffusione di un messaggio di pubblicità politica, le principali informazioni ad esso relative (la campagna politica a cui è connesso, gli importi fatturati per detto servizio, l’identità dello sponsor, l’indicazione del processo democratico a cui si riferisce).

L’obbligo principale, tuttavia, è posto in capo agli editori di pubblicità politica, i quali devono assicurare che ogni messaggio riporti in modo ben visibile le seguenti informazioni: i) una dichiarazione che attesti che esso abbia natura di pubblicità politica; ii) l’identità dello sponsor; iii) l’indicazione del processo democratico a cui si riferisce; iv) la precisazione che il messaggio è stato oggetto di tecniche di targeting o di consegna; v) un avviso di trasparenza. Tra gli obblighi degli editori, inoltre, è prevista la redazione di relazioni periodiche sui servizi di pubblicità politica (art. 14) nonché meccanismi per consentire alle persone fisiche o giuridiche di segnalare messaggi di pubblicità politica non conformi al regolamento (art. 15). A quest’ultimo riguardo oneri specifici sono previsti per gli editori che sono piattaforme online o motori di ricerca online di dimensioni molto grandi (art. 15, par. 5).

Quanto agli obblighi in materia di tecniche di targeting e consegna del messaggio di pubblicità politica online, la relativa disciplina, che muove dalla considerazione della diffusione di tali tecniche, è correlata ai caratteri di esse e ai rischi connessi al loro utilizzo.

Per ciò che attiene al primo profilo, in forza della nuova normativa, per tecniche di targeting si intendono le tecniche usate per rivolgere un messaggio di pubblicità politica solo a una persona specifica o a un gruppo specifico di persone, o per escluderli, solitamente con contenuti su misura, sulla base del trattamento di dati personali. La consegna di messaggi di pubblicità politica, invece, ricomprende un vasto novero di procedure di ottimizzazione, basate sul trattamento automatizzato dei dati personali, volte ad aumentare la circolazione, la portata o la visibilità di un messaggio di pubblicità politica.

Per quanto concerne il secondo aspetto, dalla motivazione del regolamento (considerando 6) emerge come dette tecniche di trasmissione comportano l’uso di algoritmi opachi, e della loro idoneità a costituire una minaccia per interessi pubblici (ad esempio, la trasparenza del processo elettorale) e diritti fondamentali (tra i quali, la libertà di espressione, il diritto alla privacy, la protezione dei dati personali ed il diritto di essere informato in modo obiettivo, trasparente e pluralistico).

Pertanto, il ricorso ad esse è consentito solo se il titolare del trattamento dei dati garantisce l’osservanza: di divieti e condizioni stabiliti dai regolamenti (Ue) 2016/679 e 2018/1725 (art. 18), nonché di taluni obblighi aggiuntivi, previsti appositamente in caso di pubblicità politica, che si risolvono essenzialmente nella redazione, conservazione e trasmissione di documenti che attestino la diligente attività del titolare del trattamento dei dati (art. 19).

Tra le prescrizioni previste spiccano le seguenti: il titolare del trattamento deve raccogliere i dati personali presso l’interessato (art. 18, par. 1 lett. a); l’interessato deve prestare il proprio consenso esplicito al trattamento separato dei dati personali a fini di pubblicità politica (art. 18 par. 1 lett. b); le tecniche di targeting o di consegna del messaggio pubblicitario non devono comportare la “profilazione” (art. 18 par. 1 lett. c); le tecniche di targeting o di consegna del messaggio pubblicitario sono vietate qualora siano indirizzate nei confronti di un soggetto di cui il titolare del trattamento sa, con ragionevole certezza, di essere almeno un anno al di sotto dell’età per l’esercizio di voto stabilita dalle norme nazionali (art. 18, par. 2); il titolare del trattamento deve fornire, a meno che ciò non sia incluso nell’avviso di trasparenza, un riferimento ai mezzi di cui dispone l’interessato per l’esercizio dei propri diritti, in particolare di modificare i dati personali o revocare il consenso (art. 19, par. 1 lett. e).

Va peraltro rilevato che il regolamento tiene conto delle esigenze specifiche delle piccole e medie imprese, dettando, in proposito, disposizioni particolari (art. 11, par. 5; art. 12, par. 7; art. 14, par. 2; art. 15, par. 7; art. 16, par. 3, 4 e 5).

Infine, a completamento della disciplina adottata, l’atto normativo, al Capo IV, prevede competenze decentrate di controllo ed esecuzione sia in capo alle autorità nazionali sia al Garante europeo della protezione dei dati. In particolare, per ciò che attiene ai profili sanzionatori, è rimessa agli Stati la definizione delle sanzioni irrogabili in caso di violazione degli obblighi imposti, stabilendo, tuttavia, che l’eventuale importo massimo non può superare il 6% delle entrate o del bilancio annui dello sponsor o del prestatore di servizi, o del loro fatturato mondiale annuo.

Il regolamento 2024/900 si applicherà a decorrere dal 10 ottobre 2025. Dalla data di entrata in vigore di esso si applicano, invece, le definizioni ivi previste (art. 3) e il divieto di restrizioni discriminatorie basate sul luogo di residenza o di stabilimento dello sponsor, di un partito politico europeo o di un gruppo politico del PE, stabilito in capo ai prestatori di servizi di pubblicità politica per la prestazione di tali servizi (art. 5, par.1).

4. Volendosi effettuare talune brevi considerazioni in ordine alla nuova normativa europea, questa merita, complessivamente considerata, merita apprezzamento. Essa, come previsto dalla relativa Proposta presentata dalla Commissione, costituisce integrazione della legge sui servizi digitali di cui al regolamento (Ue) 2022/2065 (DSA), la quale pone in capo agli intermediari online alcuni obblighi generali in relazione alla trasparenza della pubblicità online, e delle disposizioni sul trattamento dei dati di cui ai regolamenti (Ue) 2016/679 e 2018/1725. Tale disciplina, inoltre, tiene conto delle previsioni del codice di buone pratiche rafforzato sulla disinformazione del 2022, cui hanno aderito le principali piattaforme online, che prescrive a queste ultime impegni per la trasparenza della pubblicità politica e delle campagne di sensibilizzazione.

Per ciò che concerne le disposizioni specifiche adottate, riveste portata fortemente innovativa, meritando a nostro avviso di essere evidenziata, la disciplina in materia di pubblicità politica relativa alle interferenze di paesi terzi. Essa prevede, infatti, come si è visto, obblighi ben definiti in capo ai prestatori di servizi di pubblicità politica, tra cui rileva, in particolare, il divieto di cui all’art. 5, par. 2. Obblighi che sono peraltro correlati alla precisa definizione di tale forma di pubblicità sancita dall’art. 3, par. 2.

Sotto questo profilo il regolamento 2024/900 rappresenta un significativo miglioramento rispetto al DSA e al codice di buone pratiche, i quali, invece, fondano i loro obblighi, seppur chiari, sul concetto, suscettibile di incerte interpretazioni, di disinformazione, definita nella Comunicazione della Commissione per contrastare la disinformazione online come «un’informazione rivelatasi falsa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o per ingannare intenzionalmente il pubblico, e che può arrecare un pregiudizio pubblico».

Si tratta di un aspetto di grande rilievo tenuto conto della necessità, evidenziata anche da ultimo dalle Conclusioni del Consiglio europeo del 17 e 18 aprile 2024, di evitare la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri nei processi elettorali.

In materie sensibili che coinvolgo la libertà di espressione e di informazione, diritto fondamentale ai sensi dell’articolo 11 della Carta di Nizza, sarebbe auspicabile, da parte del diritto dell’Unione, il ricorso a prescrizioni ben definite e dettagliate, sulla falsariga di quelle adottate dalla disciplina prevista in materia di pubblicità politica.

Il regolamento 900/2024, tuttavia, presenta un notevole limite laddove prevede, ai sensi dell’art. 25, che venga rimessa agli Stati membri la definizione delle sanzioni irrogabili in caso di violazione degli obblighi imposti, stabilendo unicamente che l’eventuale importo massimo non possa superare il 6% delle entrate o del bilancio annui dello sponsor o del prestatore di servizi, o del loro fatturato mondiale annuo.

Tale disposizione si presterebbe a consentire a Stati membri più sensibili alle ingerenze di paesi terzi, come certificato dall’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) nel suo report concernente la disinformazione durante le elezioni tenutesi nei Paesi membri nel corso del 2023, di prevedere sanzioni non sufficientemente deterrenti nei confronti dei trasgressori del regolamento.

Tale eventualità, non solo permetterebbe ad attori terzi di inficiare il regolare andamento dei processi democratici nello Stato in questione, ma determinerebbe, considerando che spesso la pubblicità politica si svolge online, la diffusione, in tutto lo spazio digitale dell’Unione, del messaggio di pubblicità politica da essi commissionato, determinando una lesione insanabile alla democrazia europea.

Ciò non inficia, tuttavia, l’apprezzamento generale per tale disciplina, la quale rappresenta un ulteriore passo nel senso del consapevole esercizio dei diritti democratici da parte dei cittadini europei.