IVA e definizione agevolata delle controversie tributarie: il primo rinvio italiano trattenuto dalla Corte di giustizia in materia che rientrerebbe nella competenza del Tribunale.
- Con l’ordinanza n. 122/25 del 15 luglio 2024 depositata il 7 febbraio 2025, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ha sollevato una questione pregiudiziale avanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, chiedendo di chiarire se le disposizioni della legge n. 197/2022, nella parte in cui prevedono la definizione agevolata delle controversie fiscali aventi ad oggetto anche l’IVA interna, siano compatibili con gli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, segnatamente con i principi generali dell’ordinamento (in particolare rispetto all’art. 4, par. 3 TUE e al principio di neutralità fiscale), con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con la disciplina sulle risorse proprie.
- La vicenda assume particolare rilievo in quanto si colloca nel nuovo assetto introdotto dal Regolamento (UE, Euratom) 2024/2019, che ha modificato il Protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, riformando la disciplina del rinvio pregiudiziale a seguito dell’introduzione della competenza condivisa tra la Corte di giustizia e il Tribunale dell’Unione europea (cfr., per un’analisi approfondita della riforma, B. Nascimbene, Gi. Greco (a cura di), La riforma dello statuto della corte di giustizia, in eurojus-fascicolo speciale, 2025).
- Sebbene la materia su cui verte il rinvio – l’imposta sul valore aggiunto – rientri, in via ordinaria, tra quelle attribuite alla competenza del Tribunale ai sensi dell’art. 50-ter, primo comma, del Protocollo n. 3, nel caso di specie la domanda è stata trattenuta dalla Corte di giustizia, in ragione del fatto che essa solleva questioni ulteriori che eccedono il perimetro tecnico della normativa IVA e investono profili di rilievo sistemico.
- L’art. 50-ter ha attribuito al Tribunale la competenza a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sulle domande di pronuncia pregiudiziale che riguardino esclusivamente determinate materie, elencate in modo tassativo al primo comma. Si tratta, in particolare, delle seguenti: il sistema comune di imposta sul valore aggiunto; i diritti di accisa; il codice doganale dell’Unione; la classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata; la compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri nei trasporti; il sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.
- Tuttavia, il secondo comma dello stesso articolo introduce una clausola di salvaguardia a favore della Corte di giustizia, precisando che essa conserva la competenza anche per le domande rientranti in tali ambiti, qualora esse sollevino altresì questioni relative all’interpretazione del diritto primario, del diritto internazionale pubblico, dei principi generali del diritto dell’Unione o della Carta dei diritti fondamentali.
- Il giudice nazionale, è bene ricordarlo, non opera direttamente alcuna selezione tra le due giurisdizioni: egli continua a rivolgersi unicamente alla Corte di giustizia, come da prassi consolidata (cfr. la segnalazione Gi. Greco, Le raccomandazioni ai giudici e le istruzioni alle parti, che cosa cambia nel processo dinanzi alla Corte, in eurojus, 21 ottobre 2024). È poi la Corte, attraverso il c.d. sportello unico (c.d. guichet unique), a determinare se la causa rientri esclusivamente nella competenza del Tribunale ovvero debba essere trattenuta in Corte.
- La procedura è ora disciplinata dal nuovo art. 93-bis del regolamento di procedura della Corte di giustizia. A seguito del deposito della domanda di pronuncia pregiudiziale presso la Corte, la cancelleria procede alla registrazione interna della causa con un numero provvisorio e la conserva in una fase interlocutoria. La domanda è trasmessa al presidente della Corte di giustizia, al vicepresidente e al primo avvocato generale, corredata da una nota tecnica redatta dal cancelliere che formula osservazioni sul contenuto giuridico della questione e sull’inquadramento della materia.
- È, però, il Presidente della Corte che, sentiti il vicepresidente e il primo avvocato generale in base all’art. 93-bis del regolamento, valuta se la domanda riguardi esclusivamente una delle materie di cui all’art. 50-ter, primo comma dello statuto, e debba quindi (art. 93-bis, par. 2) essere deferita al Tribunale, ovvero se presenti anche profili attinenti a disposizioni di diritto primario, alla Carta o ai principi generali dell’ordinamento, e debba pertanto (93-bis , par. 3) essere trattenuta in Corte (sul punto cfr. C. Tovo, Le nuove regole processuali in materia pregiudiziale e le loro implicazioni istituzionali per la Corte di giustizia: verso un’ulteriore costituzionalizzazione?, in eurojus-fascicolo speciale, cit., pp. 6 e ss.). In questo secondo caso la causa viene formalmente iscritta con numero “C-” e segue il procedimento ordinario innanzi alla Corte di giustizia.
- Il rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado lombarda investe, formalmente, una delle materie elencate al primo comma dell’art. 50-ter, ossia l’imposta sul valore aggiunto. Tuttavia, il giudice del rinvio ha motivato il rinvio alla Corte in ragione della potenziale violazione di principi fondamentali del diritto dell’Unione, in particolare: del principio di effettività della riscossione dell’IVA come risorsa propria dell’Unione (ai sensi dell’art. 311 TFUE); del principio di neutralità fiscale; del principio di proporzionalità e delle garanzie derivanti dalla Carta dei diritti fondamentali, con particolare riferimento al diritto a un processo effettivo (art. 47) e al principio di buona amministrazione (art. 41).
- Secondo quanto argomentato nell’ordinanza di rinvio, le disposizioni nazionali sulla definizione agevolata, nella misura in cui determinano l’estinzione automatica del giudizio senza l’accertamento del merito, impedendo così la riscossione integrale dell’imposta e privando il procedimento della sua funzione accertativa, sarebbero assimilabili – quanto agli effetti – a una rinuncia generalizzata e indiscriminata all’accertamento, già ritenuta in contrasto con il diritto dell’Unione nella sentenza della Corte di giustizia del 17 luglio 2008, Commissione c. Italia, in causa C-132/06. Il giudice a quo ha dunque rimesso alla Corte di giustizia il quesito volto a chiarire se la disciplina contenuta nell’art. 1, comma 193, lett. a), della l. 197/2022 – nella parte in cui esclude dalla sanatoria solo l’IVA riscossa all’importazione, ammettendo quindi quella interna – sia compatibile con: l’art. 4, par. 3, TUE (principio di leale cooperazione), gli articoli 250 e 273 della Direttiva 2006/112/CE (obbligo di dichiarazione e riscossione integrale dell’IVA), il principio di neutralità fiscale e di parità di trattamento tra soggetti passivi e il principio di proporzionalità, in relazione alla riduzione automatica dell’imposta recuperabile. Il giudice del rinvio sottolinea il rischio che l’attuale disciplina possa pregiudicare la riscossione effettiva dell’imposta e introdurre una disparità sistemica tra operatori, trattando con favore chi aderisce alla definizione, a prescindere dalla fondatezza dell’accertamento. L’ordinanza si discosta, così, apertamente dall’orientamento consolidato della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un., 17 febbraio 2010, n. 3676), secondo cui le definizioni delle liti fiscali – a differenza dei condoni veri e propri – non violano il diritto dell’Unione europea, perché non escludono l’accertamento, ma si limitano a regolare controversie già pendenti e contestate, trattandosi di una misura meramente deflattiva del contenzioso. Il giudice a quo ha invece sottolineato che la misura, sebbene formalmente diversa dal condono, di fatto ha effetti simili, perché consente l’estinzione del giudizio e la rinuncia alla pretesa impositiva per importi significativamente ridotti.
- In forza di tali rilievi, non essendo (prima facie) la causa riconducibile esclusivamente alla materia IVA, il Presidente della Corte, conformemente all’art. 93-bis, ha disposto che la causa fosse trattenuta dalla Corte, attribuendole il numero “C-308/25” (cfr. eurojusitalia a questo link).
- Pur non rappresentando il primo rinvio italiano successivo all’entrata in vigore del nuovo Statuto, quello in oggetto costituisce – a quanto consta – il primo rinvio pregiudiziale proveniente da un giudice italiano, vertente su una materia attribuita al Tribunale, che sia stato trattenuto dalla Corte di giustizia in ragione della natura composita delle questioni sollevate.
- Quest’ultima si presume, invero, sia la ragione che ha indotto la Corte a trattenere a sé la questione pregiudiziale interpretativa. La sentenza che la Corte pronuncerà sarà rilevante non solo per la soluzione del merito della questione, ma anche per conoscere le ragioni per le quali la causa è stata trattenuta in Corte. Essa costituirà, con ogni probabilità, un banco di prova per le future applicazioni del meccanismo introdotto dalla riforma tra efficienza procedimentale e tutela dei principi fondanti dell’ordinamento dell’Unione.
ARTICOLI CORRELATI
Per tag
aiuti di Stato
antitrust
Art. 50 TUE
asilo
Banca centrale europea
brexit
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
CEDU
cittadinanza europea
commissione europea
concorrenza
Consiglio
controlimiti
cooperazione giudiziaria in materia civile
cooperazione giudiziaria in materia penale
Corte costituzionale
Corte di giustizia
Corte di giustizia dell'Unione europea
COVID-19
diritti fondamentali
discriminazione
equilibrio interistituzionale
euro
immigrazione
integrazione differenziata
libera prestazione di servizi
libertà di stabilimento
mandato d'arresto europeo
mercato interno
ne bis in idem
Parlamento europeo
principio di proporzionalità
privacy
private enforcement
procedura di infrazione
Procura europea
Regno Unito
rinvio pregiudiziale
rule of law
sport
Stato di diritto
tutela giurisdizionale
Ucraina
Unione bancaria
Unione economica e monetaria