Il Northern Ireland Protocol Bill: nuovo capitolo delle tensioni tra Regno Unito e Unione europea

1. La presentazione del Northern Ireland Protocol Bill quale mossa per superare l’impasse politico nordirlandese

Il 13 giugno scorso è stato presentato di fronte alla House of Commons il Northern Ireland Protocol Bill (v., per un primo commento, Murray). Con tale proposta, il Governo britannico mira ad introdurre nel Regno Unito deroghe rispetto al Protocollo con il quale, nell’ambito dell’Accordo di recesso tra l’UE ed il Regno Unito, sono stati regolati i rapporti tra Irlanda e Irlanda del Nord (per una complessiva analisi del Protocollo, si veda il volume curato da McCrudden).

La pubblicazione della proposta era attesa quanto meno dal 17 maggio scorso, quando Liz Truss, la titolare del Foreign Office britannico, aveva annunciato in seno alla House of Commons l’intenzione di introdurre una normativa in grado di consentire l’adozione di modifiche unilaterali al Protocollo in questione.

È opportuno ricordare che con la (complessa) soluzione di compromesso raggiunta con il predetto Protocollo si è cercato di evitare che la Brexit potesse comportare l’introduzione di un confine fisico caratterizzato da controlli doganali su persone e merci tra Irlanda ed Irlanda del Nord. Il rischio che si è voluto scongiurare è stato infatti quello di alterare il delicato equilibrio venutosi a creare dopo che nel 1998, con l’Accordo del venerdì santo, Regno Unito e Irlanda riuscirono a porre fine al trentennale conflitto in Irlanda del Nord (sulle principali problematiche che sono state tenute in considerazione nel corso del negoziato che ha poi portato al Protocollo, v. ad es. Marongiu Buonaiuti, Vergara Caffarelli). Il Protocollo ha però prodotto l’effetto, tra l’altro, di spostare i controlli doganali alla frontiera tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord. Pur precisando che l’Irlanda del Nord fa parte del territorio doganale del Regno Unito, il Protocollo prevede che l’Irlanda del Nord rimanga allineata a determinate norme di diritto dell’UE per consentire ad esempio che i dazi doganali dell’UE si applichino alle merci in entrata nel territorio dell’Irlanda del Nord a fronte della possibilità che tali merci vengano immesse nel mercato unico dell’Unione. Ciò, peraltro, ha comportato l’aumento degli adempimenti burocratici per le merci provenienti dalla Gran Bretagna e dirette verso il territorio dell’Irlanda del Nord. Sono ben note, ad esempio, le difficoltà di approvvigionamento incontrate per alcuni generi alimentari (su cui, v. ad es. Garner) oppure, di recente, per gli alberi che avrebbero dovuto essere piantati per celebrare il giubileo di platino della Regina.

Con la presentazione del Northern Ireland Protocol Bill si intende quindi venire incontro alla richiesta degli unionisti nordirlandesi del Democratic Unionist Party (DUP) che, ormai da mesi, spingono per una revisione del Protocollo, ritenendo che lo stesso, introducendo di fatto barriere commerciali tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, possa essere un fattore in grado di rafforzare le spinte separatiste e di conseguenza favorire la prospettiva dell’unificazione dell’isola irlandese voluta dai partiti nazionalisti. È proprio la richiesta di rivedere il Protocollo che ha condotto l’ex primo ministro nordirlandese, Paul Givan, a rassegnare le proprie dimissioni nel febbraio scorso, in polemica con il richiamo che il vice-presidente della Commissione europea aveva compiuto a fronte della decisione del governo nordirlandese di sospendere i controlli sanitari e fitosanitari sulla merce scambiata tra Gran Bretagna ed Irlanda del Nord. Le successive elezioni politiche del 5 maggio scorso hanno portato i nazionalisti del Sinn Féin ad avere per la prima volta la maggioranza in seno all’Assemblea parlamentare nordirlandese. Ciò non ha impedito, peraltro, al DUP di continuare a giocare un ruolo chiave. Dopo le elezioni, infatti, tale partito ha impedito il raggiungimento della maggioranza necessaria per l’elezione dello Speaker dell’Assemblea, bloccando di conseguenza l’intero funzionamento dell’organo legislativo, rendendo così impossibile anche procedere alla formazione di un nuovo Governo. Il DUP ha apertamente dichiarato l’intenzione di proseguire tale ostruzionismo fino a quando le proprie richieste di modifica del Protocollo non verranno accolte.

 

2. Il contenuto del Northern Ireland Protocol Bill

Il Northern Ireland Protocol Bill prevede espressamente numerose deroghe rispetto all’efficacia di disposizioni del Protocollo all’interno dell’ordinamento giuridico del Regno Unito (c.d. “excluded provisions”). In aggiunta, la proposta attribuisce ai Ministri del Governo britannico ampi poteri per introdurre ulteriori deroghe rispetto alle disposizioni del Protocollo.

Modifiche vengono ad es. proposte con riferimento alle disposizioni che il Protocollo detta con riferimento a dazi doganali, controlli relativi alla misure sanitarie e fitosanitarie, regolamentazioni, aiuti di Stato, tasse, giurisdizione della Corte di Giustizia.

L’obiettivo è quello di eliminare ogni ostacolo, anche di tipo burocratico, alla circolazione delle merci tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord.

Per comprendere la reale portata della proposta di legge, risulta particolarmente utile la consultazione del documento esplicativo pubblicato in pari data dal Governo britannico.

La prima considerazione alla base del Bill riguarda il fatto che il Protocollo impone adempimenti doganali e misure sanitarie e fitosanitarie per tutte le merci che provengono dalla Gran Bretagna, indipendentemente dal fatto che le stesse siano destinate a rimanere in Irlanda del Nord o invece siano destinate all’Irlanda e, quindi, ad essere immesse sul territorio dell’UE.

Secondo il Governo britannico, gli oneri doganali imposti dal Protocollo sono sproporzionati e non sostenibili, visto che solo un sesto delle merci che entrano in questo modo sul territorio dell’Irlanda del Nord sono poi destinate ad essere successivamente trasferite nel mercato interno dell’UE. Non viene più accettato che il Protocollo tratti i beni che circolano dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord come se fossero merci aventi per destinazione uno Stato straniero.

Sulla base di questi presupposti, viene proposta la creazione di due diverse corsie per le merci scambiate tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord: una corsia verde (“green lane”), per le merci destinate a rimanere nel mercato del Regno Unito; una corsia rossa (“red lane”), per le merci invece destinate al mercato dell’UE. Per i beni che percorrono la corsia verde, vengono eliminati adempimenti burocratici e controlli non necessari, mentre vengono richieste solo le normali informazioni commerciali diverse da quelle doganali, così come non vengono richieste complesse certificazioni per i prodotti agroalimentari. Per i beni che percorrono la linea rossa, invece, continuano ad essere previsti i controlli e le procedure doganali necessari per proteggere il mercato dell’UE.

Secondo il Governo britannico i meccanismi sopra illustrati presuppongono lo sviluppo di uno schema basato sulla fiducia, in cui gli operatori commerciali che si avvalgono abusivamente della corsia verde potranno essere sottoposti ad elevate sanzioni di carattere civile e penale, oltre che al divieto di poter successivamente utilizzare la medesima corsia.

Per evitare che le merci che circolano soltanto all’interno del Regno Unito debbano rispondere alle regolamentazioni stabilite per il mercato interno dell’UE, viene previsto un regime flessibile per i beni che potranno essere immessi sul mercato dell’Irlanda del Nord. In particolare, a seconda che il bene sia destinato al mercato dell’UE o a quello del Regno Unito, dovranno essere rispettati gli standard normativi richiesti dall’UE o dal Regno Unito. Gli importatori e i produttori, salva la possibilità di decidere di immettere sul mercato beni che rispettino entrambi gli standard normativi, rimangono responsabili del rispetto delle normative chieste a seconda del mercato cui è destinata la merce.

Visto che il Protocollo impedisce al Regno Unito di applicare in Irlanda del Nord le stesse tasse previste per il resto del proprio territorio, la proposta legislativa consente di introdurre deroghe che possano ad esempio portare ad applicare riduzioni all’IVA in linea con quanto avviene in Gran Bretagna.

Non viene più considerata accettabile l’applicazione all’Irlanda del Nord delle norme UE in materia di aiuti di Stato. Ciò, in considerazione del fatto che l’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione ha posto fine al regime di aiuti di Stato disciplinato dal diritto dell’UE (in proposito, v. Biondi), sostituendo allo stesso una complessa regolamentazione delle sovvenzioni volta ad evitare che le parti, mediante simili misure, possano incidere in modo rilevante sugli scambi o sugli investimenti.

Particolarmente significativa, poi, nell’ambito della proposta, è la scelta di svincolarsi dalla giurisdizione della Corte di Giustizia dell’UE che, invece, era stata accettata con la ratifica del Protocollo. Viene infatti previsto che i giudici nazionali non debbano più essere vincolati dalle pronunce della Corte di Lussemburgo, né dai principi dalla stessa elaborati. Agli stessi giudici nazionali viene vietato di sollevare rinvii pregiudiziali di fronte alla Corte di Giustizia.

Non viene infatti ritenuto accettabile che eventuali controversie relative all’applicazione del Protocollo vengano sottoposte ad un’autorità giurisdizionale dell’Unione europea e, quindi, non terza rispetto alle parti. Piuttosto, secondo il Governo britannico, sarebbe preferibile un meccanismo di soluzione delle controversie a carattere arbitrale, simile a quello previsto nell’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione o in altri accordi internazionali.

 

3. Una partita ancora tutta da giocare: le reazioni dell’Unione europea a fronte delle condotte spregiudicate del Regno Unito

Il Northern Ireland Protocol Bill non rappresenta il primo tentativo con il quale il Regno Unito cerca di sottrarsi agli obblighi assunti in occasione del suo recesso dall’Unione.

Già nel settembre del 2020 il Governo britannico aveva presentato in Parlamento una proposta di legge (il c.d. United Kingdom Internal Market Bill, su cui v. Marinai) che mirava a derogare alle procedure pattuite per l’esportazione delle merci scambiate tra l’Irlanda del Nord e la Gran Bretagna, nonché alle norme stabilite in materia di aiuti di Stato. Addirittura, si stabiliva espressamente che le sopra citate previsioni si sarebbero applicate nel Regno Unito indipendentemente da obblighi derivanti dal diritto internazionale, dall’Accordo di recesso e dal Protocollo sull’Irlanda del Nord. Si trattava, quindi, di una dichiarata affermazione della volontà di violare gli obblighi assunti a livello internazionale dal Regno Unito.

Dopo aver modificato tale proposta, il Regno Unito ha poi successivamente sospeso in via unilaterale l’applicazione del Protocollo in relazione ad alcune prescrizioni di certificazione per la circolazione di prodotti agroalimentari e per i trasferimenti di animali da compagnia dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Tale condotta aveva spinto la Commissione europea ad avviare una procedura di infrazione il 15 marzo 2021, salvo poi sospenderla in uno spirito di cooperazione costruttiva.

In tale ottica, la Commissione ha proposto, mediante successivi pacchetti di misure (v. qui e qui), soluzioni pragmatiche per favorire flessibilità, ad es., in materia di prodotti alimentari, questioni sanitarie e fitosanitarie, formalità doganali, medicinali.

Nonostante questo, con il Northern Ireland Protocol Bill il Governo britannico ha voluto ancora una volta forzare la situazione.

Al fine di escludere la configurabilità di una propria responsabilità internazionale, il Regno Unito ha ritenuto opportuno, questa volta, invocare la causa di giustificazione rappresentata dallo stato di necessità. Ben sapendo che tale causa di esclusione dell’illecito può essere applicata solo ricorrendo condizioni eccezionali, il Governo britannico ha sostenuto che nel caso specifico sono a rischio interessi essenziali quali la salvaguardia dell’Accordo del venerdì santo del 1998 e la conseguente pace sociale e politica in Irlanda del Nord.

A ben vedere, la crisi politica in corso in Irlanda del Nord non sembra integrare gli stringenti presupposti richiesti dall’art. 25 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati al fine di poter invocare lo stato di necessità quale clausola escludente l’illecito internazionale (in proposito, v. l’analisi di Cormacain). È dubbio, innanzitutto, quale sia realmente l’interesse essenziale da salvaguardare e come meglio possa essere perseguito. Basti pensare che, lo stesso giorno della pubblicazione del Northern Ireland Protocol Bill, 52 dei 90 membri dell’Assemblea parlamentare nordirlandese hanno inviato al Primo ministro Boris Johnson una lettera con cui lo invitano a desistere dal portare avanti la proposta, sottolineando che il Protocollo rappresenta l’unica strada per poter proteggere gli interessi dell’Irlanda del Nord da ben peggiori conseguenze che sarebbero derivate dalla hard Brexit. Tra l’altro, poi, secondo il citato art. 25 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati, l’atto necessitato deve essere il solo mezzo per salvaguardare un interesse essenziale a fronte di un pericolo grave e imminente. Nel caso specifico, però, il Regno Unito – prima di violare gli obblighi assunti a livello pattizio – ha la possibilità di attivare la procedura (su cui v. Spaventa, p. 119 ss.) disciplinata dall’art. 16 del Protocollo e dal suo allegato n. 7. Tali disposizioni consentono alle parti di adottare misure unilaterali se dall’applicazione del Protocollo derivino gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali che rischiano di protrarsi nel tempo o ostacoli agli scambi. Prima però di adottare simili misure, la parte che intende procedere è tenuta ad informare l’altra e ad avviare consultazioni in sede di comitato misto al fine di trovare una soluzione accettabile per entrambe. Le misure possono poi essere adottate solo dopo che sia stato fatto trascorrere un periodo di riflessione di un mese.

Nulla di tutto questo è stato fatto dal Regno Unito che, con la presentazione del Northern Ireland Protocol Bill, non ha fatto altro che provocare la nuova reazione dell’UE.

In particolare, la Commissione europea ha subito stigmatizzato la proposta definendola un atto lesivo della reciproca fiducia tra le parti. Inoltre, il 15 giugno, ha deciso di riattivare la già citata procedura di infrazione iniziata il 15 marzo 2021 emettendo un parere motivato, ed ha avviato altre due procedure di infrazione contestando l’inadempimento del Regno Unito alle norme sanitarie e fitosanitarie dell’UE, nonché rispetto all’obbligo di trasmissione all’UE di dati statistici che il Protocollo prevede in relazione agli scambi commerciali che coinvolgono l’Irlanda del Nord.

L’impressione è che la partita che le due parti stanno giocando sarà ancora lunga.

La condotta spregiudicata del Regno Unito difficilmente condurrà ad una revisione del Protocollo. La Commissione ha infatti ribadito che l’UE non rinegozierà il Protocollo, visto che lo stesso riflette un accordo di compromesso al quale si è giunti dopo lunghe e delicate trattative.

Ciò nonostante, la presentazione del Northern Ireland Protocol Bill potrà quanto meno produrre l’effetto di giungere ad un’applicazione più flessibile del Protocollo, come dimostrato dal fatto che la Commissione, contemporaneamente alle citate procedure di infrazione, ha elaborato due documenti riguardanti rispettivamente le procedure doganali e i controlli sanitari e fitosanitari, mediante i quali intende precisare la propria posizione al fine di attenuare alcune delle criticità causate dallo stesso Protocollo.


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