I 70 anni della Convenzione: i valori europei in un percorso per immagini

1. Ricordare, oggi 7 dicembre, la proclamazione solenne della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, avutasi vent’anni fa a Nizza, assume un significato particolare nel momento in cui l’Europa attraversa contemporaneamente molte crisi, alcune di carattere mondiale, quale l’emergenza sanitaria, altre sue proprie. Com’è noto, la Carta “riafferma … i diritti derivanti … dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali … nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza … della Corte europea dei diritti dell’uomo”, il godimento dei quali “fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future” (così il preambolo).

2. Lo stretto nesso tra Carta dei diritti fondamentali e Convenzione, rinforzato dalla previsione dell’adesione dell’Unione alla Convenzione da parte dell’art. 6 § 2 del Trattato di Lisbona, vive oggi nel lavoro quotidiano dei giuristi e di almeno alcuni degli attori politici europei, ma soffre dello stallo in cui, fino a recentemente, ha versato il procedimento di adesione. Il 29 settembre 2020, in occasione della ripresa dei negoziati, il Segretario generale del Consiglio d’Europa e il Vicepresidente della Commissione europea hanno rilasciato una dichiarazione congiunta; una riunione successiva di negoziato è prevista per il 2-4 febbraio 2021.

3. E’ con tali difficoltà (e speranze) dunque, ma soprattutto con le molte crisi in Europa di cui dicevo (di nuovo, oltre all’emergenza sanitaria, si pensi al permanere di importanti crisi umanitarie legate a movimenti migratori, alle ostilità in rapporto al Nagorno-Karabakh e altrove, nonché al ripetersi di episodi di terrorismo e intolleranza), che si deve confrontare una qualsiasi considerazione che si voglia oggi articolare sul completamento dell’idea – nata già negli anni ’70 del secolo scorso – di uno “spazio giuridico unico europeo” basato su un quadro unitario di tutela dei diritti fondamentali. In questa ottica è quindi significativo che si sia scelto, nell’occasione del ventennale della Carta di Nizza, di ricordare da parte di questa rivista anche il settantennale della sottoscrizione, avvenuta a Roma il 4 novembre 1950, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Svolgerò alcune riflessioni, per quanto mi compete, solo su tale ricorrenza. E preciso che si tratterà di riflessioni – per così dire – dettate “più dal cuore che dalla testa”, prevalentemente basate su immagini. Di ciò, in qualche modo, mi scuso con la rivista.

4. L’emozione più forte che ho sentito in questi giorni del settantennale, e che vorrei comunicare, è legata alla riproposizione, nelle varie occasioni celebrative (ahimè per lo più da remoto), di una fotografia: la fotografia ufficiale della firma della Convenzione europea avvenuta a Roma, a seguito dell’ospitalità offerta dall’Italia, nella cornice della sala delle Glorie di palazzo Barberini. In questa foto – riproposta in più sedi, e collocata sulla quarta di copertina di una pubblicazione preparata dalla Corte di Strasburgo per gli studenti, “La Convenzione europea: uno strumento vivente”, che auspico possa essere tradotta in italiano a cura del nostro governo – balza all’occhio la posizione centrale della nostra delegazione, in quanto delegazione ospitante, la quale vantava altresì che la firma fosse avvenuta a Roma, quale “patria del diritto”.

5. Erano i giorni in cui, nel quadro del sesto governo De Gasperi, l’Italia sotto la regia del ministro degli esteri Carlo Sforza si avviava a seguire la proposta di Schuman, nata proprio nel quadro della cooperazione presso il Consiglio d’Europa, di costituire una comunità del carbone e dell’acciaio, che si sarebbe finalizzata di lì a qualche mese. Schuman era presente a Palazzo Barberini.

6. Alla fotografia fa però da contraltare un filmato. Conservato oggi negli archivi dell’Istituto Luce, il cinegiornale Incom dell’epoca dava la notizia, nei cinematografi del paese, della sottoscrizione della Convenzione europea a Roma, “patria del diritto”. E’ importante però osservare (e ciò spiega perché l’immagine contrasta con la precedente) le modalità con cui essa veniva fornita. L’evento non era affatto enfatizzato, anzi appariva come uno dei tanti adempimenti, fugacemente menzionato nell’ambito del reportage sulla riunione del Consiglio d’Europa avvenuta in Italia. Nella galleria delle emozioni si tratta di un’osservazione importante: nella politica, come nella vita comune, da piccoli investimenti nascono grandi successi; ma sono conosciuti e, soprattutto, ridondano a favore dei destinatari?

7. Come in tutte le successioni di immagini richiamate alla memoria, ci sta ora bene un flashback. E il flashback – che pur potrebbe riguardare una scena svoltasi poco più di un anno prima, il 5 maggio 1949, quando nel palazzo di San Giacomo a Londra veniva sottoscritto il trattato che istituiva il Consiglio d’Europa – a mio avviso deve andare più indietro, sino al maggio 1948, quando all’Aia si teneva il “Congresso dell’Europa”, su iniziativa del Comitato internazionale dei movimenti per l’unità europea. L’emozione qui è collegata al rileggere il “Messaggio agli europei” adottato alla sessione finale il 10 maggio 1948: emerge che l’Europa – che si presentava all’azione politico-istituzionale dopo gli orrori e le miserie della seconda guerra mondiale – veniva chiaramente percepita come dibattuta tra un “grande pericolo” e una “grande speranza”: sono questo “pericolo” e questa “speranza” che ne definivano, secondo i congressisti, “la missione” in maniera “chiara”. Entro tale missione, l’Europa avrebbe dovuto “ravvivare i suoi poteri inventivi per una maggiore protezione e rispetto dei diritti e dei doveri dell’individuo di cui, nonostante tutti i suoi errori, l’Europa [era] ancora la massima esponente.” Se “la dignità umana [era] la più bella conquista dell’Europa, la libertà la sua vera forza,” gli obiettivi erano sia “la salvezza delle libertà” conquistate sia “l’estensione dei loro benefici a tutta l’umanità”. Gli “impegni” che figuravano al secondo e al terzo punto del messaggio erano quelli di adottare un testo relativo ai diritti umani e di creare una corte munita di poteri adeguati per sanzionarne le violazioni.

8. Scorrere un’altra immagine – la lista dei 57 partecipanti italiani (segnatamente, alla p. 443 ss) – dà un senso di soddisfazione e un ulteriore sussulto emotivo: al di là dei politici, dei giornalisti, dei giuristi ed economisti sia accademici sia pratici (tra i magistrati ritrovo il solo Riccardo Peretti Griva), degli industriali del settore privato e pubblico (tra i quali Adriano Olivetti), e di noti europeisti come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, spiccava la presenza di storici e letterati, tra i quali Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti, nonché Ignazio Silone (il quale ultimo, nell’ambito dei lavori, otteneva e poi rinunciava alla presidenza di un importante comitato). Pur nella consapevolezza che l’idea di istituire una Corte europea dei diritti dell’uomo fu solo indirettamente ascrivibile anche all’Italia, mi piace pensare – a scorrere la lista – che un tale contributo comunque ci sia stato.

9. E così, nel succedersi di queste immagini, lungo poco più di due anni, il pensiero e le emozioni ritornano al 4 novembre 1950, allorché a Roma veniva firmata la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. E’ un’immagine, come prima ricordavo, nota e diffusa. Ma emoziona ancora, in quanto tale immagine fotografa indirettamente i valori fondamentali della civiltà europea come sviluppati nel XX secolo: dignità umana, libertà, democrazia, Stato di diritto; valori hanno creato una cultura giuridica e politica comune in tutta Europa, su cui si basano i progressi del continente e la convivenza pacifica che, al di là di alcune pur gravi tensioni, hanno fatto individuare nella Convenzione uno dei più grandi progetti di pace nella storia umana. La prima pace non firmata subito dopo una guerra, con i vincitori a dettare le condizioni.

10. Parlando di pace, la riflessione sul filo delle emozioni ha dunque bisogno di un’immagine finale, per potersi concludere: essa non può essere che quella di Strasburgo, in data 25 novembre 2014, allorché papa Francesco – nel discorso in occasione della sua visita alle istituzioni europee (si veda al minutaggio 2:53:12 e seguenti) – richiamava “particolarmente” il ruolo della Corte europea, affermando che essa “costituisce in qualche modo la “coscienza” dell’Europa nel rispetto dei diritti umani”, una coscienza che auspicava maturasse sempre più “non per un mero consenso tra le parti, ma come frutto della tensione verso quelle radici profonde, che costituiscono le fondamenta sulle quali hanno scelto di edificare i padri fondatori dell’Europa contemporanea”. E’ un’immagine che impone un grande impegno e grandi responsabilità.

Raffaele Sabato, Giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo

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NOTA – Il testo riporta una serie di collegamenti a documenti – prevalentemente in video – contenenti le immagini cui il testo fa riferimento. Le neuroscienze hanno dimostrato che le immagini si radicano nella memoria umana (e di altri animali) molto più rapidamente delle parole. Se vengono mostrate a una persona 10.000 fotografie e, dopo alcuni giorni, altre 1.000, la maggior parte delle persone riconosceranno con precisione le 500 comuni alla prima galleria fotografica, mentre scarteranno le ulteriori 500, introdotte ex novo. A mio avviso, è poco curata in Italia, a differenza di altri paesi, la diffusione di immagini importanti ai fini dei valori europei. Credo che sia importante sostenere i progetti mirati in tal senso, soprattutto nelle scuole.


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