Approvata la legge di delegazione europea 2014

A conclusione di un iter legislativo durato poco meno di cinque mesi, la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato, lo scorso 2 luglio 2015, il disegno di legge di delegazione europea 2014 (non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale), che era approdato al Senato il 5 febbraio 2015.

La legge di delegazione europea costituisce, assieme alla legge europea, uno degli strumenti che consentono l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (UE). All’indomani dell’entrata in vigore della legge 24 dicembre 2012 n. 234, nell’intento di favorire una più puntuale attuazione degli obblighi UE, la legge “comunitaria” prevista dal previgente regime è stata infatti sdoppiata in due distinti atti normativi contenenti uno – la legge europea – le disposizioni di attuazione diretta, l’altro – la legge di delegazione europea – le disposizioni di attuazione delegata, prevedendo per quest’ultima limiti temporali alla fase dell’iniziativa legislativa (l’art. 29, co. 4, L. 234/2012 indica il 28 febbraio di ogni anno quale termine finale per la presentazione del relativo DDL da parte del Governo, con facoltà di presentarne un secondo entro il 31 luglio – co. 8).

Con riguardo al termine per la presentazione del DDL non può non rilevarsi il permanere di un “cronico” ritardo annuale, con il quale il nostro Paese sta continuando a provvedere all’adempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell’UE (si tratta, infatti, di legge di delegazione europea relativa all’anno 2014), con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano, in primis, il rischio di apertura di procedure di infrazione da parte della Commissione.

Il testo approvato dalla Camera, in tutto identico al DDL trasmesso dal Senato, che aveva già significativamente ampliato il DDL originario, contiene la delega al Governo per il recepimento di ben 58 direttive, per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a 6 regolamenti e, infine, per l’attuazione di 9 decisioni quadro e di 1 decisione relative all’ex terzo pilastro (cfr. artt. 18-21), tra l’altro in termini molto stringenti (per quasi tutti gli atti tre mesi dall’entrata in vigore della legge di delegazione), essendo ormai la violazione degli obblighi in esse contenute sanzionabile con il ricorso per inadempimento di cui agli artt. 258 e ss. del TFUE (come noto, dal 1° dicembre 2014 non trova più applicazione per gli atti del terzo pilastro il regime transitorio di cui al protocollo n. 36 al TUE e TFUE, cfr., in questa rivista, C. Amalfitano).

Gli interventi che il legislatore delegato è autorizzato ad adottare riguarderanno, in particolare, il risarcimento del danno da violazione delle norme UE in tema di concorrenza (rimedio introdotto dalla direttiva 2014/104/UE. Per un’applicazione anticipata in via giurisprudenziale v., sempre su questa rivista, L. Calzolari); il diritto di accesso al difensore nei procedimenti penali (direttiva 2013/48/UE); l’obbligo di trasparenza e informazione in capo ai soggetti che emettono valori mobiliari e strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati (direttiva 2013/50/UE); la disciplina degli abusi di mercato e delle conseguenti sanzioni penali (direttiva 2014/57/UE); la valutazione d’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva 2014/52/UE); l’ordine europeo d’indagine penale (direttiva 2014/41/UE); la tutela dei diritti pensionistici complementari per i lavoratori che si spostano da un Paese membro all’altro (direttiva 2014/50/UE); la qualità e la sicurezza degli organi umani destinati al trapianto (direttiva 2010/53/UE); la restituzione dei beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro (direttiva 2014/60/UE).

A riprova del menzionato ritardo con cui il legislatore sistematicamente provvede a conformare l’ordinamento nazionale agli obblighi derivanti dall’UE, occorre evidenziare che su sei direttive tra quelle per le quali il Governo è stato autorizzato a predisporre l’attuazione, sono già state aperte altrettante procedure di infrazione per mancato recepimento (direttiva 2012/25/UE in materia di trapianti-procedura n. 2014/0287; direttiva 2014/68/UE in tema di attrezzature a pressione-procedura n. 2015/0145; direttiva 2013/54/UE sulla responsabilità dello Stato bandiera in materia di lavoro marittimo-procedura n. 2015/0202; direttiva 2014/51/UE relativa ai poteri delle Autorità europee di vigilanza assicurativa e bancaria-procedura n. 2015/0200; direttiva 2014/58/UE sul sistema per la tracciabilità degli articoli pirotecnici-procedura n. 2015/0201; direttiva 2014/59/UE in materia di risarcimento degli enti creditizi e imprese di investimento-procedura n. 2015/0066).

Su quest’ultima direttiva, peraltro, si è sviluppato un ampio dibattito, stante il tema affrontato, ovverosia la previsione di nuovi strumenti risolutivi e preventivi per la gestione di eventuali situazioni di dissesto delle banche. Tra gli strumenti di risoluzione, finalizzati a garantire la continuità delle funzioni essenziali, ad evitare effetti negativi per la stabilità finanziaria, a salvaguardare i fondi pubblici, nonché i fondi e le attività dei clienti, ha destato particolare clamore lo strumento del c.d. bail-in, previsto agli artt. 43 e ss. della direttiva, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2016 (cfr. art. 8, comma 1, lettera b) della legge di delegazione europea 2014). Tale«meccanismo per l’esercizio, da parte di un’autorità di risoluzione, dei poteri di svalutazione e di conversione in relazione alle passività di un ente soggetto a risoluzione» (così l’art. 2, n. 57 della direttiva), determinerà l’effetto di un vero e proprio prelievo forzoso sui conti correnti dei risparmiatori – seppur (solo?) quelli che presenteranno un saldo attivo superiore a 100 mila euro – producendo così un’inversione dell’attuale sistema di salvataggio mediante ricorso a fondi esterni alla banca, di natura pubblica (c.d. bail-out).

Deve, infine, segnalarsi che è attualmente in corso l’iter di approvazione al Senato del disegno di legge europea 2014, approvato dalla Camera il 10 giugno 2015, finalizzato alla chiusura di 13 delle 98 procedure di infrazione attualmente pendenti nei confronti dell’Italia e di 12 casi EU Pilot, nonché all’attuazione di due decisioni del Parlamento Europeo e del Consiglio e della direttiva 2014/64/UE che modifica la direttiva 64/432/CEE del Consiglio per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri.


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