Anche la Corte di giustizia dell’Unione è tenuta al rispetto del principio della durata ragionevole del processo. Prima sentenza di condanna al risarcimento del danno per violazione commessa dal Tribunale
Depositata oggi la tanto attesa sentenza del Tribunale, nella causa Gascogne, in cui per la prima volta è stata accolta un’azione di responsabilità extracontrattuale dell’Unione per fatto del suo giudice, in ragione della violazione del principio della durata ragionevole del processo. Sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, anche il giudice dell’Unione è infatti tenuto a rispettare siffatto principio e non solo a farsi garante del suo rispetto (v. già Baustahlgewebe).
La Corte di giustizia, con sentenza del 26 novembre 2013, aveva incidentalmente riconosciuto la violazione del principio in parola da parte del Tribunale nelle cause T-72/06 e T-79/06, decise con sentenza del 16 novembre 2011, ritenendo che fosse eccessiva (quasi sei anni) la durata del tempo impiegato dal giudice di prime cure per statuire nel merito (punto 91). Essa aveva altresì statuito che un’eventuale azione di danni per definire il quantum del risarcimento avrebbe dovuto essere avviata dinanzi al Tribunale (punto 90), in una composizione differente da quella la cui violazione era stata riscontrata, così da assicurare (almeno formalmente) il principio dell’imparzialità del giudice (anche esso sancito dall’art. 47 della Carta). Veniva così abbandonata definitivamente (v. già sentenza Der Grüne Punkt) l’impostazione accolta in Baustahlgewebe,dove l’indennizzo era stato assicurato mediante riduzione dell’ammenda inflitta dalla Commissione nella sua decisione conclusiva del procedimento antitrust (decisione impugnata con ricorso per annullamento dinanzi al Tribunale e la cui legittimità era stata, peraltro, confermata dal giudice dell’Unione).
Nel caso in esame, il giudizio di responsabilità extracontrattuale instaurato ex art. 268 TFUE dinanzi al Tribunale viene avviato contro l’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), ovvero avverso l’istituzione considerata nel suo complesso (art. 19 TUE), seppur chiamata a difendersi per fatto imputato all’organo giurisdizionale “Tribunale”, ovvero una delle (ormai due sole) istanze di cui si compone. In tale giudizio, la CGUE sollevava innanzitutto un’eccezione di irricevibilità, contestando di essere stata erroneamente convenuta in giudizio e sostenendo che la sua difesa avrebbe dovuto essere apprestata, piuttosto, dalla Commissione.
Rigettata detta eccezione di irricevibilità (con ordinanza del 2 febbraio 2015), il Tribunale si pronuncia oggi sul merito, confermando l’esistenza della violazione contestata al Tribunale e condannando l’Unione, rappresentata dalla CGUE (e quindi di fatto quest’ultima, che dovrà rispondere dell’illecito con i fondi del suo bilancio), al risarcimento del danno, per un totale di poco inferiore ai 60.000 euro, a fronte di una richiesta complessiva dei ricorrenti di 4 milioni di euro, a titolo di danno materiale (la richiesta era di circa 3,5 milioni di euro) e di danno morale (la richiesta era di 500.000 euro).
Il Tribunale, dopo aver ricordato che può essere riscontrata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione se sono soddisfatte tre condizioni cumulative (i) illiceità del comportamento contestato all’istituzione interessata, ii) effettività del danno e iii) sussistenza di un nesso di causalità tra detto comportamento e il danno lamentato: punto 52), ha rilevato in concreto la sussistenza di tutte e tre le condizioni. Quanto alla prima, esso ha ritenuto che il diritto che la causa sia decisa in un termine ragionevole è stato effettivamente violato in ragione dell’eccessiva durata del procedimento nelle cause decise il 16 novembre 2011 dal Tribunale. Il procedimento si era, infatti, protratto per circa cinque anni e nove mesi e nessuna delle circostanze di dette cause poteva giustificare siffatta durata. In particolare, secondo il Tribunale, la durata di 46 mesi dalla fine della fase scritta del procedimento all’apertura della fase orale del procedimento evidenzia un periodo di inerzia ingiustificata di ben 20 mesi in ciascuna delle due cause in parola (punto 76). Quanto alla seconda condizione, il Tribunale rileva che la sola Gascogne (che ha pagato le spese di garanzia bancaria, anche per la Gascogne Sack Deutschland che non ha dunque patito alcun danno “materiale”) ha subìto un pregiudizio materiale effettivo e reale in quanto, nel periodo di inerzia ingiustificata del Tribunale, ha sopportato oneri per le spese di costituzione della garanzia bancaria a favore della Commissione (punto 131). Non sono invece ritenute fondate le altre voci di danno sostenute dalle ricorrenti. Infine, quanto alla terza condizione, essa si considera soddisfatta perché, se il procedimento nelle cause T-72/06 e T-79/06 non si fosse protratto oltre il ragionevole termine di giudizio, la Gascogne non avrebbe dovuto sostenere le menzionate spese di garanzia bancaria per il periodo di durata eccedente (punto 143).
Viene così accordata alla Gascogne un’indennità di 47.064,33 euro a titolo di risarcimento del danno materiale (punti 142-143). Ad entrambe le società, Gascogne e Gascogne Sack Deutschland, viene poi riconosciuto un danno morale e un’indennità di 5.000 euro, in conseguenza dell’eccessiva durata del procedimento nelle cause T-72/06 e T-79/06: esse, infatti, in tale eccessivo lasso temporale, hanno versato in uno stato d’incertezza maggiore di quello normalmente provocato da un procedimento giurisdizionale e che ha influito inevitabilmente sulla gestione delle società e sulla pianificazione delle decisioni da adottare (punti 155-164).
Il Tribunale decide inoltre che l’indennità di 47.064,33 euro accordata alla Gascogne dovrà essere rivalutata con gli interessi compensativi, a decorrere dal 4 agosto 2014 (data di instaurazione del giudizio di responsabilità extracontrattuale) e sino alla data odierna della sentenza, al tasso d’inflazione annuo constatato, per il periodo in questione, da Eurostat in Francia, Stato membro di stabilimento della Gascogne (punto 177). Ancora, tanto l’indennità a titolo di risarcimento del danno materiale a favore della Gascogne, tanto quelle per il risarcimento del danno morale riconosciute a ciascuna delle due società dovranno essere maggiorate degli interessi di mora, decorrenti dalla data della sentenza e sino al pagamento integrale delle indennità, al tasso fissato dalla Banca centrale europea per le sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di due punti percentuali (punti 179-180).
Infine, la CGUE è condannata a sopportare le spese delle ricorrenti, in virtù del principio della soccombenza, con riguardo al giudizio relativo all’eccezione di irricevibilità (in quella sede il Tribunale essendosi riservato). Le spese del giudizio principale sono invece compensate, ciascuna parte sopportando, dunque, le proprie spese legali (punti 188-190). Se tale ultima statuizione appare coerente con la giurisprudenza della Corte, resta da chiedersi se la “risicata” vittoria delle ricorrenti altro non sia che una mera “soddisfazione morale” e forse anche un sostanziale disincentivo a proporre ricorsi per risarcimento del danno o, almeno, un incentivo a meglio motivarli, così che la ridotta entità del risarcimento non vanifichi sostanzialmente la riparazione del pregiudizio conseguita dal ricorrente e, quindi, scoraggi dal proporre un controllo sul rispetto della durata ragionevole del processo da parte dei giudici dell’Unione.
Solo una breve riflessione, delle tante possibili, in merito al rispetto dell’art. 47 della Carta sotto il profilo della effettiva imparzialità del giudice. Come visto, il Tribunale è tenuto a giudicare un proprio pregresso comportamento, seppur in una composizione diversa da quella cui il comportamento (illecito) è contestato. Sarebbe forse preferibile che una valutazione siffatta fosse rimessa alla Corte di giustizia, istanza giudiziaria certamente più “distante” dal Tribunale di una diversa sezione al suo interno.
Oggi questa soluzione è preclusa dal riparto di competenze tra Corte di giustizia e Tribunale che discende dal combinato disposto degli artt. 256 TFUE e 51 dello Statuto e per questa ragione è al vaglio della CGUE la possibile modifica del menzionato art. 51, così da riservare alla Corte, in primo ed unico grado, la competenza sulle azioni di responsabilità per fatto del giudice (limitatamente – per ora, almeno – alla violazione del principio della durata ragionevole del processo) promosse da persone fisiche e giuridiche.
La decisione del Tribunale è (così) oggi impugnabile dinanzi alla Corte, la quale, presumibilmente, sarà investita del pourvoi della sentenza in esame con – alla fine della storia – un ulteriore allungamento dei tempi processuali per veder definitivamente risolta la questione… per ora non ci resta che attendere, dunque, l’ultimo (?) capitolo della saga Gascogne.