Reclamo contro la Bulgaria al Comitato europeo dei diritti sociali per discriminazione ai danni degli anziani nella lotta al Covid

Il 25 gennaio 2022 è stato depositato presso il Segretariato del Consiglio d’Europa un reclamo contro la Bulgaria dell’Open Society European Policy Institute (OSEPI), organizzazione non governativa con status consultivo al Consiglio d’Europa, sulla base del Protocollo alla Carta sociale europea del 9 novembre 1995 che ha introdotto un sistema di reclami collettivi (European Committee of Social Rights, Open Society European Policy Institute (OSEPI) v. Bulgaria, Complaint No. 204/2022). Il reclamo lamenta la violazione da parte bulgara dell’art. 11 della parte II, sul diritto alla salute, in collegamento con l’art. E della parte V, incorporante il principio di non discriminazione, della Carta sociale europea riveduta del 3 maggio 1996 in relazione alla politica vaccinale contro il Covid 19 adottata da questo paese, con specifico riguardo alla tutela della popolazione anziana e delle persone vulnerabili.

Il reclamo merita interesse, perché si sofferma su un aspetto importante ma un po’ trascurato nel quadro delle implicazioni sulla tutela dei diritti umani della pandemia da Covid 19 e delle misure, diversificate, adottate dagli Stati per contrastarla. L’attenzione prevalente si è infatti concentrata sulle limitazioni inflitte ad altri diritti fondamentali dalle misure poste in essere dagli Stati per arginare la pandemia e così proteggere la salute della popolazione e sulla congruità o proporzionalità delle stesse in relazione ai fini perseguiti; oppure, in tema di vaccini, sulla questione, indubbiamente di primo rilievo, della loro distribuzione a livello mondiale (v. per tutti F. Passerini, Il ruolo degli Stati e dell’OMS nel contrasto alle malattie epidemiche e il problema dell’iniqua distribuzione dei vaccini, in questa Rivista, numero speciale, Accesso ai vaccini: diritto internazionale ed europeo, 2021, p. 69 ss.). Qui invece, lo Stato che vanta la più bassa percentuale di popolazione avente acquisito una protezione vaccinale completa fra quelli membri dell’Unione europea (secondo i dati riportati nel reclamo, par. 30, 34,1% della popolazione di età uguale o superiore ai diciotto anni al 21 gennaio 2022) è accusato di non avere adottato misure adeguate a proteggere la parte anziana e vulnerabile della sua popolazione dagli effetti del virus.

L’accusa si fonda in primo luogo sull’organizzazione della campagna vaccinale da parte del governo bulgaro, il quale, in presenza di una quantità limitata di dosi disponibili, prevedeva nel piano adottato il 7 dicembre 2020 l’accesso ai vaccini in cinque fasi, dando la priorità al personale sanitario e delle farmacie, seguiti da altre categorie di lavoratori più o meno latamente definite. Solo il quarto posto nell’ordine delle priorità era attribuito alle persone dai 65 anni di età in avanti e a quelle più vulnerabili a causa di pregresse patologie. Per di più, la prassi dava luogo ad una serie di abusi nell’accesso ai vaccini da parte di numerose persone non aventi titolo e nel febbraio 2021, in condizioni di scarsità vaccinale ancora imperante, il governo avviava delle somministrazioni (cosiddetti “corridoi verdi”) aperte a tutta la popolazione (ma, date le condizioni delle stesse, difficilmente accessibili alle persone anziane e vulnerabili). Così agendo, il governo bulgaro contravveniva alle raccomandazioni provenienti da numerose istituzioni internazionali, non ultima la Commissione europea, che già a metà ottobre del 2020 aveva indicato che le strategie di immunizzazione dovevano dare la priorità, oltre che al personale sanitario, agli over 60 nonché alle persone vulnerabili per altre patologie o in virtù di diversi criteri (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Preparazione per le strategie di vaccinazione e la diffusione di vaccini contro la COVID-19, COM(2020) 680, 15 ottobre 2020, p. 11). Tale condotta della Bulgaria determina secondo l’organizzazione reclamante violazione del par. 1 dell’art. 11, parte II della Carta riveduta, laddove esso prescrive agli Stati parte che abbiano accettato tale impegno di adottare misure tese ad eliminare per quanto possibile le cause che sono all’origine di uno stato di salute degradato.

In secondo luogo, il governo bulgaro era ritenuto responsabile per non aver trasmesso alla popolazione comunicazioni adeguate in relazione all’importanza della vaccinazione, per non avere contrastato la propaganda di disinformazione riguardo ai vaccini e per non avere formato il personale medico e in particolare i medici di base sull’essenzialità della somministrazione dei vaccini, in ciò contravvenendo al par. 2 dell’art. 11, secondo cui le misure governative devono prevedere servizi di consulenza e di educazione ai fini del miglioramento della salute e dello sviluppo di un senso di responsabilità individuale in ambito di tutela della stessa.

In terzo luogo la reclamante accusa il governo bulgaro di violazione del par. 3 dell’art. 11, laddove esso richiede agli Stati parte la messa in atto di misure tese alla prevenzione, nella misura del possibile, delle malattie epidemiche, endemiche e altre, ancora una volta per non avere dato adeguata priorità alla popolazione anziana e fragile nella distribuzione dei vaccini e per non avere garantito e facilitato l’accesso fisico degli anziani e vulnerabili ai medesimi.

Tali condotte si configurerebbero al contempo anche quali violazioni del diritto alla vita, avendo determinato un alto numero di decessi nella popolazione anziana e vulnerabile che avrebbero potuto essere in parte prevenuti se si fosse intervenuti con una campagna adeguata e tempestiva a tutela degli anziani e dei fragili. Del resto, come ricordato dal Comitato europeo dei diritti sociali, l’art. 11 della Carta ha natura complementare rispetto agli artt. 2 e 3 della CEDU, il tratto comune essendo dato dalla protezione della dignità umana, valore fondante del diritto europeo dei diritti umani della cui preservazione la tutela della salute è un prerequisito essenziale (European Committee of Social Rights, Statement of interpretation on the right to protection of health in times of pandemic, 21 aprile 2020, p. 5 s.). Le condotte in questione inoltre determinerebbero anche una violazione del principio di non discriminazione nel godimento dei diritti garantiti dalla Carta, fondata nel caso di specie sulla salute (le altre condizioni patologiche) o sull’età (rientrante nelle “altre situazioni” evocate dalla norma), che avrebbero richiesto un trattamento differenziato a favore delle categorie di popolazione interessate, onde fare fronte alla loro maggiore vulnerabilità.

Dato il perdurare di una situazione di forte rischio e di inadeguata copertura della popolazione fragile in Bulgaria, il reclamo richiede al Comitato europeo dei diritti sociali anche l’indicazione allo Stato interessato, nelle more dell’adozione di una decisione sul merito, di misure immediate, ai sensi dell’art. 36 del Regolamento di procedura del Comitato, tese ad evitare ulteriori danni irreparabili agli anziani e vulnerabili della Bulgaria.

Se il reclamo verrà ritenuto ammissibile, sarà interessante vedere quali saranno le valutazioni nel merito del Comitato, il quale già si è pronunciato nel senso che nell’adozione delle misure di contrasto alla pandemia “States parties must be particularly mindful of the impact that their choices will have for groups with heightened vulnerabilities” (Statement, p. 4), con particolare riguardo ad una questione delicata e complessa, quale quella dell’ordine delle priorità nella campagna vaccinale, questione su cui il dibattito è stato vivace anche negli altri paesi e le risposte degli Stati europei sono state alquanto diversificate.


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