Prima apparizione dell’istituto dell’ in house c.d. orizzontale

Con la sentenza 8 maggio 2014, causa C-15/13, la Corte di giustizia si è trovata per la prima volta a valutare la figura del c.d. “in house orizzontale”. Con tale termine, come specificato anche nelle Conclusioni dell’Avvocato Generale Mengozzi del 23 gennaio 2014 (cfr. punto 25), si intende la conclusione di un contratto tra un’amministrazione aggiudicatrice e un soggetto aggiudicatario che non siano legati da alcuna relazione di controllo diretto, ma che siano sottoposti al controllo analogo di una medesima istituzione, a sua volta aggiudicatrice ai sensi della direttiva 2004/18, e realizzino la parte più importante della loro attività a favore della loro istituzione comune.
La questione pregiudiziale rivolta alla Corte dal giudice a quo tedesco (Hanseatisches Oberlandesgericht Hamburg) era diretta a stabilire se anche per un tale tipo di operazione si possa configurare un’eccezione all’applicabilità delle procedure di gara prevista dalle note direttive (2004/17/CE e 2004/18/CE) in materia, così come è stato riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria per la categoria del c.d. “in house providing” (enucleata a partire dalla sentenza Teckal, 18 novembre 1999, causa C-107/98, sul cui contenuto si tornerà tra breve).
Nel caso di specie, la causa di merito riguardava l’affidamento diretto di un appalto da parte della Università della Città di Amburgo che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9 della Direttiva 2004/18, costituisce un organismo di diritto pubblico ed è dunque da qualificarsi come amministrazione aggiudicatrice. Nello specifico, l’Università di Amburgo, dovendo acquisire un sistema di gestione informatica per l’insegnamento superiore, si era rivolta alla società HIS, stipulando con essa un contratto senza alcuna gara, nonostante il valore dell’appalto superasse la soglia comunitaria.
Tuttavia il rapporto tra l’Università e detta società non era tale da giustificare di per sé l’affidamento dell’appalto senza gara, consentito dalla giurisprudenza della Corte solo nel caso di società in house. La quale a sua volta presuppone che siano soddisfatte le condizioni cumulative enucleate dalla già citata sentenza Teckal: un controllo, analogo a quello che eseguirebbe sui propri servizi, da parte di un’amministrazione aggiudicatrice nei confronti dell’affidatario, il quale, a sua volta, svolga la parte più importante della propria attività con l’amministrazione che lo controlla. Ciò, tenuto conto che, per giurisprudenza consolidata, tali condizioni sono state considerate assolte anche quando il “controllo analogo” sia esercitato da più autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga effettuato da ciascuna di esse (cfr. del 29 novembre 2012, causa C-182/11 e C-183/11, Econord, punti da 28 a 31, e causa C-231/03 del 21 luglio 2005, Coname, punto 24): si tratta, in quest’ultimo caso, di società in house pluripartecipate.
Nel caso di specie, come si è accennato, l’Università della città di Amburgo non esercita alcun controllo sulla HIS, non detenendo alcuna partecipazione nel relativo capitale sociale e non avendo alcun rappresentante legale negli organi direttivi di quest’ultima. Tanto basterebbe per escludere in radice l’in house providing, posto che tale istituto presuppone, come ha sottolineato l’Avvocato Generale (cfr. Conclusioni punto 41), la mancanza di autonomia tra i due soggetti, tale da escludere un rapporto contrattuale in senso stretto per mancanza di “incontro di due volontà autonome che rappresentano interessi giuridici distinti” (cfr. punti 49 e 50 della citata sentenza Teckal).
Ciò non di meno l’affidamento diretto sarebbe stato giustificato -secondo le ricorrenti nel giudizio a quo- dall’esistenza del “controllo analogo”, soddisfatto dalla condizione che entrambi gli enti si troverebbero sotto il controllo della Città di Amburgo. E al riguardo hanno fatto valere la circostanza che la società HIS è società a responsabilità limitata il cui capitale è detenuto per un terzo dalla Repubblica federale di Germania e per due terzi dai sedici Länder Tedeschi, tra cui anche dalla Città-Land di Amburgo, che ne possiede il 4,6% del capitale.
E’ stata così per la prima volta portata alla cognizione della Corte la questione se si possa parlare di affidamento in house allorchè il “controllo analogo” non intercorra tra affidante e affidatario dell’appalto, ma tra un ente terzo (nella specie la Città di Amburgo) e le prime due. Tale fattispecie darebbe luogo, infatti, alla figura affidamento in house orizzontale.
La Corte, pur non avendo escluso l’ammissibilità di tale particolare configurazione dell’in house, ha ritenuto che la stessa non ricorresse nella specie. Infatti, indipendentemente dai rapporti tra Città di Amburgo e società HIS (che verosimilmente avrebbero soddisfatto i requisiti del “controllo analogo” tipico di una in house pluripartecipata), la Corte si è limitata a riscontrare l’assenza di tali requisiti nei rapporti tra Città di Amburgo e l’Università della stessa città: e invero, la prima non detiene un’influenza determinante né sugli obiettivi strategici né sulle decisioni importanti dell’Università (sono questi gli indici perché sussista un “controllo analogo”, secondo una giurisprudenza ormai consolidata: cfr. causa C-573/07, 10 settembre 2009, Sea, punto 65; causa C-458/03, 13 ottobre 2005, Parking Brixen, punto 65; causa C-324/07, 17 luglio 2008, Commissione c. Italia, punto 26), data la conclamata autonomia scientifica e didattica dell’Università medesima.
Il controllo esercitato dalla Città di Amburgo si concentra, infatti, solo su una parte dell’attività dell’Università e in particolare solo sugli aspetti relativi alle acquisizioni. Ciò, tuttavia, non basta, dato il ben noto approccio restrittivo, da parte della giurisprudenza della Corte riguardo al tipo di controllo analogo che deve necessariamente esercitare l’amministrazione controllante. Infatti, la Corte ha da sempre riconosciuto che l’obiettivo primario delle norme dell’Unione, in materia di appalti pubblici, è la libera circolazione dei servizi, volta a garantire la più ampia apertura possibile alla concorrenza. Per tali motivi, non devono essere estese, oltre i limiti della ragionevolezza, le deroghe alla disciplina degli appalti pubblici, perché altrimenti ciò comporterebbe il sottrarre settori economici alla libera concorrenza.
La Corte ha così statuito che “l’articolo 1, paragrafo 2 lettera a), della direttiva 2004/18/CE […] relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che un contratto avente ad oggetto la fornitura di prodotti, concluso tra, da un lato, un’università che è un’amministrazione aggiudicatrice ed è controllata nel settore delle sue acquisizioni di prodotti e servizi da uno Stato federale tedesco e, dall’altro, un’impresa di diritto privato detenuta dallo Stato federale e dagli Stati federali tedeschi, compreso detto Stato federale, costituisce un appalto pubblico ai sensi della medesima disposizione e, pertanto, deve essere assoggettato alle norme di aggiudicazione di appalti pubblici previste da detta direttiva”.
Le conclusioni raggiunte non escludono, come si è accennato, che in altro contesto fattuale l’eccezione alle norme europee possa essere legittimamente riconosciuta agli affidamenti diretti “orizzontali” qualora l’ente che esercita il controllo analogo lo eserciti in via esclusiva su entrambi i soggetti (amministrazione aggiudicatrice e soggetto affidatario). Si pensi, ad esempio, al caso di un’operazione avente il contenuto oggettivo di un appalto che intercorra tra due società in house dello stesso Comune.
Del resto il diritto UE, anche quello in tema di apertura degli appalti alla concorrenza, ha sempre dato rilievo al gruppo di imprese, che in una visione sostanzialistica del fenomeno, è da considerare come un soggetto unitario (e non un insieme di rapporti intersoggettivi) (cfr. ad esempio sentenza 14 aprile 1994, causa C-389/92, Ballast Nedam Groep I). Al riguardo, già da tempo la menzionata direttiva 2004/17/CE sui settori c.d. ex esclusi (appalti affidati da enti erogatori di acqua e di energia, nonché di servizi di trasporto e postali) contempla un istituto derogatorio che riguarda i rapporti di influenza dominante tra ente aggiudicatore e appaltatore, anche nel caso in cui entrambi siano soggetti all’influenza dominante di altra impresa (art. 23).
Si aggiunga che la recente direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 in tema di appalti pubblici prevede espressamente, all’art. 12, paragrafo 2, una deroga alla disciplina generale in essa contenuta “quando una persona giuridica controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice aggiudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice”. Dunque, l’istituto dell’in house orizzontale è ormai codificato anche in un atto UE, sebbene se non sia ancora scaduto il termine per il suo recepimento in ambito nazionale (18 aprile 2016). Insomma, ben si comprende che la Corte non ha messo in discussione tale istituto, bensì soltanto la sua concreta applicazione nel rapporto trilatero Università di Amburgo, Città di Amburgo e società HIS.
Un ultimo aspetto trattato dalla Corte riguarda il possibile inquadramento del rapporto tra l’Università di Amburgo e la società HIS nell’ambito degli accordi di cooperazione tra enti pubblici che sono stati oggetto di alcune pronunce della Corte di giustizia (cfr. 9 giugno 2009, causa C-480/06, Commissione c. Germania; 19 dicembre 2012, causa C-159/11, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a.).
Si ricorda che, affinché si possa configurare tale ipotesi di deroga alla disciplina generale delle gare pubbliche, la giurisprudenza UE richiede i seguenti requisiti: a) “una cooperazione tra enti pubblici, la quale, in secondo luogo sia finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune tra gli enti”; b) i contratti devono essere stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, nessun prestatore privato deve avere una posizione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e c) “la cooperazione istituita dagli enti pubblici deve essere retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico” (cfr. le già citate Conclusioni dell’Avvocato Generale Mengozzi, punto 50, nella causa in commento).
Ciò detto, la decisione della Corte è risultata lineare e piana, in quanto si è limitata a constatare la carenza dei presupposti: non vi è rapporto di cooperazione tra enti pubblici, sia perché la società HIS non costituisce autorità pubblica sia perché la stessa non è direttamente incaricata di svolgere un pubblico servizio.
Tanto è bastato per escludere anche quest’ultima ipotesi di deroga alla disciplina generale degli appalti, indipendentemente dalla valutazione, di per sé opinabile, che neppure l’Università di Amburgo costituisce un’autorità pubblica (cfr. punto 16 della sentenza).


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