Milano ufficialmente candidata ad accogliere la terza sezione della divisione centrale del tribunale unificato dei brevetti dopo l’uscita di scena di Londra

L’istituzione di un sistema unificato di risoluzione delle controversie in materia brevettuale fa parte, come noto, del più ampio quadro normativo predisposto a livello europeo nell’ambito della cooperazione rafforzata volta a istituire una tutela brevettuale unitaria tra gli Stati aderenti.

La cooperazione rafforzata, autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea in data 10 marzo 2011 con decisione 2011/167/UE, cui hanno aderito tutti gli Stati membri dell’Unione – eccetto Spagna e Croazia –, trova attuazione nel Regolamento (UE) n. 1257/2012 e nel Regolamento (UE) n. 1260/2012, recanti, rispettivamente, alcuni aspetti della disciplina sostanziale del brevetto europeo con effetto unitario e la disciplina del regime linguistico ad esso applicabile.

I regolamenti da ultimo menzionati costituiscono, insieme all’Accordo su un tribunale unificato dei brevetti (Accordo TUB), il c.d. «pacchetto brevetti».

Il Tribunale unificato dei brevetti (TUB), frutto di un accordo internazionale, sarà un organo giurisdizionale comune agli Stati membri contraenti, competente in via esclusiva a conoscere delle controversie relative al brevetto europeo con effetto unitario e al brevetto europeo classico, disciplinato dalla Convenzione di Monaco di Baviera del 5 ottobre 1973.

Il funzionamento del sistema delineato dal quadro normativo suesposto è subordinato all’entrata in vigore dell’Accordo TUB, per cui è necessario il deposito di tredici atti di ratifica, tra i quali devono necessariamente figurare quelli degli Stati in cui «il maggior numero di brevetti europei aveva effetto nell’anno precedente a quello in cui ha (avuto) luogo la firma dell’accordo» (art. 89 Accordo TUB), ossia, Regno Unito, Germania e Francia.

L’entrata in vigore dell’Accordo TUB costituisce una vicenda travagliata, su cui, recentemente, ha inciso la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, dichiarando la nullità dell’atto di ratifica nazionale in quanto adottato senza le maggioranze all’uopo richieste dalla Carta costituzionale (sul tema si veda, in questa Rivista, il contributo M. Guidi) e su cui la Brexit è necessariamente destinata ad avere un’influenza rilevante (per approfondimenti si veda, in questa Rivista, il contributo di B. Nascimbene, nonché J. Alberti).

Gli strumenti di ratifica attualmente depositati sono 15, poiché, il Regno Unito “si è chiamato fuori” dal progetto volto all’istituzione del TUB, ritirando la sua ratifica in data 20 luglio 2020. Tale decisione si pone in contrasto con l’originaria – e per certi versi contraddittoria – scelta di procedere alla ratifica dell’Accordo TUB (datata 26 aprile 2018), nonostante l’esito del Referendum del 23 giugno 2016 e la già avvenuta attivazione della procedura di recesso di cui all’art. 50 TUE.

Nel novero delle ratifiche già depositate si contano anche quelle di Francia e Italia (che ha ratificato l’Accordo TUB con l. n. 214 del 3 novembre 2016), considerata il quarto Paese in cui aveva efficacia il maggior numero di brevetti europei nell’anno precedente la firma dell’Accordo TUB. Il nostro Paese, in seguito all’uscita di scena del Regno Unito, sarebbe quindi il terzo Stato firmatario la cui ratifica è necessaria ai fini dell’entrata in vigore dell’Accordo in parola.

È necessario ricordare che, nell’architettura disegnata dall’Accodo TUB, il nuovo organo giurisdizionale consterà di un Tribunale di primo grado, di una Corte d’appello e di una cancelleria, queste ultime con sede a Lussemburgo.

Il Tribunale di primo grado si articolerà, invece, in una divisione centrale con sede a Parigi e due sezioni distaccate a Londra e a Monaco di Baviera (art. 7 Accordo TUB).

Ci si chiede, quindi, quale sarà il destino della sezione di Londra, competente, ai sensi dell’Allegato II dell’Accordo TUB, in materia di necessità umane, chimica e metallurgia.

Le soluzioni prospettate mirano, da un lato, a far defluire il contenzioso di competenza della sezione inglese alle due sezioni già programmate di Monaco di Baviera e di Parigi e, dall’altro, a voler individuare una nuova città, sita nel territorio di uno degli Stati firmatari (tutti gli Stati membri dell’Unione, eccetto Polonia, Spagna e Croazia), in cui la sezione londinese possa trovare nuova sede.

In quest’ultima direzione sembra essersi recentemente orientato anche il governo italiano. Infatti, con un comunicato stampa, pubblicato in seguito alla riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi il 3 settembre scorso, il Governo ha reso noto che Milano (già selezionata per ospitare una sezione locale del TUB) sarà la città italiana candidata ad accogliere la sezione della divisione centrale del Tribunale di primo grado che, originariamente, avrebbe dovuto collocarsi a Londra.

La notizia è giunta a ridosso dell’incontro del preparatory comittee(comitato preparatorio del TUB, istituito dagli Stati firmatari dell’Accordo, con l’obiettivo di compiere quanto necessario affinché il tribunale possa essere operativo una volta che l’Accordo entrerà in vigore) previsto per il 10 settembre scorso, in cui si è discusso, tra l’altro, delle modalità con cui far fronte all’uscita del Regno Unito dal sistema delineato dall’Accordo TUB.

All’esito di detto incontro, il Ministero degli Affari Esteri ha fatto sapere in una nota che, per il momento, è stata approvata una redistribuzione delle competenze della sezione di Londra tra le sezioni di Monaco di Baviera e di Parigi, con la precisa indicazione che tale soluzione avrà, però, carattere solamente temporaneo. Pertanto, è probabile che si dovrà procedere a una modifica dell’Accordo TUB, quantomeno in relazione all’art. 7 (nella parte in cui individua Londra quale sede di una delle sezioni della divisione centrale del TUB) e all’Allegato II (nella parte in cui specifica le competenze della sezione di Londra), al fine di adeguarlo al complesso di eventi che ha reso concreta e attuale l’uscita di scena del Regno Unito dal sistema di cui trattasi e (perché no) per includervi Milano quale città ospitante la terza sezione della divisione centrale del Tribunale di primo grado. Ai sensi dell’art. 87 dell’Accordo TUB, tale modifica potrà aver luogo mediante decisione del comitato amministrativo o attraverso nuovi negoziati qualora uno degli Stati membri contraenti dichiari, entro un anno da detta decisione, di non volervi essere vincolato. Per questo, tuttavia, bisognerà attendere l’entrata in vigore dell’Accordo TUB che dovrebbe aver luogo in un futuro prossimo: condizionata, comunque, dal deposito del nuovo strumento di ratifica da parte della Germania.


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