Meccanismi elettivi e composizione del Parlamento europeo in vista della legislatura 2019-2024: quali prospettive?

1. In vista delle elezioni del Parlamento europeo del 2019, il Consiglio europeo ha pubblicato, in data 28 giugno 2018, una decisione relativa alla composizione del Parlamento europeo con riferimento alla legislatura 2019-2024, mentre in data 13 luglio 2018 il Consiglio dell’Unione europea ha altresì pubblicato una decisione relativa ai meccanismi elettivi concernenti le prossime elezioni. In particolare, la prima decisione si pone come obiettivo precipuo quello di stabilire la nuova composizione dell’istituzione rappresentativa dei cittadini dell’Unione europea, a motivo, da un lato, degli sviluppi demografici registrati negli Stati membri durante l’ultima legislatura, nonché, dall’altro lato, del prossimo recesso del Regno Unito dall’Unione. La seconda, invece, ha l’obiettivo di modificare l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto. In tal senso, risulta importante evidenziare come tali recenti decisioni siano state adottate − la prima mediante l’apposita procedura non legislativa prevista dall’art. 14, par. 2, TUE, la seconda mediante la procedura legislativa speciale di cui all’art. 223, par. 1, TFUE − in seguito a due atti non vincolanti pubblicati recentemente dalla Commissione (in particolare, rispettivamente una raccomandazione e una comunicazione) concernenti il rafforzamento della natura europea e l’efficienza nello svolgimento delle elezioni europee del 2019.

2. Partendo dall’analisi della decisione del Consiglio europeo, la quale − val bene sottolineare − sostituisce la precedente decisione del Consiglio europeo adottata il 28 giugno 2013 con riferimento alla legislatura 2014-2019, occorre rilevare che la comunicazione della Commissione, rispetto alla quale la menzionata decisione del Consiglio europeo si pone in linea di continuità ideale, affrontava, inter alia, anche il tema della ripartizione tra gli Stati membri, con riferimento alla legislatura 2019-2024, dei 73 seggi del Parlamento europeo ad oggi assegnati al Regno Unito, proponendo diverse soluzioni che avrebbero reso, nelle intenzioni della Commissione, le istituzioni europee maggiormente efficienti e trasparenti agli occhi dei cittadini europei (su cui L. D’Amico, Democraticità, trasparenza ed efficienza delle istituzioni europee in vista delle elezioni del 2019 (e della Brexit…), in questa Rivista, 2018). In tal senso, la comunicazione della Commissione è stata adottata avendo come chiari criteri ispiratori, in applicazione dell’art. 10 del TUE, il quale stabilisce – tra l’altro – che il funzionamento dell’Unione europea si fonda sul paradigma della democrazia rappresentativa, tre importanti principi previsti dall’art. 14, par. 2, TUE, ossia: (i) la rappresentanza dei cittadini europei è garantita in modo degressivamente proporzionale, (ii) il numero totale di seggi entro il Parlamento europeo non può essere superiore a 751 unità (compreso il suo Presidente), e (iii) deve essere rispettata una soglia minima di 6 seggi per Stato membro, nonché, per converso, una massima di 96. In particolare, rispetto al tema relativo al numero di totale di seggi previsti al Parlamento europeo e alla ripartizione di quelli attualmente assegnati al Regno Unito per quanto concerne la legislatura 2019-2024, la sopramenzionata comunicazione della Commissione prospettava quattro diverse opzioni, ossia:  portare il totale dei seggi a un numero inferiore a 751 parlamentari; riassegnare i seggi del Regno Unito ad altri Stati membri; riservare i seggi che resterebbero inutilizzati a seguito del recesso del Regno Unito ad un futuro allargamento dell’Unione; riservare i seggi che resterebbero inutilizzati a seguito del recesso del Regno Unito all’eventuale creazione di una circoscrizione transnazionale.

In tal senso, in data 7 febbraio 2018, il Parlamento europeo aveva proposto di aggregare le prime tre opzioni, arrivando, così, ad una riduzione del numero totale dei parlamentari pari a 705 unità, nonché di riassegnare , da un lato, ad altri Stati membri i 27 seggi rimasti inutilizzati, come pure, dall’altro, di mantenere il differenziale rimasto inutilizzato (ossia, 46 seggi) come riserva per un futuro allargamento dell’Unione europea.

3. In conformità all’art. 14, par. 2, TUE, la decisione del Consiglio europeo, sulla base degli aggregati di popolazione complessiva degli Stati membri come calcolati dall’Ufficio Statistico dell’Unione europea presso la Commissione (ossia l’Eurostat), nonché nel rispetto degli scopi e della metodologia previsti dal regolamento (UE) n. 1260/2013 istitutivo di un quadro giuridico comune rispetto allo sviluppo, produzione e diffusione di statistiche europee sulla popolazione dell’Unione, ha, dunque, fissato nella misura complessiva di 705 il numero dei rappresentanti al Parlamento europeo con riferimento alla legislatura 2019-2024, facendo così propria la triplice istanza prospettata a febbraio di quest’anno dallo stesso Parlamento sulla base della comunicazione della Commissione. In particolare, la Germania risulterà essere, al pari della precedente legislatura, l’unico Stato membro con 96 rappresentanti, seguito dalla Francia con 79 seggi e dall’Italia con 76 (Stati membri ai quali erano stati assegnati, invece, rispettivamente 74 e 73 seggi nel periodo 2014-2019); all’estremo opposto dello spettro si collocheranno, invece, Cipro, Lussemburgo e Malta, i quali vedranno attribuiti ciascuno il minimo di parlamentari attualmente previsto dall’art. 14 del TUE, ossia 6 parlamentari.

  1. La decisione del Consiglio europeo delinea altresì la composizione del Parlamento anche nel caso in cui il Regno Unito dovesse essere ancora membro dell’Unione europea all’inizio della legislatura 2019-2024. In tale ipotesi, il numero dei rappresentanti tenuti ad insediarsi al Parlamento europeo per ciascuno Stato membro sarà pari a quello precedentemente previsto dall’articolo 3 della sopracitata decisione del Consiglio europeo del 28 giugno 2013, sino a quando il recesso del Regno Unito dall’Unione non sarà divenuto giuridicamente efficace, secondo quanto indicato all’art. 3, par. 2, c. 1, della decisione. In tal senso, dunque, il Regno Unito potrà continuare a vedersi attribuiti 73 parlamentari anche oltre il 29 marzo 2019 (data che segna il decorso di due anni dalla notifica del recesso del Regno Unito al Consiglio europeo), nella misura in cui – a norma di quanto disposto dall’art. 50, par. 3, TUE – lo stesso Consiglio europeo decida, all’unanimità, e di comune intesa con lo Stato membro recedente, di prorogare l’applicazione dei Trattati al Regno Unito nell’eventualità in cui non si sia stato concluso alcun accordo di recesso entro il 29 marzo 2019, come pure, alternativamente, qualora si decida di posticipare a data futura l’entrata in vigore dell’accordo medesimo. Ad ogni modo, nel momento in cui il recesso del Regno Unito dall’Unione europea dovesse divenire giuridicamente efficace, il numero dei rappresentanti al Parlamento europeo eletti in ciascuno Stato membro tornerà ad essere quello stabilito dalla decisione del Consiglio europeo, come espressamente previsto dall’art. 3, par. 2, c. 2, della decisione, con la conseguenza che la precedente decisione del Consiglio europeo del giugno 2013 non troverà più la menzionata prorogata applicazione temporale. Da ultimo, la decisione in esame del Consiglio europeo precisa come, con sufficiente anticipo prima dell’inizio della legislatura 2024-2029, il Parlamento sarà tenuto a presentare allo stesso Consiglio europeo una proposta di ripartizione aggiornata dei seggi nel Parlamento, in conformità a quanto disposto dall’art. 14, par. 2, TUE.

5. Con riferimento, invece, alla decisione del Consiglio dell’Unione europea pubblicata nel mese di luglio 2018, va preliminarmente osservato come la stessa vada ad emendare l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto entrato in vigore il 1 luglio 1978 (come già successivamente modificato), con l’obiettivo di accrescere la trasparenza del processo elettorale europeo in vista delle future elezioni e l’accesso ad informazioni affidabili da parte dell’elettorato europeo, col proposito ultimo di un innalzamento del livello di coscienza politica e partecipazione attiva alla vita democratica dell’Unione europea da parte di quest’ultimo. A fare da endiadi rispetto a questo alto obiettivo, fra le righe della decisione del Consiglio − la quale, per converso, si pone in linea di continuità ideale con la raccomandazione del febbraio 2018 della Commissione precedentemente richiamata − emerge il monito rivolto agli Stati membri di adottare le necessarie misure per permettere ai propri cittadini residenti in Paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento, sfruttando appieno le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico (come, ad esempio, la possibilità di voto anticipato, per corrispondenza, elettronica o via Internet). In tal caso, gli Stati membri sono inderogabilmente tenuti ad adottare misure adeguate per garantire, in particolare, l’affidabilità dei risultati, la segretezza del voto e la protezione dei dati personali conformemente alla rilevante legislazione dell’Unione europea (tra cui, in primis, il nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati).

6. La decisione del Consiglio stabilisce, in primo luogo, che in ciascuno Stato membro gli eurodeputati debbano essere eletti come rappresentanti dei cittadini dell’Unione europea con sistema proporzionale, a scrutinio di lista (ossia, prevedendo l’attribuzione del voto non a singoli candidati, bensì ad un’intera lista di candidati) o con voto singolo trasferibile (ossia, permettendo all’elettore di assegnare più di una preferenza numerando i candidati sulla scheda elettorale). Le elezioni devono svolgersi secondo il paradigma del suffragio universale, diretto, libero e segreto. Allo stesso modo, la decisione del Consiglio ribadisce il chiaro principio per cui ciascun elettore possa validamente votare una sola volta per le elezioni concernenti la prossima legislatura europea, e parimenti come gli Stati membri siano tenuti ad adottare le necessarie misure per assicurare che il doppio voto alle elezioni del Parlamento per il periodo 2019-2024 sia oggetto di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Infine, il Consiglio auspica − come, del resto, già precedentemente la raccomandazione della Commissione – che gli Stati membri richiedano l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato presente in lista.

7. Da un punto di vista tecnico-sostanziale, la decisione del Consiglio stabilisce che gli Stati membri possano prevedere una soglia minima per l’attribuzione dei seggi non superiore al 5% dei voti validamente espressi. In tal senso, qualora uno Stato membro decida, ai sensi della propria legislazione interna, di utilizzare il meccanismo dello scrutinio di lista, il medesimo è però tenuto a prevedere una soglia minima per l’attribuzione dei seggi per le circoscrizioni elettorali che comprendono più di 35 seggi. Tale soglia non può essere inferiore al 2% né superiore al 5% dei voti validamente espressi nella circoscrizione di cui trattasi (anche nel caso di uno Stato membro con collegio unico nazionale). In aggiunta, ciascuno Stato membro è chiamato, in vista delle elezioni europee, a designare un’autorità di contatto responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe designate negli altri Stati membri, conformemente al diritto dell’Unione europea applicabile in materia di protezione dei dati personali, e con particolare riguardo ai cittadini europei iscritti nelle liste elettorali o che vogliano candidarsi in uno Stato membro di cui non sono essi stessi cittadini.

8. In conclusione, la decisione del Consiglio europeo, oltre a rimodulare la composizione del Parlamento europeo con riferimento alla prossima legislatura tenendo conto dei più recenti sviluppi demografici registrati negli Stati membri, rappresenta un importante ed ulteriore tassello entro la complessa procedura di recesso del Regno Unito dall’Unione europea iniziata, ormai, più di un anno fa. Si ricorda, infatti, come a seguito della positiva conclusione, l’8 dicembre 2017, della prima fase di trattative con l’adozione di un report congiunto, i negoziati dovrebbero ora chiudersi, in linea teorica, entro l’inizio dell’inverno 2018, in modo da lasciare al Consiglio il tempo di concludere l’accordo di recesso previa approvazione del Parlamento, ai sensi degli artt. 50, par. 2, del TUE e 218, par. 6, lett. a) del TFUE, e al Regno Unito il tempo di approvarlo, secondo le proprie procedure interne, prima del 29 marzo 2019 (salvo, come anticipato in precedenza, una decisione all’unanimità del Consiglio europeo, di comune intesa con il Governo del Regno Unito, che stabilisca una proroga applicativa dei Trattati in caso di mancata conclusione di alcun accordo di recesso, o, alternativamente, una proroga temporale dell’entrata in vigore dell’accordo stesso).

La decisione del Consiglio dell’Unione europea rappresenta, invece, un importante aggiornamento del precedente atto, nell’ottica di un ravvicinamento delle disposizioni relative all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto a fronte dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona in data 1 dicembre 2009. In tal senso, stabilisce l’articolo 2 della decisione in commento come quest’ultima sia soggetta all’approvazione da parte degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali, nonché ad un successivo obbligo di notifica al segretariato generale del Consiglio a seguito dell’avvenuto espletamento delle procedure legislative interne necessarie a tal fine.


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