Le Linee Guida dell’AGCM sulla compliance antitrust: un primo passo nella giusta direzione.

1. Le Linee Guida. – Il 25 settembre 2018 l’Agcm ha formalmente adottato le Linee Guida sulla compliance antitrust. Il referente normativo di tale documento deve essere ricercato nelle Linee Guida del 2014 della stessa Agcm relative modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90. In tale documento, infatti, da un lato si afferma che l’importo di base della sanzione può essere incrementato per tener conto di specifiche circostanze che aggravano (circostanze aggravanti) o attenuano (circostanze attenuanti) la responsabilità dell’autore della violazione, con particolare riferimento al ruolo svolto dall’impresa nell’infrazione, alla condotta da essa tenuta nel corso dell’istruttoria, nonché all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione e alla personalità dello stesso; mentre, dall’altro lato, tra le circostanze attenuanti viene espressamente menzionata l’adozione e il rispetto di uno specifico programma di compliance, adeguato e in linea con le best practices europee e nazionali.  Onde evitare facili aggiramenti della norma, peraltro, si precisa che la mera esistenza di un programma di compliance non può essere considerata di per sé una circostanza attenuante, in assenza della dimostrazione di un effettivo e concreto impegno al rispetto di quanto previsto nello stesso programma (attraverso, ad esempio, un pieno coinvolgimento del management, l’identificazione del personale responsabile del programma, l’identificazione e valutazione dei rischi sulla base del settore di attività e del contesto operativo, l’organizzazione di attività di training adeguate alle dimensioni economiche dell’impresa, la previsione di incentivi per il rispetto del programma nonché di disincentivi per il mancato rispetto dello stesso, l’implementazione di sistemi di monitoraggio e auditing).

Dopo la pubblicazione delle Linee Guida del 2014, peraltro, l’unico intervento degno di nota nel panorama italiano è quello rappresentato dalle Linee Guida del 2016 ad opera della Confindustria per la compliance antitrust delle imprese, con il dichiarato fine di incoraggiare e supportare le imprese nella definizione e nella relativa attuazione di strategie di compliance, rispondenti agli standard applicati a livello europeo. La crescente importanza di un rafforzamento della cultura antitrust quale strumento di prevenzione degli illeciti anticoncorrenziali e quale valore aggiunto che ciascuna impresa è in grado di produrre ha spinto l’Agcm, nei primi mesi del 2018, ad avviare una consultazione pubblica su uno schema di Linee Guida sulla compliance antitrust. All’esito delle osservazioni ricevute, lo scorso 25 settembre l’Agcm ha pubblicato il testo definitivo delle Linee Guida offrendo al mondo delle imprese, ma anche a tutti coloro abitualmente coinvolti a diverso titolo (legali, esperti, consulenti, ecc.) nei procedimenti antitrust, un importante strumento di lavoro. Lo scopo, infatti, di queste Linee Guida è essenzialmente quello di fornire alle imprese un quadro di riferimento quanto più preciso possibile in ordine al contenuto che un programma di compliance deve avere al fine di poter essere valutato positivamente dall’Agcm; alle modalità attraverso cui le imprese possono chiedere all’Agcm di valutare il proprio programma di compliance in termini di possibile attenuante; e ai criteri in base ai quali l’Agcm valuta se concedere l’attenuante collegata all’adozione di un programma di compliance.

2. Il contenuto del programma. – Con riferimento al contenuto del programma di compliance le Linee Guida evidenziano chiaramente che un simile programma deve essere idoneo a svolgere un’efficace funzione preventiva degli illeciti antitrust. Tale idoneità, tuttavia, non deve essere valutata in astratto, ma deve sempre essere costruita in relazione alla singola impresa considerata e al mercato sul quale questa impresa opera. In quest’ordine di idee, pertanto, il programma deve essere adeguato alla dimensione aziendale, alla sua posizione sul mercato, alla complessità dell’organizzazione aziendale e ai vari livelli in cui si articola il management dell’impresa. Inoltre, la stessa struttura del mercato e la sua idoneità a favorire condotte collusive finiscono per incidere sull’attività di compliance richiesta alle singole imprese, con inevitabili ricadute sullo stesso contenuto dei relativi programmi. Nello specifico, le Linee Guida dell’Agcm sottolineano che il punto di partenza di ogni programma di compliance deve essere il forte e chiaro riconoscimento del valore della concorrenza come parte integrante della cultura e della politica aziendale. Ovviamente non bastano mere affermazioni di principio o affermazioni generiche contenute in documenti di cui nessuno conosce l’esistenza perché dimenticati in qualche cassetto. Non è neppure sufficiente che il valore della concorrenza sia riconosciuto all’interno del codice etico dell’azienda; oltre a ciò, infatti, ciò che rileva è che il programma di compliance antitrust, eventualmente elaborato anche in collegamento con altri sistemi di controllo relativi a rischi diversi da quello antitrust, sia espressamente condiviso e sostenuto dai vertici aziendali; che l’azienda dedichi risorse, umane e finanziare, per il continuo sviluppo, aggiornamento e implementazione di tale programma, anche prevedendo un’apposita figura aziendale responsabile dell’attuazione del programma. In questo ordine di idee le Linee Guida evidenziano l’importanza di un’assidua attività di formazione. Affinché la cultura antitrust possa diventare patrimonio aziendale, l’Agcm mette in risalto la necessità di una diffusa conoscenza delle tematiche antitrust e di una approfondita consapevolezza da parte dei dipendenti dei rischi antitrust legati alla loro attività. Come è facile intuire, ciò presuppone un’intensa e continua attività di formazione specifica in materia antitrust, in modo tale da garantire una preparazione che sia sempre aggiornata all’evoluzione quasi quotidiana del diritto antitrust. Si tratta di un aspetto fondamentale e centrale in un’ottica di compliance, come peraltro era già stato evidenziato nella guida della Camera di Commercio Internazionale (ICC) sulla compliance antitrust ove era stato messo in risalto il fatto che l’obiettivo di creare una cultura della compliance e dell’integrità non è un risultato che può essere raggiunto semplicemente attraverso una singola sessione di formazione. In questo senso, risultati positivi richiedono grande dispendio di lavoro e tempo a più livelli, anche se la quantità e il livello dell’impegno, così come delle risorse necessarie a radicare la cultura della compliance, possono variare a seconda che l’azienda sia piccola, media oppure una multinazionale.  Da questo punto di vista, l’accento deve essere posto sull’elemento etico della compliance antitrust che può essere pienamente compreso solo attraverso la creazione di una cultura aziendale “positiva”, che vada oltre la mera esigenza di rispettare la legge per evitare sanzioni.

Come già sottolineato, inoltre, il programma deve essere ritagliato su misura per ciascuna impresa, posto che il rischio antitrust varia da impresa ad impresa ed il programma di compliancedeve rispondere alla finalità di prevenire il verificarsi di questo rischio. Per questo motivo, il programma di compliance dovrebbe essere predisposto tenendo conto della dimensione dell’impresa, della sua posizione sul mercato, della natura dell’attività svolta in relazione ai beni o servizi offerti, della particolare struttura interna e del contesto normativo all’interno del quale l’impresa opera.

3. La richiesta di valutazione del programma come attenuante. – Il presupposto per il trattamento premiale (attenuante) correlato all’adozione di un programma di compliance antitrust è la dimostrazione, da parte dell’impresa coinvolta in un procedimento istruttorio, di aver adottato ed implementato efficacemente un adeguato programma di compliance. A tal fine le Linee Guida prevedono che l’impresa presenti all’Agcm un’apposita richiesta, accompagnata da una relazione illustrativa nella quale devono essere indicati in modo analitico sia le ragioni per le quali il programma deve essere giudicato adeguato a prevenire gli illeciti antitrust, sia le iniziative concretamente poste in essere dall’impresa per assicurare la corretta ed efficace attuazione del programma. Onde evitare il rischio di programmi fittizi, le Linee Guida prevedono che ai fini dell’eventuale attribuzione dell’attenuante possono essere considerati soltanto i programmi adottati, attuati e trasmessi all’Agcm entro 6 mesi dalla notifica dell’apertura del procedimento istruttoria (oltre, ovviamente, ai programmi adottati prima dell’avvio dell’istruttoria), posto che in caso contrario l’Agcm non potrebbe valutare compiutamente la sussistenza di un serio e consolidato impegno dell’impresa ad adottare una politica aziendale in linea con le finalità del programma.

4. La valutazione del programma da parte dell’Agcm. – I paragrafi da 30 a 47 delle Linee Guida si occupano della valutazione dei programmi di compliance da parte dell’Agcm in termini di comportamento premiale. Per quanto riguarda i programmi adottati dopo l’avvio del procedimento istruttorio la riduzione dell’ammenda, a titolo di circostanza attenuante, non può essere superiore al 5%. Fermo questo limite (peraltro derogabile in caso di casi eccezionali), la concreta quantificazione dell’attenuante deve essere determinata alla luce della completezza e dell’adeguatezza del programma e della possibilità per l’Agcm, di verificarne e valutarne l’effettiva implementazione.

Più articolato si presenta l’esame da parte dell’Agcm dei programmi adottati prima dell’avvio del procedimento istruttorio. In tal caso, infatti, occorre distinguere tra programmi efficaci, programmi manifestamente inadeguati e programmi non manifestamente inadeguati.

Per programmi adeguati devono intendersi quei programmi che permettono la tempestiva scoperta e interruzione dell’illecito prima della notifica dell’avvio del procedimento istruttorio. In tal caso, il trattamento premiale può arrivare sino al 15% della sanzione irrogabile. Peraltro, nel caso in cui sia applicabile l’istituto della clemenza (leniency), l’attenuante fino al 15% presuppone che l’impresa presenti la domanda di clemenza prima che l’Agcm abbia condotto ispezioni in relazione al medesimo illecito antitrust o comunque prima della notifica del provvedimento di avvio dell’istruttoria.

Di contro, in presenza di programmi manifestamente inadeguati non è possibile riconoscere all’impresa alcuna riduzione della sanzione. L’unica eccezione, che consente all’impresa di poter sperare di beneficiare di una riduzione della sanzione sino al 5%, è rappresentata dal caso in cui l’impresa presenti modifiche sostanziali al programma dopo l’avvio del procedimento istruttorio (e comunque entro 6 mesi dall’avvio dell’istruttoria): in tal caso, infatti, la fattispecie è assimilabile a quella relativa ai programmi adottati dopo l’avvio dell’istruttoria. Secondo l’Agcm un programma può considerarsi manifestamente inadeguato qualora denoti gravi carenze e lacune nel contenuto del programma, oppure qualora non esistano elementi probatori circa l’effettiva attuazione del programma, oppure ancora quando i vertici aziendali risultino coinvolti nell’illecito. Oltre a queste ipotesi le Linee Guida considerano manifestamente inadeguato un programma di compliance se, in una fattispecie in cui è applicabile l’istituto della clemenza, l’impresa non provvede a porre termine all’illecito e a presentare il più rapidamente possibile una domanda di clemenza.

Last, but non least i programmi non manifestamente inadeguati vengono definiti come quelli che non hanno mostrato di funzionare in modo del tutto efficace (perché non hanno permesso di scoprire e porre termine all’illecito prima delle ispezioni da parte dell’Agcm), ma che non risultano manifestamente inadeguati. In tali casi, l’attenuante può tradursi in una riduzione della sanzione sino al 10% a condizione che l’impresa provveda ad integrare il programma e a darvi attuazione dopo l’avvio del procedimento istruttorio. Da un punto di vista pratico, viene precisato che la concreta quantificazione dell’attenuante dipenderà sia dalla completezza del programma esistente al momento dell’avvio del procedimento, sia delle modifiche apportate in seguito dall’impresa.

5. Disposizioni varie. – L’ultima parte delle Linee Guida è dedicata ad alcune fattispecie particolari. In caso di impresa recidiva già dotata di un programma di compliance, potrà essere concessa un’attenuante non superiore al 5% nel caso in cui dopo l’avvio del procedimento istruttorio vengano presentate delle modifiche del programma. Tuttavia, se l’impresa recidiva ha già ottenuto una riduzione della sanzione all’esito di una precedente istruttoria in considerazione del fatto di aver adottato un programma di compliance, nessuna ulteriore attenuante potrà essere riconosciuta, anche nel caso in cui vengano apportate modifiche al programma dopo l’avvio dell’istruttoria.

Il punto 42 delle Linee Guida, invece, si occupa dei rapporti tra programmi di compliance e impegni ex art. 14-ter della legge n. 287/90 e stabilisce che anche qualora il programma di compliance formi oggetto di impegni resi obbligatori, l’impresa coinvolta in un procedimento istruttorio sarà comunque tenuta a fornire tutti gli elementi idonei a dimostrare l’adeguatezza e la concreta attuazione del programma.

In materia di gruppi di imprese, inoltre, viene precisato che nei procedimenti che coinvolgono anche la controllante, l’adeguatezza del programma presuppone necessariamente che questo sia adottato a livello di gruppo. In ogni caso, l’adozione del programma da parte della capogruppo non può di per sé sufficiente per escludere la responsabilità di quest’ultima per le condotte anticoncorrenziali poste in essere dalla sua controllata.

6. Considerazioni conclusive. – Le Linee Guida dell’Agcm sulla complianceantitrust costituiscono indubbiamente un documento di straordinaria importanza in grado di stimolare e favorire il rafforzamento di una genuina cultura antitrust all’interno del tessuto imprenditoriale italiano. Tale processo, tuttavia, richiede la partecipazione consapevole e proattiva delle imprese, le quali devono abbandonare la tendenza a vedere l’antitrust come qualcosa di negativo e di pregiudizievole per i loro interessi, e iniziare a considerarlo, invece, come un potentissimo alleato in grado di favorire uno sviluppo economico dell’impresa eticamente orientato.  Sotto tale profilo, pertanto, l’elaborazione di appositi processi decisionali interni come pure l’implementazione di strumenti di monitoraggio e di reporting si presentano certamente importanti a patto, tuttavia, che non si dimentichi che la vera sfida è rappresentata dalla necessità di rendere la consapevolezza antitrust una parte integrante del DNA delle imprese italiane, nella consapevolezza che la concorrenza può e deve essere uno strumento di crescita. E tale fondamentale trasformazione può avvenire soltanto attraverso una costante attività di formazione, senz’altro costosa in termini economici, ma indispensabile per realizzare l’obiettivo ultimo disegnato dalle Linee Guida.

Certamente il documento può e dovrà essere migliorato. Dovranno essere specificati quali sono i casi eccezionali che consentono ad un programma adottato dopo l’avvio del procedimento istruttorio di ottenere una riduzione superiore al 5%; potrebbe essere utile immaginare un trattamento premiale in misura fisso, anziché definito con riferimento a soglie fino ad un certo livello, la cui concreta determinazione è rimessa all’Agcm sulla base di criteri e parametri non sempre in grado di offrire alle imprese la necessaria certezza giuridica; si dovrà valutare l’opportunità di applicare la riduzione sull’importo finale della sanzione da irrogare, anziché sull’importo base in modo tale da rendere decisamente più “interessante” per le imprese dotarsi di un programma di compliance. Nel frattempo, resta un documento che può davvero fungere da primo tassello intorno al quale costruire una vera cultura della concorrenza.


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