Le deroghe al ne bis in idem ex art. 55 CAAS (finalmente) al vaglio della Corte di giustizia

Con una recente ordinanza di rinvio pregiudiziale (causa C-365/21), la Corte di giustizia è stata chiamata dal Tribunale regionale superiore di Bamberga a pronunciarsi sul rapporto tra l’art. 50 CdfUE – in cui è consacrato il principio del ne bis in idem – e le disposizioni della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (artt. 54-55 CAAS): questione di non semplice soluzione e mai ex professo affrontata dal giudice lussemburghese (v. infra).

I fatti rilevanti nel procedimento penale a quo possono così riassumersi.

MR, cittadino israeliano, è stato sottoposto nel 2020 a un’indagine per i reati di costituzione di un’associazione criminale (art. 129 StGB) e per una serie di truffe nell’esercizio di un’attività commerciale (art. 263 StGB), commesse, a danno di cittadini austriaci e tedeschi, mediante un sistema fraudolento online. Per queste incolpazioni, è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare e, il successivo 11 dicembre 2020, un MAE processuale per ottenere dall’Austria – Paese di residenza dell’indagato all’epoca – la consegna di MR. Nel frattempo, tuttavia, il Tribunale di Vienna (con sentenza del 1° settembre 2020) aveva irrogato a MR la pena di quattro anni di reclusione, in parte eseguita e in parte sospesa: questa condanna era stata emessa per fatti di truffa commessi nel medesimo contesto delittuoso di quelli per cui si procedeva in Germania, tuttavia limitati alle sole frodi di cui erano persone offese austriache.

MR, attinto dal MAE e sottoposto a custodia fino al maggio 2021 (scaduti i termini, sarebbe – secondo quanto si indica nel provvedimento – rientrato in Israele), ha impugnato il provvedimento restrittivo, eccependo di essere già stato condannato, per i medesimi fatti, dall’autorità giudiziaria austriaca. Il ricorso, tuttavia, non è stato accolto dal Tribunale di Bamberga, il quale ha ritenuto che la pronuncia del giudice viennese riguardasse accadimenti diversi – in virtù dell’eterogeneità delle persone offese – così da escludere la prospettazione del ne bis in idem per l’inesistenza del requisito dell’identità fattuale. In aggiunta, il giudice tedesco ha evidenziato che, pur volendo ritenere sussistente l’identità degli accadimenti oggetto dei due procedimenti, la riserva formulata dalla Germania ai sensi dell’art. 55, par. 1, lett. b), CAAS avrebbe consentito di perseguire egualmente MR, poiché l’art. 129 StGB rientra tra le fattispecie menzionate nella riserva stessa.

Avverso il diniego, MR ha promosso ricorso dinanzi al Tribunale regionale superiore di Bamberga, odierno giudice del rinvio.

Questi ha osservato che alla luce del diritto nazionale nulla osterebbe all’esercizio dell’azione penale; tuttavia potrebbe, nel caso di specie, ricorrere il requisito dell’identità dei fatti ai fini dell’applicazione dell’art. 54 CAAS, poiché i procedimenti austriaco e tedesco, a prescindere dalla qualificazione giuridica della fattispecie, avrebbero ad oggetto un insieme di fatti materiali, inscindibilmente fra loro collegati. Tuttavia, è stato altresì rilevato che il funzionamento del principio del ne bis in idem potrebbe essere paralizzato dalla dichiarazione resa dalla Germania (all’atto di ratifica della CAAS) di non ritenersi vincolata dall’art. 54 CAAS nel caso delineato dall’art. 55, par. 1, lett. b), CAAS, ovvero l’ipotesi di fatti che costituiscono un reato contro la sicurezza o gli interessi essenziali di una Parte contraente. Nel caso tedesco, nella dichiarazione era stato precisato che tra quei delitti si intendeva incluso anche quello di cui all’art. 129 StGB.

Svolte queste argomentazioni, il giudice tedesco ha ritenuto opportuno formulare due quesiti alla Corte di giustizia.

Il primo riguarda, nello specifico, la compatibilità dell’art. 55 CAAS con l’art. 50 CdfUE: si chiede, cioè, se a fronte della consacrazione del ne bis in idem come diritto nella Carta sia ancora valida e invocabile una deroga quale quella prevista dall’art. 55, par. 1, lett. b), CAAS.

La seconda domanda pregiudiziale, subordinata alla positiva risposta alla prima, riguarda la compatibilità, alla luce degli artt. 50, 52 CdfUE e 54, 55 CAAS, dell’interpretazione fornita dai giudici tedeschi alla dichiarazione resa rispetto alla CAAS, secondo cui si potrebbe procedere al secondo giudizio per fatti di associazione per delinquere anche quando il sodalizio abbia realizzato soltanto reati contro il patrimonio e non, invece, delitti inerenti ad “interessi essenziali” dello Stato.

La prima delle due questioni riporta alla luce, come anticipato, il tema del rapporto tra l’art. 50 CdfUE – in cui il ne bis in idem è affermato senza alcuna limitazione – e le eccezioni che, rispetto al funzionamento del principio in esame, sono contenute nella CAAS (cui è stato riconosciuto il rango di diritto derivato a seguito della decisione 1999/436/CE sulla “comunitarizzazione” dell’acquis di Schengen), nello specifico nell’art. 55. Se la questione della compatibilità tra l’art. 50 CdfUE e l’art. 54 CAAS è già stata affrontata e risolta positivamente dalla sentenza Spasic (27.5.14, causa C-129/14 PPU), il rapporto tra la previsione della Carta e le tre eccezioni di cui all’art. 55, par. 1, CAAS, non è mai stato esaminato dalla Corte. L’art. 55 CAAS annovera tre ipotesi che consentono all’autorità giudiziaria del secondo Stato – a fronte di una dichiarazione ad hoc fatta dallo Stato in sede di ratifica o in successivo momento – di procedere egualmente contro l’interessato, ancorché sussistano tutti i presupposti di cui al precedente art. 54 CAAS: i casi sono quelli legati al principio di territorialità (lett. a), alla tipologia dei reati, in quanto attinenti alla sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato (lett. b) e all’autore dei fatti, qualora si tratti di un pubblico ufficiale che abbia agito in violazione dei doveri d’ufficio (lett. c). La Corte di giustizia era già stata sollecitata (29.6.16, causa C-486/14, Kossowski,qui un’analisi) a pronunciarsi sulla validità e compatibilità dell’eccezione del principio di territorialità (art. 55, par. 1, lett. a) con l’art. 50 CdfUE da un’ordinanza del Tribunale regionale superiore di Amburgo, ma la specifica questione non era stata affrontata dal giudice lussemburghese che, riformulate le domande, aveva ritenuto assorbita la questione. L’avvocato generale Bot, nelle proprie conclusioni in quella medesima causa, aveva invece sostenuto che l’eccezione in esame non fosse rispettosa del contenuto essenziale del principio del ne bis in idem come sancito nella Carta, in quanto condurrebbe a svuotare l’art. 50 CdfUE di ogni contenuto e finirebbe addirittura per rimettere in discussione il sistema su cui si fonda lo SLSG (pt. 67-68 delle conclusioni nella causa C-486/14).

Nella vicenda attuale, per come sono formulate le questioni pregiudiziali, pare difficile che la Corte di giustizia possa sottrarsi a un esplicito esame della relazione tra l’art. 50 CdfUE e, in questo caso, la specifica eccezione di cui alla lett. b) dell’art. 55, par. 1, CAAS. In dottrina (per un’ampia analisi, v. V. Felisatti; C. Amalfitano, La discutibile inderogabilità del ne bis in idem in virtù dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Giurisprudenza di merito, 2012, p. 1610 e ivimaggiori approfondimenti) quanto alla soluzione del complesso rapporto tra le due fonti, si sono consolidate tre tesi, che possono essere così sintetizzate. Una prima ritiene – invero pare un’opzione piuttosto estrema, ma sostenuta in una nota pronuncia di merito del tribunale di Milano del 2011 – che le riserve formulate dalle Parti contraenti alla ratifica della CAAS non siano più valide, poiché la decisione del 1999 avrebbe incorporato nel diritto dell’Unione soltanto le disposizioni della Convenzione (e non le dichiarazioni degli Stati contraenti di volersi avvalere delle eccezioni) e così, in difetto di un’esplicita rinnovazione delle riserve, gli Stati membri non le potrebbero più invocare per paralizzare il ne bis in idem. Orientamento che pare smentito dal fatto che nei primi anni Duemila era stata discussa l’opportunità di abolire formalmente le deroghe di cui all’art. 55 CAAS (v., ad es., la proposta greca del 2003 di decisione-quadro in tema di ne bis in idem, art. 4), operazione non necessaria se si fossero ritenute già “superate” le eccezioni.

Le ulteriori due tesi, invece, muovono dal comune presupposto secondo cui le dichiarazioni dei Paesi contraenti non sarebbero state ipso facto travolte dall’entrata in vigore della Carta: in questo caso, occorre valutare il rapporto tra la norma primaria che sancisce il principio (art. 50 CdfUE) e quella, di diritto derivato (art. 55 CAAS) che contiene le deroghe. Secondo un primo orientamento, la formulazione dell’art. 50 CdfUE non lascerebbe spazio a eccezioni o limitazioni, con la conseguenza che la disposizione di rango secondario sarebbe tout court incompatibile con la previsione della Carta e quindi non suscettibile di applicazione; perciò, le disposizioni nazionali contenenti le eccezioni fondate sulla dichiarazione resa all’atto della ratifica dovrebbero venire disapplicate. Al contrario, una diversa opzione ricostruttiva ritiene che l’art. 50 CdfUE racchiuda un’affermazione di principio, suscettibile di essere declinata, nella sua concreta operatività, nelle disposizioni di diritto derivato: a sostegno di questa tesi, si può sottolineare che numerose decisioni-quadro in tema di reciproco riconoscimento contengono motivi di rifiuto (specie quelli in tema di territorialità) che sembrano replicare quelle stesse deroghe di cui all’art. 55 CAAS. In ogni caso, poiché l’art. 55 CAAS conterrebbe alcune limitazioni rispetto all’art. 50 CdfUE, queste ultime dovranno essere scrutinate alla luce dell’art. 52, par. 1, CdfUE ed essere quindi rispettose dei prerequisiti ivi delineati (base legale e test di proporzionalità): valutazione che, secondo le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Kossowski e parte della dottrina (v. V. Felisattisupra), darebbe però esito negativo.

La seconda questione – che presuppone ovviamente una valutazione di persistente applicabilità dell’art. 55, par. 1, lett. b), CAAS – invita invece il giudice lussemburghese a interpretare la nozione di «reato contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali», per verificare se sia compatibile con tale disposizione la riserva, formulata dalla Germania, secondo cui qualsiasi forma di associazione per delinquere costituisce un delitto suscettibile di essere ricompreso in tale categoria.

Le due questioni – in special modo la prima, considerate le ricadute sistematiche e pratiche che ne possono derivare – esigono dalla Corte un rapido intervento (tanto che il giudice a quo ha chiesto di trattare la domanda con il procedimento d’urgenza ex art. 107 RP CG o, in subordine, con l’accelerato ex art. 105 RP CG), su un principio – quello del ne bis in idem – che ha assunto, e conserva, una rilevanza centrale nello sviluppo di un vero SLSG.


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