Una nuova richiesta di parere ex Protocollo 16 alla Corte EDU: la Corte Suprema slovacca ed il meccanismo per le indagini a carico degli agenti di polizia

Mentre in Italia la mancata ratifica del Protocollo n° 16 alla CEDU continua a far discutere (v. in proposito gli interventi di A. Ruggeri e E. Lamarque), alla Corte di Strasburgo è giunta recentemente una nuova richiesta di parere. Questa volta è la Corte Suprema slovacca a richiedere, in base al Protocollo, un parere consultivo con riferimento all’interpretazione della CEDU, nell’ambito di un processo pendente avanti a sé. Si tratta di una delle due autorità indicate dalla Repubblica Slovacca tra «le più alte giurisdizioni» abilitate all’utilizzo del nuovo meccanismo (l’altra è la Corte costituzionale), al momento della ratifica del menzionato Protocollo avvenuta il 17 dicembre 2019.

Come ricordato nel comunicato stampa  pubblicato dalla Corte EDU il 4 dicembre 2020, quella della Corte Suprema slovacca è la terza richiesta di parere: la prima è stata quella presentata dalla Corte di cassazione francese in tema di maternità surrogata, cui la Corte EDU ha risposto con parere del 10 aprile 2019, mentre la seconda richiesta è giunta dalla Corte costituzionale armena a proposito della compatibilità con la CEDU di una norma del codice penale nazionale e ha dato origine al parere del 29 maggio 2020.

La questione oggetto della nuova richiesta di parere riguarda l’indipendenza dell’attuale meccanismo di indagine slovacco relativo ai reclami contro la polizia. Tale questione è emersa nell’ambito del caso di un agente di polizia nei cui confronti, nel 2014, era stato avviato un procedimento penale per l’aggressione ad una donna in un bar, conclusosi con una condanna. Nel 2019 l’agente in questione ha presentato un ricorso per motivi di diritto avanti alla Corte Suprema slovacca, lamentando in particolare che le indagini per il suo caso fossero state condotte dal Dipartimento del servizio di controllo e ispezione del Ministero dell’Interno, esprimendo dubbi circa l’imparzialità e l’indipendenza dello stesso.

Secondo quanto emerge dal comunicato stampa, la Corte Suprema slovacca si è, dunque, rivolta alla Corte EDU per avere lumi circa la corretta interpretazione della CEDU, con riferimento all’art. 2 (diritto alla vita), 3 (proibizione della tortura) e 6, par. 1 (diritto a un equo processo), per verificare se il Dipartimento del servizio di ispezione e controllo del Ministro dell’Interno rispondesse ai criteri di indipendenza e imparzialità. Al momento non è possibile evincere dal comunicato stampa altre informazioni sul punto: occorrerà, pertanto, attendere la pubblicazione della richiesta di parere per conoscere altri dettagli circa la vicenda e il contenuto della richiesta della Corte slovacca.

Da una nota del comunicato stampa si evince che la richiesta di parere è stata inizialmente trasmessa il 25 settembre 2020 e ricevuta dalla Corte il 5 ottobre 2020, ma è stata “completata” il successivo 19 novembre e dunque la stessa si considera come formalmente depositata solo in quest’ultima data. Pare lecito chiedersi se l’integrazione sia stata fornita in autonomia dalla Corte Suprema o (più probabilmente) richiesta dalla stessa Corte EDU: ai sensi del par. 25 delleGuidelines on the implementation of the advisory-opinion procedure introduced by Protocol No. 16 to the Convention, approvate dalla Corte il 18 settembre 2017, infatti, «the court or tribunal may be requested at this stage to supplement its request where it is considered to be deficient».

Occorre ora attendere la decisione del collegio di cinque giudici della Grande Camera con riferimento alla ricevibilità della richiesta pervenuta alla Corte, ai sensi dell’art. 2, par. 1, del Protocollo. Pur non essendo previsto alcun termine per tale decisione, la prassi recente mostra che la stessa è stata adottata in tempi rapidi (forse anche in considerazione della sospensione del processo nazionale): per il primo caso, la richiesta della Corte di cassazione francese è pervenuta alla cancelleria della Corte il 12 ottobre 2018 e la decisione del panel è stata adottata il 3 dicembre 2018; per il secondo, la richiesta è stata introdotta il 2 settembre 2019, mentre la decisione del panel è del 2 ottobre 2019. Se vi sarà un “via libera” del panel, verrà costituita una Grande Camera ai sensi dell’art. 24, par. 2, lett. h per esaminare la richiesta. Ove, invece, vi fosse una decisione di irricevibilità, questa dovrebbe essere motivata ai sensi dell’art. 2, par. 1, del Protocollo.

Al di là del caso di specie, la nuova richiesta di parere mostra che il Protocollo è uno strumento che sta conoscendo una progressiva affermazione nell’utilizzo da parte delle più alte giurisdizioni per un nuovo dialogo in tema di tutela dei diritti fondamentali. In futuro, la prassi degli altri Stati potrebbe forse portare ad un ripensamento della posizione italiana quanto alla ratifica del Protocollo e alla partecipazione al dialogo con la Corte EDU.


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