La Russia annuncia (senza sorpresa) il recesso dal Consiglio d’Europa

Ormai da diverse settimane la crisi concernente l’aggressione armata dell’Ucraina da parte della Russia ha riverberato i propri effetti anche sul Consiglio d’Europa e sul funzionamento del sistema CEDU.

Il primo passo è stato rappresentato dalle misure adottate dal Comitato dei Ministri: il 25 febbraio 2022, infatti, il Comitato dei Ministri hadecisodi sospendere, con effetto immediato, la Federazione russa dai suoi diritti di rappresentanza nel Comitato dei Ministri e nell’Assemblea Parlamentare, a seguito dell’attacco armato sferrato contro l’Ucraina. Tale decisione non aveva, invece, riguardato il giudice russo, il quale rimaneva competente a giudicare dei ricorsi presso la Corte EDU.

Successivamente, in data 1° marzo 2022, il Presidente della Corte EDU ha adottato delle misure provvisorie nei confronti della Russia, su richiesta dell’Ucraina, ai sensi dell’art. 39 CEDU, invitando detto Stato «to refrain from military attacks against civilians and civilian objects, including residential premises, emergency vehicles and other specially protected civilian objects such as schools and hospitals, and to ensure immediately the safety of the medical establishments, personnel and emergency vehicles within the territory under attack or siege by Russian troops». Il successive 4 marzo 2022, la Corte ha esteso la validità di tali misure provvisorie a tutti i ricorsi individuali presentati nei confronti della Russia, aggiungendo che la Russia «should ensure unimpeded access of the civilian population to safe evacuation routes, healthcare, food and other essential supplies, rapid and unconstrained passage of humanitarian aid and movement of humanitarian workers» (si veda il Comunicato della Corte EDU).

Oggi, 10 marzo 2022, il Ministro per gli Affari esteri russo ha annunciato il ritiro della Russia dal Consiglio d’Europa. Tale annuncio non desta particolare sorpresa: nella prassi internazionale vi sono già stati casi in cui il recesso di uno Stato da un’organizzazione internazionale è stato realizzato come reazione alle decisioni di detta organizzazione (v. il contributo di A. Ollino). Peraltro, già in passato la Russia aveva minacciato il recesso dal Consiglio d’Europa come risposta alle misure adottate in conseguenza dell’invasione della Crimea nel 2014. Inoltre, nel 2015, la Russia aveva adottato una legge per consentire alla propria corte costituzionale di esercitare un controllo di compatibilità delle sentenze rese dalla Corte EDU prima della loro esecuzione, di fatto minando l’effettività della stessa CEDU (si veda l’analisi di E. Corcione).

Il Ministro per gli Affari esteri russo ha parlato di recesso dal Consiglio d’Europa e dalla CEDU. L’art. 7 dello Statuto del Consiglio d’Europa prevede che «[o]gni Membro può recedere dal Consiglio d’Europa, notificando la sua risoluzione al Segretario Generale. La notificazione avrà effetto alla fine dell’anno finanziario in corso, qualora sia stata fatta nei primi nove mesi dello stesso, e alla fine dell’anno finanziario seguente, qualora sia stata fatta negli ultimi tre mesi». Inoltre, la CEDU all’art. 58 dispone che un’Alta Parte contraente possa denunciare la Convenzione trascorsi cinque anni dalla data di entrata in vigore della stessa nei suoi confronti, con un preavviso di sei mesi, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa. La norma precisa, però che tale denuncia non può avere l’effetto di svincolare la Parte dalle obbligazioni discendenti dalla CEDU per fatti compiuti anteriormente alla data della denuncia, in modo da evitare (almeno in linea teorica) che una Parte possa utilizzare il recesso come strumento per sottrarsi all’esecuzione delle sentenze della Corte EDU. L’unica denuncia della CEDU fino ad oggi è stata quella della Grecia nel 1969, sotto il regime dei colonnelli: tuttavia, detto Stato ratificò nuovamente la CEDU quindici anni dopo (lo ricorda E. Corcione).

Secondo l’ordine del giorno già programmato, l’aggressione russa all’Ucraina sarà l’argomento principale della sessione plenaria straordinaria dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che si terrà in modalità ibrida il 14 e il 15 marzo 2022 ed è possibile che in tale sede emergano nuovi dati quanto al recesso russo.

Al momento, il sito del Consiglio d’Europa non riporta alcuna formalizzazione del recesso dal Consiglio d’Europa o della denuncia della CEDU, ma i toni utilizzati nel comunicato del ministro Lavrov, secondo quanto riportato dalla stampa, rendono evidente che non si tratta di una semplice minaccia, avendo egli affermato che «[o]stili alla Russia, l’Ue e i Paesi della Nato abusano della loro maggioranza assoluta nel Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, continuano la linea di distruzione del Consiglio d’Europa e dello spazio giuridico e umanitario comune in Europa» e che «il corso degli eventi diventa inarrestabile». Il ministro russo ha chiarito che tale decisione non comporterà la reintroduzione della pena di morte, cosa che diventerebbe possibile per effetto dal recesso rispetto al Protocollo n. 6 alla CEDU, sebbene nel contesto attuale ciò rappresenti una modesta rassicurazione.

Se per effetto della legge del 2015 e della crisi della Crimea la Russia era già ai margini del sistema, il recesso effettivo di detto Stato dal Consiglio d’Europa sembra eliminare alla radice ogni possibilità di successivo confronto: se la decisione del Comitato dei Ministri di sospensione del diritto di voto della Russia si configurava come una misura temporanea e suscettibile di revisione in ragione del progresso nel dialogo, il recesso appare una vera e propria chiusura nei confronti del sistema europeo che non può non destare preoccupazione.


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