La disciplina nazionale applicabile ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore del “servizio scolastico ed educativo” bocciata dalla Corte UE

Con la recentissima sentenza del 26.11.2014 (sulle conclusioni dell’avvocato generale v. qui ), la Corte di giustizia ha risposto ai quesiti pregiudiziali sollevati dal Tribunale di Napoli (con ordinanze che hanno dato vita alle cause C-22/13 e da C-61/13 a C-63/13) e dalla Corte Costituzionale italiana, che per la prima volta ha effettuato un rinvio pregiudiziale in sede incidentale (cfr. causa C-413/13), nell’ambito di controversie che vedono opposti lavoratori delle scuole pubbliche al proprio datore di lavoro.

La disciplina nazionale controversa è quella che ha consentito il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti nel settore scuola di docenti, personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, al fine di rispondere alla «necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo», in attesa dell’espletamento di procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, senza la previsione di tempi certi per tali concorsi ed escludendo qualsiasi risarcimento del danno derivante da tale rinnovo.

Di tale normativa si è sostanzialmente richiesta la verifica della compatibilità con le clausole 4 e 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio), con l’articolo 2, parr. 1 e 2, della direttiva 91/533/CEE, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, con il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, par. 3, TUE nonché con i principi generali del diritto dell’Unione relativi alla certezza del diritto, alla tutela del legittimo affidamento, all’uguaglianza delle armi nel processo, all’effettiva tutela giurisdizionale, al diritto a un tribunale indipendente e ad un equo processo (articolo 6, par. 2, TUE, letto in combinato disposto con l’articolo 6 della CEDU, e con gli articoli 46, 47 e 52, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).

Secondo la Corte, la clausola 5 del citato accordo quadro osta a una normativa come quella italiana che, «fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato».

La questione, ritenuta rilevante anche dalla Consulta nel giudizio di legittimità costituzionale per violazione dei parametri di cui agli artt. 117 primo comma e 11 della Cost. integrati dalle clausole dell’accordo quadro, non direttamente applicabili, si conclude con una pronuncia che mette evidentemente in crisi lo Stato italiano ed il sistema attuale di reclutamento dei cd. “precari”, definitivamente e dichiaratamente censurato dai Giudici lussemburghesi.


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