La disciplina della circolazione delle persone e il coordinamento dei meccanismi di sicurezza sociale

Premessa

Con l’Accordo sugli scambi commerciali e sulla cooperazione tra Unione europea e Regno Unito (di seguito, Christmas Eve Agreement o Accordo), raggiunto la vigilia di Natale del 2020 e provvisoriamente in vigore da inizio gennaio 2021, si è concluso il periodo di transizione introdotto dall’Accordo di recesso al fine di rendere meno traumatiche le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’UE (si veda il contributo di C. Curti Gialdino nella presente raccolta).

Nella presente segnalazione si intende dare conto dei risultati conseguiti dalle parti con specifico riferimento alla circolazione delle persone ed al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale. A tal fine, dovendo dare per conosciuto il regime introdotto dall’Accordo di recesso (per il quale si rinvia alla pertinente dottrina), occorre preliminarmente richiamare le prospettive negoziali delineatesi in occasione dello stesso, per poi valutare se l’esito ottenuto sia o meno in linea con le aspettative che si erano venute a creare.

Le aspettative create durante i negoziati

Nella dichiarazione politica che ha accompagnato l’Accordo di recesso, le parti, ferma restando la previsione della fine della libera circolazione delle persone, avevano indicato la disponibilità a trovare un accordo su varie questioni attinenti alla mobilità. In particolare, avevano previsto: a) che per favorire gli scambi di servizi fossero consentiti l’ingresso e il soggiorno temporaneo di persone fisiche per motivi professionali in settori definiti, nonché modalità adeguate per il riconoscimento delle qualifiche professionali; b) che il regime di circolazione delle persone fosse basato sulla non discriminazione tra gli Stati membri dell’UE e sulla piena reciprocità; c) l’esenzione dal visto per soggiorni di breve durata; d) l’auspicio di una regolamentazione congiunta delle condizioni di ingresso e soggiorno per fini di ricerca, studio, formazione e scambi di giovani; e) il coordinamento dei meccanismi di sicurezza sociale; f) l’agevolazione dell’attraversamento delle rispettive frontiere per viaggi legittimi; g) lo sviluppo della cooperazione giudiziaria in materia matrimoniale, in materia di responsabilità genitoriale ed in altre materie correlate.

Gran parte di tali obiettivi venivano ripresi nell’ambito del progetto di Accordo inviato dai negoziatori dell’UE alla controparte il 18.3.2020. Da parte sua, il Governo britannico, nel definire la propria posizione, oltre a ribadire la volontà di riprendere il controllo delle proprie frontiere e porre fine alla libera circolazione con l’UE, aveva sottolineato l’esigenza di assicurare il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e dei meccanismi di riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché di concludere uno specifico accordo di riammissione delle persone residenti irregolarmente ed un accordo sul trasferimento di minori non accompagnati richiedenti asilo.

Il Christmas Eve Agreement

A differenza del citato progetto di Accordo del 18.3.2020, il Christmas Eve Agreement non disciplina, in generale, la mobilità delle persone fisiche, ma si limita ad affrontare, nella rubrica quarta della parte seconda, il più circoscritto ambito del coordinamento della sicurezza sociale (Titolo I) e dei visti per soggiorni di breve durata (Titolo II).

Già nel Preambolo dell’Accordo si riconosce l’importanza del coordinamento dei diritti di sicurezza sociale di cui godono le persone che si spostano tra le due parti per lavorare, soggiornare o risiedere, come dei diritti di cui godono i loro familiari e superstiti. Oltre che nel citato Titolo I, il coordinamento della sicurezza sociale è più specificamente regolato da un apposito Protocollo mediante previsioni che possono essere qui richiamate solo sommariamente. Si osserva, ad ogni modo, che il Protocollo si applica alle persone che soggiornano legalmente in uno Stato membro dell’Unione o nel Regno Unito, ma a condizione che la relativa situazione non sia meramente interna ad una delle due parti. Con riferimento all’ambito personale di applicazione del Protocollo, non sembra potersi mettere in dubbio che lo stesso si estenda anche ai turisti e ad altri soggiornanti di breve durata per motivi non economici, nonostante che ciò possa apparire in contrasto con il dichiarato obiettivo di porre termine alla libera circolazione delle persone. Dal punto di vista materiale, il Protocollo copre i principali settori della sicurezza sociale (ad es. prestazioni di malattia, maternità e paternità, invalidità, vecchiaia, disoccupazione, ecc.). Non rientrano, peraltro, nel suo ambito di applicazione anche le prestazioni familiari, a differenza di quanto era previsto nel progetto di Accordo del 18.3.2020. Ulteriore elemento che differenzia in termini deteriori il regime del Protocollo rispetto a quello del progetto di Accordo, riguarda le prestazioni di invalidità e di disoccupazione. Per queste ultime, infatti, a differenza di quanto stabilito per altre prestazioni, non viene più prevista l’abolizione della c.d. clausola di residenza in base alla quale le relative erogazioni in denaro possono essere modificate in senso peggiorativo per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedano in uno Stato diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice. Particolarmente dettagliata, poi, è la disciplina dedicata dal Protocollo alla determinazione della legge applicabile ed alle singole categorie di prestazioni sociali. Disposizioni varie vengono inoltre previste per meccanismi di cooperazione tra le parti, mentre, tra le norme finali, degno di nota è l’art. MOBI.SSC.67, in base al quale il Protocollo ha “forza di legge, direttamente o tramite la legislazione nazionale che dà attuazione a tali disposizioni, in modo che le persone fisiche o giuridiche possano invocare dette disposizioni dinanzi agli organi giurisdizionali e alle autorità amministrative nazionali”. Le parti, inoltre, si impegnano a garantire alle persone fisiche e giuridiche i mezzi necessari per tutelare efficacemente i loro diritti di fronte ad organi amministrativi o giudiziari. Secondo quanto specificato dall’art. COMPROV.16, si tratta dell’unica disposizione, oltre a quelle contenute nella parte terza (dedicata alla cooperazione in materia penale) che conferisce diritti a singoli e che consente all’Accordo di essere direttamente invocato all’interno degli ordinamenti giuridici delle parti.

Il Titolo II è composto da un unico articolo che viene dedicato ai visti per soggiorni di breve durata. In proposito, le parti hanno confermato l’esenzione dal visto per i rispettivi cittadini, così come previsto dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore dell’Accordo. Viene però consentito, a ciascuna parte, la possibilità di introdurre l’obbligo del visto per i cittadini dell’altra parte, con notifica da compiersi in tempo utile e, se possibile, almeno tre mesi prima che tale obbligo diventi effettivo. Da sottolineare che l’eventuale obbligo di visto non può essere deciso dal Regno Unito nei confronti dei cittadini di un singolo Stato membro dell’Unione, ma soltanto nei confronti di tutti gli Stati membri dell’organizzazione internazionale che devono quindi essere trattati a tal fine come un unico blocco. Regimi particolari vengono stabiliti per i rapporti tra Regno Unito e Irlanda (per i cittadini dei quali viene esclusa la reintroduzione unilaterale del visto) e per il caso di nuove adesioni all’UE (su cui si veda, in questa raccolta, il contributo di A. Lang). Nei confronti di cittadini di nuovi Stati membri, infatti, il Regno Unito è libero di decidere se applicare o meno l’esenzione dal visto indipendentemente dalla scelta compiuta nei confronti degli altri cittadini dell’Unione.

Una valutazione di insieme

Dal confronto tra i risultati attesi all’indomani del recesso del Regno Unito e quelli ottenuti con l’Accordo, emerge che la cooperazione in materia di circolazione delle persone avrebbe potuto essere maggiormente sviluppata senza incidere sulla volontà, reiteratamente manifestata da parte del Regno Unito, di riprendere il controllo delle proprie frontiere.

Nell’ambito delle disposizioni dedicate alla prestazione di servizi sono state previste apposite norme al fine di facilitare l’ingresso e il soggiorno temporaneo di persone fisiche che si spostano, ad es., per dare esecuzione ad un contratto concluso con un consumatore da parte della persona giuridica di cui sono dipendenti, oppure per fornire servizi in quanto lavoratori autonomi o, ancora, in occasione di trasferimenti intrasocietari (art. SERVIN.4.1 ss.). A differenza di quanto auspicato prima dell’avvio dei negoziati, però, tali norme non sono state accompagnate dalla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali. Tale disciplina potrà essere oggetto di future convenzioni tra le parti oppure potrà essere il Consiglio di partenariato istituito dall’Accordo a stabilire, anche alla luce degli orientamenti fissati nell’allegato SERVIN-6, le condizioni per il riconoscimento mediante decisione che, se adottata, diventerà parte integrante dell’Accordo (art. SERVIN.5.13). La mobilità garantita in funzione della prestazione dei servizi, poi, non è certamente soddisfacente, come dimostra, ad es., la recente protesta dei musicisti britannici che si sono resi conto che le loro tournée europee potranno subire ostacoli a seconda che i singoli Stati membri dell’UE abbiano deciso (come, ad es., fatto dalla Spagna) di avvalersi della facoltà di prevedere deroghe all’esenzione dall’obbligo del visto per le persone che durante il loro soggiorno esercitano un’attività remunerata, in virtù di quanto consentito dal regolamento 2018/1806.

L’Accordo, poi, non ha regolato le condizioni di ingresso e soggiorno per fini di ricerca, studio, formazione e scambi di giovani; né ha sviluppato la cooperazione giudiziaria in materia matrimoniale, per la responsabilità genitoriale e altre materie correlate.

Con riferimento, infine, alle tematiche sulle quali non è stato possibile trovare una convergenza, le parti si sono limitate ad adottare apposite dichiarazioni politiche. Ciò è avvenuto, ad es., al fine di affermare l’importanza che un’efficiente gestione del regime dei visti e delle frontiere per gli autotrasportatori può avere per la circolazione delle merci. Oppure, al fine di ribadire, in materia di asilo, rimpatri, ricongiungimento familiare dei minori non accompagnati e migrazione irregolare, l’importanza di una corretta gestione dei flussi migratori e di tener conto delle particolari circostanze derivanti dalla specificità dei regimi di controllo alle frontiere tra le parti.

Tali dichiarazioni confermano che il livello attuale di cooperazione in materia di circolazione delle persone non può essere considerato soddisfacente. È indubbio, peraltro, che una cooperazione più ambiziosa avrebbe richiesto il consenso di entrambe le parti.


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