In Corte di giustizia si allarga il fronte della battaglia tra Authorities

Esattamente un mese dopo l’ordinanza della Sez. VI del Consiglio di Stato, del 17 gennaio 2017, n. 167, con la quale i giudici di Palazzo Spada hanno rinviato in Corte di giustizia la questione legata all’interpretazione dell’art. 27, comma 1-bis del Codice del Consumo in relazione alla normativa europea per il settore delle telecomunicazioni, il TAR Lazio ha rinviato analoga questione, ma per il settore delle forniture di energia elettrica e gas naturale.

Con le quattro ordinanze (nn. 2547, 2548, 2550 e 2551), infatti, il Tar Lazio, sez. I, in data 17 febbraio 2017, ha sollevato le questioni pregiudiziali, già formulate ratione materiae dal Consiglio di Stato, in ordine alla Autorità competente a sanzionare un operatore economico per una pratica commerciale scorretta.

Viene, dunque, ancora una volta in rilievo il principio di specialità che regola i rapporti tra Autorità ex art. 27, comma 1bis, introdotto dall’art. 1, comma 6, lett. a), d.lgs. n. 21/2014. Ed in particolare, se esso, così come sancito al considerando 10, all’art. 3, paragrafo 4 e all’art. 5, paragrafo 3 della direttiva 2005/29/CE, osti ad una interpretazione secondo la quale ogniqualvolta si verifichi in un settore regolamentato una condotta riconducibile alla nozione di ‘pratica aggressiva’, ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29/CE, o ‘in ogni caso aggressiva’ ai sensi dell’Allegato I della direttiva 2005/29/CE, debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette (con relativa competenza dell’AGCM).

A quale delle Autorità toccherà dunque la competenza per sanzionare le pratiche scorrette nel settore delle forniture di energia elettrica e gas naturale e in materia di telecomunicazioni? Come deve essere interpretato il principio di specialità?

Una prima via interpretativa era stata fornita dall’Adunanza Plenaria che, con sentenza n. 4 del 9 febbraio 2016, non ha rinviato la questione in Corte di giustizia, ritenendo  che “la competenza ad irrogare la sanzione per una «pratica commerciale considerata in ogni caso aggressiva» è sempre individuabile nell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato –AGCM”  e dunque che “nel nostro sistema, […] la pratica commerciale aggressiva è inequivocabilmente attratta nell’area di competenza dell’AGCM”. Com’è noto (cfr. Il “de profundis” del giudicato interno), però, la Sesta Sezione, discostandosi dalla sentenza della Plenaria, ha comunque rinviato la questione alla Corte di giustizia.

Anche se la risposta spetterà alla Corte, il TAR riporta l’interpretazione delle parti ricorrenti che ritengono che la c.d. disciplina consumeristica generale possa trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui quella di settore non sia completa ed esaustiva. Tale lettura della direttiva 2005/29/CE sembrerebbe così avallata anche dalla stessa Commissione europea che, nella lettera di messa in mora nella procedura di infrazione n. 2013/2169 aperta contro l’Italia – con riferimento proprio all’art. 27, comma 1-bis del Codice del consumo – , ha ritenuto come la ratio della stessa sia di garantire “il mantenimento di un elevato livello di tutela dei consumatori  contro le pratiche commerciali sleali in tutti i settori colmando le lacune di altre specifiche normative settoriali” in modo da creare una c.d. “rete di sicurezza”. Conseguendone che tale “rete di sicurezza” dovrebbe trovare applicazione solo laddove vi siano lacune nelle specifiche normative di settore – “circostanza questa che non apparirebbe presente” nei casi di specie -.

Come finirà il contrasto fra Autorità?

Quel che è certo è che se prima il conflitto era solo tra AGCM e AGCom ,ora il fronte si è allargato anche all’AEEGSI ed è potenzialmente destinato ad aumentare, ponendo l’AGCM sola contro tutte le altre Autorità.

 


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