Il Tribunale di Milano dà rilevanza al primato del diritto europeo nella disciplina dell’asilo

Con un decreto pubblicato il 13 novembre 2019 (R.G. 20031/19), il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, ha attribuito rilievo al principio del primato del diritto dell’Unione, disapplicando una norma interna contrastante con la disciplina europea in materia di asilo e facendo diretta applicazione della disposizione comunitaria.

1. Nel caso di specie, un richiedente asilo di origine pakistana, dopo aver visto rigettata la propria domanda di protezione internazionale, sia innanzi alla Commissione Territoriale nel 2015, che in sede di ricorso innanzi al Tribunale nel 2016, era stato destinatario di un provvedimento di espulsione in data 1° giugno 2018, al quale, tuttavia, non aveva dato ottemperanza. Successivamente, in data 27 marzo 2019, lo stesso era stato rintracciato sul territorio nazionale ed era stato emesso un nuovo decreto di espulsione nei suoi confronti; invero, nelle more della relativa procedura, il soggetto aveva proposto una domanda reiterata di protezione internazionale.

2. La disciplina europea in tema di domande reiterate stabilisce, all’art. 40 della direttiva n. 2013/32/UE, che la riproposizione di identica domanda d’asilo incontra una pronuncia d’inammissibilità soltanto a seguito di un esame preliminare, il quale abbia verificato l’insussistenza di “elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame della eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale”. Qualora, invece, tale accertamento dovesse riscontrare elementi o risultanze nuovi – non fatti valere dal richiedente, “senza alcuna colpa”, nel procedimento precedente -, la domanda segue l’iter ordinario e viene sottoposta ad esame completo ed ex nunc (§ 4).

Inoltre, l’art. 41 della medesima direttiva individua tra le deroghe al diritto di un richiedente asilo di rimanere sul territorio, l’ipotesi in cui lo straniero “abbia presentato una prima domanda reiterata, che non è ulteriormente esaminata ai sensi dell’art. 40 comma 5, al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dallo Stato membro”, sempre nel rispetto del principio di non-refoulement, diretto ed indiretto.

3. Sulla scorta dei dettami della citata direttiva, la disciplina nazionale sancisce, all’art. 29 D.Lgs. n. 25/2008, che, quando il richiedente abbia “reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali e alla situazione del suo Paese di origine” – la cui sussistenza è verificata attraverso un accertamento preliminare -, la Commissione Territoriale è tenuta a dichiararne l’inammissibilità e a non procedere all’esame della stessa.

Tuttavia, il nuovo art. 29 bis, introdotto dall’art.  9, co. 1, lett. d) del D.L. n. 113/2018 (convertito con L. n. 132/2018), ha disciplinato un’ulteriore ipotesi di inammissibilità della domanda di asilo, non prevista a livello europeo, relativa al caso in cui venga reiterata una domanda d’asilo nella fase di esecuzione di un provvedimento che comporterebbe l’imminente allontanamento dello straniero dal territorio nazionale: a queste condizioni, la domanda è ritenuta inammissibile, senza la possibilità di esperire l’esame preliminare previsto dall’art. 29, sulla scorta di una presunzione legislativa per cui la stessa sarebbe stata “presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso”. Ciò comporta che il vaglio di ammissibilità della domanda venga effettuato dalla Questura, ovvero dall’organo cui è affidato il compito di ricevere l’istanza stessa.

Inoltre, con la riforma del 2018, sono state altresì introdotte nuove limitazioni all’autorizzazione riconosciuta al richiedente asilo di rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione della Commissione territoriale sulla domanda di protezione internazionale, le quali ricomprendono anche l’ipotesi riguardante “i soggetti che hanno presentato un prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale” (art. 7, co. 2, lett. d) D.Lgs. n. 25/2008).

4. Orbene, il raffronto tra le due discipline richiamate ha condotto il giudice di merito a rilevare come la previsione dell’art. 29 bis D.Lgs. n. 25/2008 si ponga in aperto contrasto con la norma comunitaria richiamata. Essa, infatti: da un lato, radica la competenza a decidere sull’ammissibilità della domanda reiterata in capo ad un ente accertatore – la Questura – diverso rispetto a quello previsto dagli artt. 3 e 4 D.Lgs. n. 25/2008 – le Commissioni Territoriali, ordinariamente deputate all’esame delle domande di asilo (al di fuori delle ipotesi (tassative) previste dall’art. 4, § 2 lett. a) e b) dir. 2013/31/UE); dall’altro, introduce una previsione di inammissibilità ex lege di una domanda di protezione reiterata, discendente da una previsione iure et de iure, in forza della quale soltanto perché la domanda sia stata proposta in costanza di un provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato, si presume presupponga lo scopo di voler ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso.

5. Il Tribunale, ritenendo la direttiva richiamata una fonte di diritto ad efficacia diretta – in quanto tesa ad imporre agli Stati membri obblighi sufficientemente chiari e precisi, tali da essere vincolanti a prescindere da una disciplina di attuazione -, e riscontrando un’antinomia tra la suddetta direttiva e la norma di diritto interno, ha fatto applicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia e ha tentato di esperire la via dell’interpretazione conforme, cercando di individuare mezzi di tutela alternativi, offerti dall’ordinamento interno (CGUE, sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite da C-10/97 a C-22/97, IN.CO.GE.CGUE, sentenza 19 novembre 2009 C- 314/08, Filipiak).

Tuttavia, ritenendo non percorribile detta via, data l’estrema chiarezza della formulazione legislativa interna, il giudice ha richiamato l’orientamento della Corte Costituzionale in forza del quale “la non applicazione delle disposizioni di diritto interno, non equiparabile in alcun modo a ipotesi di abrogazione o di deroga, né a forme di caducazione o di annullamento per invalidità delle stesse (sentenza n. 389 del 1989), rientra (…) tra gli obblighi del giudice nazionale, vincolato all’osservanza del diritto dell’Unione europea e alla garanzia dei diritti che lo stesso ha generato, con il solo limite del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona” (sentenza n. 111/2017) e ha optato per una diretta applicazione del parametro normativo comunitario nella soluzione del caso concreto, sostituendo la regola comunitaria – l’art. 40 direttiva 2013/32 – alla norma interna incompatibile (l’art. 29 bis D.Lgs. 25/2008).

Non ha invece ritenuto necessario procedere attraverso un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267, § 3 TFUE, data l’assoluta chiarezza della norma comunitaria, la quale, peraltro, era già stata oggetto di interpretazione da parte della stessa Corte (CGUE, sentenza 17 dicembre 2015, C-239/14, Tall c. Belgio)  e non necessitava di ulteriori chiarificazioni.

Il Tribunale, pertanto, ha disposto che la Commissione Territoriale si incaricasse di effettuare l’esame preliminare teso all’accertamento della sussistenza di elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale.

La scelta del giudice milanese di dare valore alla supremazia del diritto europeo, di fronte al quale il diritto nazionale contrastante vede sospesa la propria forza vincolante, e, dunque, di assicurare anche nel proprio ordinamento il rispetto di una disciplina uniforme in tutto il territorio dell’Unione, assume una rilevanza fondamentale in un ambito delicato e complesso come quello relativo alla tutela del diritto d’asilo.


facebooktwittergoogle_plusmailfacebooktwittergoogle_plusmail

Editore: Bruno Nascimbene, Milano
Rivista registrata presso il Tribunale di Milano, n. 278 del 9 settembre 2014


Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione. Consulta la Privacy Policy