Il Protocollo n° 15 alla CEDU in vigore dal 1° agosto 2021…non senza qualche preoccupazione

Esattamente tre anni dopo il Protocollo n° 16 (entrato in vigore il 1° agosto 2018), il prossimo 1° agosto entrerà in vigore il Protocollo n° 15. A differenza del primo, per il quale sono state sufficienti dieci ratifiche, trattandosi di un protocollo opzionale, per il secondo sono state necessarie le ratifiche di tutte le Parti contraenti la Convenzione, essendo un protocollo di riforma del sistema, e tale obiettivo è stato raggiunto in otto anni (l’adozione del Protocollo infatti è avvenuta nel 2013).

L’Italia è stata l’ultimo Paese a ratificare il Protocollo n° 15, dopo il difficile iter legislativo che ha portato allo stralcio del Protocollo n°16 dall’iniziale disegno di legge che prevedeva la ratifica contestuale di entrambi gli strumenti (sul punto v. ex multis cfr. B. Nascimbene e E. Crivelli). La ratifica italiana è avvenuta con la legge 11 del 15 gennaio 2021 (in GURI n. 34 del 10 febbraio 2021), ma il deposito dello strumento presso il Consiglio d’Europa è avvenuto solo il 21 aprile scorso, come riportato dal comunicato stampa della Corte EDU.

Tra le modifiche apportate dal Protocollo occorre ricordare in primis l’inserimento del riferimento al principio di sussidiarietà e al margine di apprezzamento nel Preambolo della CEDU (cfr. art. 1 Prot. 15). Tale modifica dovrebbe – secondo quanto riportato dal Rapporto esplicativo – garantire una migliore visibilità di queste caratteristiche del sistema convenzionale, in coerenza con la dottrina del margine di apprezzamento sviluppata dalla Corte EDU (cfr. par. 7 Report).

Il Protocollo elimina inoltre l’indicazione del limite massimo di età previsto oggi dall’art. 23, par.2, della CEDU, ai sensi del quale «Il mandato dei giudici termina al raggiungimento dell’età di 70 anni». Al posto di tale indicazione, il nuovo testo dell’art. 21, par. 2, CEDU indicherà che gli aspiranti giudici dovranno avere meno di 65 anni al momento in cui la lista dei candidati deve pervenire all’Assemblea Parlamentare ai sensi dell’art. 22 CEDU (cfr. art. 2 Prot.). In tal modo – secondo il Rapporto esplicativo – i giudici eletti nel rispetto delle nuove regole potranno terminare il loro mandato di nove anni anche dopo aver superato i 70 anni (ma evidentemente, prima dei 74): precedentemente, invece, detto limite spesso interrompeva il mandato novennale di giudici che avevano già acquisito una certa esperienza presso la Corte EDU. L’art. 8, par. 1, del Protocollo precisa che tale nuova regola si applicherà unicamente ai candidati presenti nella lista sottoposta all’Assemblea dopo l’entrata in vigore del Protocollo. Di fatto, il Protocollo sposta quindi il limite per età dai 70 ai 74 anni.

Il Protocollo elimina, inoltre, la possibilità che una delle parti si opponga alla rimessione (da parte di una Camera) di una causa alla Grande Camera, ove la questione oggetto del ricorso sollevi gravi problemi di interpretazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, o se la sua soluzione possa dar luogo a un contrasto con una sentenza pronunciata anteriormente (cfr. Prot. art. 3). In tal modo, la rimessione alla Grande Camera non potrà trovare ostacoli su iniziativa delle parti e la stessa potrebbe, quindi, essere chiamata più frequentemente a pronunciarsi su tale tipologia di controversie. L’art. 8, par. 2, Prot. prevede che tale modifica non si applicherà ai ricorsi pendenti, ove una parte abbia sollevato la propria obiezione prima dell’entrata in vigore del Protocollo.

Altre modifiche suscitano però una certa preoccupazione dal punto di vista dei ricorrenti.

In primis, il Protocollo riduce il termine per il deposito del ricorso (ovvero per l’invio alla cancelleria della Corte di Strasburgo) da sei a quattro mesi dalla data della decisione interna definitiva (cfr. art. 4 Prot. 15). Il Rapporto esplicativo giustifica tale significativa riduzione – in maniera piuttosto sbrigativa – in considerazione della diffusione delle nuove tecnologie e di termini nazionali similari (cfr. Rapporto esplicativo, par. 21: «[t]he development of swifter communications technology, along with the time limits of similar length in force in the member States, argue for the reduction of the time limit»). Il Protocollo, all’art. 8, par. 3, prevede tuttavia che il nuovo termine sarà applicabile solo una volta trascorsi sei mesi dall’entrata in vigore del Protocollo (e quindi dal 1° febbraio 2022) e in ogni caso non si applicherà ai ricorsi per cui la decisione definitiva ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 1 della Convenzione sia stata presa prima della data di entrata in vigore di detto articolo 4. Se tale riduzione appare in linea con il richiamo al principio di sussidiarietà nel Preambolo, sottolineando ancora una volta l’importanza della tutela dei diritti contenuti nella CEDU a livello nazionale, dal punto di vista dei ricorrenti, essa comporta una minore possibilità di accesso alla Corte EDU che non può non suscitare serie preoccupazioni quanto al diritto di difesa degli stessi. È innegabile che tale significativa compressione del termine abbia serie conseguenze soprattutto per i ricorrenti dei Paesi in cui i diritti fondamentali consacrati dalla CEDU sono maggiormente compromessi.

Nello stesso senso si può considerare la modifica introdotta dall’art. 5 Prot., ai sensi della quale la Corte EDU potrà considerare irricevibile un ricorso in assenza di un pregiudizio importante del ricorrente, anche se non vi è stato un esame da parte di un tribunale (le parole «e a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno» sono infatti eliminate dall’art. 35 CEDU). Dunque, il criterio del pregiudizio importante sarà quello decisivo, senza il contemperamento operato dalla precedente formulazione della norma. A differenza di quanto previsto per la riduzione del termine di cui all’art. 4 Prot., per l’applicazione di tale modifica non è stato previsto alcun rinvio: dunque, la nuova formulazione di detta condizione di ricevibilità sarà applicabile già dal 1° agosto 2021 e quindi potrà guidare la Corte nella valutazione dei ricorsi già pendenti a tale data.

È stato osservato che le modifiche operate dal Protocollo n° 15 possono essere lette come «un utile intervento per spingere gli Stati verso l’applicazione effettiva della Convenzione sul piano interno e lasciare all’organo giurisdizionale internazionale la competenza per i casi di violazione dei diritti umani più significativi» (cfr. M. Castellaneta). Se tale lettura non può che essere suscettibile di condivisione, è certo che tale riforma comporterà un notevole cambio di passo e di mentalità. Al momento della ratifica italiana, il presidente Spano ha dichiarato che «[l]a Cour est parfaitement préparée pour l’entrée en vigueur du Protocole n ° 15» (v. ancora il comunicato): l’auspicio è che siano altrettanto preparati i sistemi (e gli avvocati) nazionali.


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