I nuovi equilibri tra potere esecutivo e legislativo nell’Unione europea: l’accordo interistituzionale “Legiferare meglio”

1. Introduzione

Il 13 aprile 2016, con la firma dei Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, è entrato in vigore il nuovo accordo interistituzionale “Legiferare meglio” (in seguito: AII o accordo).

L’AII aggiorna il quadro normativo alle innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona, sostituendo il precedente accordo interistituzionale del 2003 – di fatto inattuato –, l’approccio interistituzionale comune per le valutazioni d’impatto del 2005 e l’intesa comune sugli atti delegati del 2011. L’accordo intende, inoltre, rilanciare l’omonimo programma “legiferare meglio”, vincolando le tre istituzioni firmatarie al rispetto dei principi dettati dall’Agenda europea, adottata in materia dalla Commissione contestualmente alla proposta di AII. L’agenda si propone, in particolare, di rendere più efficace ed efficiente il diritto europeo nel conseguire gli “obiettivi politici” dell’Unione: “‘Better Regulation’ means designing EU policies and laws so that they achieve their objectives at minimum cost”. L’AII, pertanto, mira a promuovere la qualità della normativa dell’UE, la trasparenza del processo legislativo e, più in generale, si propone di favorire e regolamentare la leale cooperazione tra le tre istituzioni firmatarie lungo tutto il corso del processo di produzione e attuazione del diritto dell’Unione.

L’articolo si concentrerà sugli aspetti più rilevanti dell’accordo, percorrendo a ritroso (e in ordine di importanza) le principali innovazioni apportate dall’AII all’iter normativo europeo e mettendo in luce, nelle conclusioni, le conseguenze di queste ultime sull’equilibrio istituzionale nell’Unione.

2. I poteri delegati: l’emersione di un sistema di “comitologia debole”

Come noto, il Trattato di Lisbona ha distinto i poteri delegati – funzioni “quasi legislative” finalizzate a integrare o modificare gli “elementi non essenziali” di un atto legislativo, disciplinate dall’art. 290 TFUE – dalle vere e proprie competenze di esecuzione del diritto dell’UE, normate dall’art. 291 TFUE. La formulazione ambigua delle due norme, però, ha sollevato alcuni problemi interpretativi, che riguardano il discrimine tra gli atti delegati e di esecuzione e le modalità di controllo sull’esercizio dei due poteri. Se si eccettua la norma riguardante l’istituzione di un “registro funzionale comune degli atti delegati” (art. 29 AII), tuttavia, l’AII e la Convenzione d’intesa tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione sugli atti delegati, allegata all’accordo (in seguito: Convenzione d’intesa), non contribuiscono a risolvere tali problemi.

L’AII conferma innanzitutto ladiscrezionalità dei co-legislatori nella scelta di conferire alla Commissione un potere delegato o un potere di esecuzione (art. 26 AII), già riconosciuta dalla Corte di giustizia nelle cause Commissione c. Parlamento e Consiglio (biocidi) (punto 40) e Commissione c. Parlamento e Consiglio (reciprocità dei visti) (punto 28). Sono Parlamento e Consiglio a determinare, caso per caso, l’estensione della riserva di legge e il confine tra delega ed esecuzione, salvo il rispetto dei “limiti dei trattati”. Nel corso dei negoziati, infatti, le tre istituzioni hanno stralciato dalla bozza di Convenzione d’intesa i criteri – obbligatori, anche se non esaustivi – che avrebbero dovuto determinare la linea di demarcazione tra poteri delegati e di esecuzione, impegnandosi a negoziare in un secondo tempo dei criteri non vincolanti (art. 28 AII), che costituiranno probabilmente un inutile doppione di quelli elencati dalla risoluzione del Parlamento del 2014 sulla delega dei poteri legislativi.

Sotto il profilo dell’esercizio dei poteri delegati, l’AII opera un bilanciamento tra l’effettività del controllo esercitato da parte di Parlamento e Consiglio attraverso il potere di opposizione – che ispira le restrizioni temporali alla trasmissione degli atti da parte della Commissione e il decorso del termine per l’obiezione dalla trasmissione di tutte le versioni linguistiche (parr. 14 e 15, Convenzione d’intesa) – e le garanzie di efficienza e certezza del diritto. Queste ultime, in particolare, sono tutelate tramite: (i) la previsione di deleghe legislative aventi durata indeterminata e l’impegno dei co-legislatori a concedere una proroga tacita della delega a tempo determinato, salva opposizione da esercitarsi entro un termine perentorio (parr. 16 e 17); (ii) la possibilità per la Commissione di adottare un unico atto delegato fondato su una pluralità di clausole di delega contenute nel medesimo atto legislativo, nel caso di “collegamento sostanziale” tra i vari poteri (art. 31 AII); (iii) l’apposizione di termini ordinatori per l’opposizione, pari “in linea di massima” a due mesi (par. 18, Convenzione d’intesa) e (iv) l’introduzione di una procedura d’urgenza di adozione degli atti delegati, che consente l’immediata entrata in vigore dell’atto, salva la sua abrogazione nel caso di esercizio dell’opposizione (parr. 20-23 Convenzione d’intesa)

La principale innovazione dell’AII in materia di atti delegati, che ha rilievo costituzionale, riguarda però l’istituzionalizzazione di procedure di consultazione di esperti nazionali prima dell’adozione degli atti delegati. L’intesa comune del 2011, a tal proposito, si limitava a prevedere che la Commissione potesse effettuare “opportune considerazioni in modo trasparente e con largo anticipo, anche a livello di esperti”. L’AII, invece, rende detta consultazione preliminare obbligatoria per tutti i progetti di atti delegati, mentre è solo facoltativa per quelli di esecuzione (art. 28 AII e par. 4 Convenzione d’intesa). Tale obbligo, peraltro, non ha carattere meramente formale: qualora il “contenuto sostanziale” di un progetto di atto delegato venga modificato, gli esperti nazionali possono “formulare osservazioni” sulla versione modificata dell’atto (par. 7 Convenzione d’intesa). La Commissione, poi, è tenuta a garantire una forma di seguito alle riunioni con gli esperti nazionali, indicando le “conclusioni tratte dalle discussioni” e “il modo in cui intende tener conto dei pareri degli esperti” e la relazione di accompagnamento all’atto delegato deve essere corredata di una sintesi del progetto di consultazione (parr. 5 e 8, Convenzione d’intesa). Va sottolineato, inoltre, che malgrado l’AII escluda che i comitati di Comitologia possano “in tale capacità, essere chiamati a esercitare altre funzioni” (art. 30 AII), ciò non impedisce ai medesimi esperti nazionali di partecipare a titolo personale alle consultazioni riguardanti gli atti delegati nell’ambito dei gruppi di esperti già costituiti. In conclusione, l’AII sembra dunque istituire un sistema di Comitologia “debole”, riconoscendo agli Stati membri una capacità di condizionamento di un potere “intrinseco al ruolo proprio del legislatore”, della quale non si comprende né il fondamento costituzionale, né la ratio.

I co-legislatori hanno ottenuto, inoltre, – anche nelle “formule standard” di delega in appendice all’AII – l’affermazione del principio della parità dei co-legislatori nella partecipazione alla preparazione degli atti delegati (art. 28 AII e parr. 10 e 11 Convenzione d’intesa). Tale principio si realizza, da un lato, mediante l’“accesso sistematico” degli esperti del Parlamento (e del Consiglio) alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione alle quali siano stati invitati gli esperti nazionali e, dall’altro, attraverso la “parità di accesso” alle informazioni, in particolare mediante la trasmissione di tutti i documenti al PE. A differenza di quelle in materia di consultazione degli esperti nazionali, tuttavia, tali norme sembrano rispondere ad una ragione pragmatica: la prevenzione dell’esercizio del diritto di opposizione al singolo atto delegato. L’AII del resto consente di anticipare l’entrata in vigore dell’atto delegato prima della scadenza dei termini per l’opposizione, qualora i co-legislatori non intendano sollevare obiezioni (art. 19 AII).

Infine, va sottolineato che l’AII non impegna politicamente i co-legislatori ad evitare ulteriori forme atipiche di conferimento di poteri delegati e di esecuzione, ad esempio a favore di agenzie decentrate europee. D’altro canto, queste ultime sono state ammesse dalla Corte di giustizia nella sentenza Regno Unito c. Parlamento e Consiglio (Short-selling) (punto 78 e ss.). Nel caso delle competenze di esecuzione, in particolare, l’AII si limita a vincolare i contraenti a non introdurre per via legislativa “prescrizioni procedurali che alterino i meccanismi di controllo” previsti dal regolamento di Comitologia n. 182/2011 (art. 30 AII), senza recepire la proposta della Commissione, che impegnava i co-legislatori ad “astenersi dall’introdurre [..] procedure sui generis” in materia di esecuzione.

3. Trasparenza, informalità e (dis)parità nel processo legislativo

La più recente relazione di attività del Parlamento sulla codecisione testimonia un ricorso strutturale all’approvazione degli atti in prima lettura, attraverso i c.d. early agreements. Tale prassi ha il vantaggio di ridurre la durata media del processo legislativo, ma presenta alcuni inconvenienti – segnalati anche da un’indagine del Mediatore europeo. Essi riguardano, da un lato, l’opacità e l’informalità dei negoziati interistituzionali trilaterali (c.d. triloghi) che conducono agli early agreements e, dall’altro, l’asimmetria dei due co-legislatori nell’iter normativo.

Sul piano delle norme di principio, l’AII riconosce ai due rami dell’autorità legislativa “condizioni di parità” nell’esercizio dei loro poteri e impone alla Commissione di trattare “in ugual modo” i co-legislatori nello svolgimento del proprio ruolo di “facilitatore” (art. 32, co. 2 AII). L’accordo enuncia inoltre un generico obbligo di trasparenza delle procedure legislative, che tuttavia sembra limitato agli esiti parziali e finali del processo legislativo, al quale si somma un vago impegno ad una “gestione adeguata dei negoziati trilaterali” (art. 38 AII).

Le norme di dettaglio che dovrebbero assicurare l’attuazione dei principi di parità e trasparenza, tuttavia, si risolvono in obblighi di informazione reciproca, che riguardano “tutto l’iter legislativo” ivi compresi i “negoziati in corso” fra le tre istituzioni (art. 33 AII), e in contatti e scambi informali di opinioni preliminari ai “negoziati interistituzionali”, finalizzati ad “acquisire una migliore comprensione reciproca delle rispettive posizioni” (art. 34 AII). Come sottolineato dal Parlamento, nella decisione sulla conclusione dell’AII (parr. 9-11), tali scambi informali rischiano paradossalmente di aggravare il deficit di trasparenza dei triloghi. Essi potrebbero infatti trasformarsi in una “nuova arena” per tali negoziati interistituzionali, che sfuggirebbe alla stringata disciplina dettata dall’art. 73 del Regolamento interno del Parlamento riguardo ai triloghi. Il Parlamento rileva, più in generale, l’esigenza di “strumenti più concreti” rispetto a quelli forniti dall’AII, ai fini di garantire la “trasparenza delle procedure legislative [..] in particolar per quanto riguarda l’uso degli accordi in prima lettura”, lamentando implicitamente – malgrado l’Accordo – l’assenza di un “reale equilibrio” e di un’effettiva “parità di trattamento tra i legislatori” in materia.

4. Le valutazioni d’impatto: l’occasione mancata dell’agenda “Legiferare meglio”

Un terzo elemento rilevante dell’AII è costituito dalle norme in materia di valutazioni d’impatto (impact assessments, IAs), ovvero le analisi – ex ante ed ex post – dei costi e dei benefici socio-economico-ambientali delle iniziative della Commissione.

Sotto l’aspetto del contenuto, l’AII non introduce riforme radicali rispetto al precedente quadro normativo: insieme ai tradizionali elementi costitutivi delle valutazioni, le IAs dovranno determinare “ove possibile” il “costo della non-Europa” (art. 12 AII).

Quanto all’ambito di applicazione delle valutazioni, l’accordo ha esteso l’obbligo di valutazione ex ante a tutte le iniziative legislative e non legislative, a tutti i progetti di atti delegati e agli atti di esecuzione aventi un impatto socio-economico-ambientale significativo adottati dalla Commissione (art. 13 AII), consolidando la prassi istituzionale (cfr. A. Alemanno, A. Meuwese, ELJ, 19(1)). Il tentativo della Commissione di imporre l’esercizio delle IAs anche ai co-legislatori, nel caso di “modifiche sostanziali” apportate alla proposta di atto, tuttavia, si è scontrato con l’apposizione di condizioni oggettive e soggettive da parte di questi ultimi nel testo dell’accordo, che consentono di fatto a Parlamento e Consiglio di sfuggire all’obbligo di valutazione (art. 15 AII).

Anche riguardo al profilo della pubblicità delle IAs, d’altra parte, l’AII si limita a confermare i precedenti orientamenti in materia di valutazione d’impatto del 2009. L’accordo prevede che i “risultati finali” delle valutazioni e il parere del comitato per il controllo normativo siano pubblicati contestualmente all’adozione della proposta della Commissione (art. 13 AII) e che l’intero IA e gli eventuali “lavori supplementari” siano resi pubblici entro la fine dell’iter legislativo (art. 18 AII). L’AII consolida così il principio affermato dal Tribunale nella causa ClientEarth c. Commissione (punto 97 e ss.), in base al quale la Commissione può legittimamente presumere che richieste di accesso a valutazioni d’impatto presentate prima dell’adozione della proposta di atto della Commissione pregiudichino gravemente il processo decisionale, comprimendo il “margine di manovra” e l’indipendenza della Commissione, e dunque può legittimamente opporre un diniego d’accesso a tali documenti.

Infine, l’AII non ha accolto la proposta della Commissione di istituire un obbligo di valutazione ex post dell’efficienza, efficacia, pertinenza, coerenza e del valore aggiunto di un atto legislativo, preliminare ad una modifica o ad uno sviluppo significativo dello stesso. Tali valutazioni devono svolgersi infatti solo qualora i co-legislatori lo ritengano “opportuno” (art. 22 AII).

5. La programmazione normativa: procedimentalizzazione e (ri)codificazione del potere di ritiro della proposta

Un ultimo importante settore d’intervento dell’AII “Legiferare meglio” riguarda il processo di programmazione normativa dell’Unione.

Gli interventi si sono concentrati, in primis, sulla programmazione annuale, rafforzando la dimensione interistituzionale del processo di programmazione, prefigurata dall’art. 17, par. 1 TUE, a scapito del monopolio della Commissione sulla fase di avvio di tale processo. L’AII disciplina in particolare un procedimento complesso di adozione del programma di lavoro annuale (art. 6 AII). Esso rende più stringenti le norme dell’accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (in seguito: accordo quadro) e le estende al Consiglio, finora escluso dal “partenariato speciale” tra Parlamento e Commissione in sede di programmazione interistituzionale. L’AII introduce inoltre un’appendice al programma di lavoro – una “dichiarazione comune sulla programmazione interistituzionale annuale” coordinata dalle tre istituzioni – che fissa un ordine di priorità (indicativo) nella trattazione delle proposte della Commissione (art. 7 AII).

Una seconda serie di norme dell’Accordo riguarda invece l’esercizio del potere di iniziativa da parte della Commissione. L’AII estende innanzitutto al Consiglio le norme dell’accordo quadro relative alle richieste di presentare proposte, avanzate dai co-legislatori ai sensi dell’art. 225 e 241 TFUE; l’accordo prevede in particolare un termine ordinario per dare seguito a tali richieste e l’obbligo di motivare l’eventuale rifiuto (art. 10 AII). Le novità dell’accordo si concentrano però sul piano del ritiro della proposta, disciplinato espressamente dall’AII (art. 9), che riprende anche in questo caso l’Accordo quadro. L’AII fa proprie – implicitamente – le considerazioni espresse della Corte nella sentenza Consiglio c. Commissione (MFA)(punti 74-76) riguardo alla fonte del “potere di ritiro” unilaterale (e del potere di modifica della proposta) riconosciuto alla Commissione, identificata nel potere di iniziativa attribuito alla stessa istituzione dai Trattati. L’accordo, infatti, include tra le “proposte legislative e non legislative” che devono figurare nel programma di lavoro annuale anche i “ritiri” di atti (art. 8 AII). L’AII recepisce anche i limiti enucleati dalla Corte all’esercizio del potere unilaterale di ritiro – vale a dire il rispetto dei principi dell’equilibrio istituzionale (e di attribuzione dei poteri) e di leale cooperazione e l’adempimento dell’obbligo di motivazione, in funzione di controllo giurisdizionale. L’Accordo, peraltro, rafforza tale dovere di leale cooperazione, prevedendo che la Commissione indichi e calendarizzi i “passi successivi” al ritiro della proposta e conduca le “opportune consultazioni interistituzionali”, tenendo in debito conto e fornendo una risposta ai co-legislatori (art. 9 AII).

6. Conclusioni: i nuovi equilibri istituzionali tra “poteri” in seguito all’adozione dell’Accordo

L’adozione dell’AII “Legiferare meglio” si inserisce nel contesto di una crescente tensione interistituzionale, che dà luogo sempre più frequentemente a conflitti di attribuzioni di fronte alla Corte di giustizia. La funzione “nomofilattica” dell’AII a tal riguardo è tuttavia assai ridotta, perché esso si limita di fatto a codificare la prassi esistente (cfr. J.P. Jaqué, RTDEur., 2/2015, p. 284). Così facendo, però, l’AII muta l’interpretazione e il bilanciamento dei “fondamenti normativi” dell’equilibrio istituzionale e dunque concorre all’evoluzione dinamica di tale equilibrio.

Il Consiglio appare il vincitore del gioco interistituzionale, nella misura in cui l’accordo accoglie tutte le priorità espresse da tale istituzione alla vigilia dei negoziati. Gli esperti nazionali e del Consiglio parteciperanno a pieno titolo alla formazione degli atti delegati, mentre i co-legislatori conserveranno piena discrezionalità nella scelta di ricorrere ad atti delegati o di esecuzione. Il Consiglio accederà inoltre al “partenariato speciale” tra Parlamento e Commissione in sede di programmazione annuale e di ritiro delle proposte, al contempo preservando pienamente le prerogative di indirizzo politico del Consiglio europeo. Da ultimo, il Consiglio ha limitato gli effetti della norma dell’AII (art. 43) che invita gli Stati membri a rendere identificabili gli elementi degli atti nazionali di recepimento delle direttive che non siano connessi all’attuazione di queste ultime (c.d. gold-plating), eliminando l’inciso che richiedeva agli Stati di motivare tali aggiunte.

Il Parlamento, invece, ottiene il rafforzamento e la sistematizzazione della valutazione d’impatto, la procedimentalizzazione del potere di ritiro delle proposte della Commissione e, più in generale, l’affermazione di un principio generale di parità di trattamento dei rami dell’autorità legislativa nel processo normativo, finora riconosciuto dal solo accordo quadro del 2010 e fermamente opposto dal Consiglio. D’altra parte, però, come anticipato, il Parlamento perde il proprio “vantaggio competitivo” nei confronti del Consiglio, derivante dall’accordo quadro con la Commissione.

La Commissione, infine, registra un forte consolidamento del controllo dei co-legislatori sull’esercizio dei poteri delegati e l’instaurazione di un sistema di “comitologia debole”, rinunciando peraltro a criteri vincolanti di demarcazione tra atti delegati e di esecuzione. La Commissione, inoltre, fallisce nel tentativo di limitare l’introduzione di ulteriori forme atipiche di conferimento di poteri delegati o di esecuzione, aprendo di fatto la strada ad un ulteriore sviluppo delle competenze attribuite alle agenzie decentrate europee.

L’adozione dell’Accordo interistituzionale “Legiferare meglio”, tuttavia, non segna la fine del “partenariato speciale” tra Parlamento e Commissione, forgiato con l’adozione dell’accordo quadro del 2010. La decisione del Parlamento sulla conclusione dell’AII sottolinea che alcune disposizioni dell’accordo quadro “potrebbero diventare obsolete” e, più in generale, ammette l’impatto del nuovo AII su tale accordo (cfr. cons. h) e par. 13); la dichiarazione del Parlamento e della Commissione in occasione dell’Accordo, che afferma che l’AII “non pregiudica l’accordo quadro”, in tal senso, ha sicuramente carattere dispositivo. L’ambito di applicazione dell’accordo quadro, tuttavia, è più ampio di quello dell’AII. Le vicende della nomina dell’attuale Commissione, inoltre, hanno fatto (ri)emergere la dimensione politica del partenariato tra quest’ultima (e il suo Presidente) e il Parlamento, che la Commissione si è impegnata a rafforzare ulteriormente, dando così “nuova vita” ad una collaborazione paritaria con il PE.


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