I documenti scambiati tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza, nell’ambito di un procedimento di infrazione ex art. 101 TFUE, sono sottratti al diritto di accesso

1. Con la sentenza del 12 maggio 2015, il Tribunale dell’Unione europea torna a pronunciarsi sulla consistenza del diritto di accesso agli atti in materia antitrust e, più precisamente, sulla possibilità per la Commissione di negare l’accesso ai documenti scambiati tra detta Istituzione e un’autorità nazionale garante della concorrenza nell’ambito della cooperazione prevista dall’art. 11 par. 4 reg. n. 1/2003.

Il tema non è nuovo nella giurisprudenza del giudice di Lussemburgo ed offre l’occasione per precisare la consistenza di alcuni concetti chiave della materia. Si fa riferimento, in particolare, (i) alla presunzione generale di diniego di accesso, relativa alle eccezioni previste dall’art. 4, par. 2, primo e terzo trattino, del reg. n. 1049/2001; e, in via strumentale, (ii) al coordinamento tra il reg. n. 1049/2001, quale normativa generale in materia di trasparenza delle Istituzioni, ed i regolamenti dell’UE che contengono normative speciali in materia di accesso a procedure particolari (nel caso in esame, il reg. n. 1/2003). La sentenza in commento offre spunti interessanti soprattutto sotto quest’ultimo profilo, che sottende una questione di non poco conto, consistente nell’interpretazione integrata tra la normativa generale e quella settoriale, in assenza di norme di coordinamento o di norme che sanciscano un criterio di prevalenza dell’una sull’altra.

2. La sentenza ha ad oggetto il ricorso in annullamento proposto da un’associazione di categoria senza scopo di lucro, l’Unión de Almacenistas de Hierros de España, nei confronti della decisione della Commissione che ha negato alla ricorrente l’accesso a taluni documenti relativi alla corrispondenza intercorsa tra la Commissione e la Comisión Nacional de la Competencia (autorità spagnola garante della concorrenza, d’ora in poi CNC), avente ad oggetto due procedimenti nazionali avviati dalla CNC ex art. 101 TFUE. La Commissione aveva rifiutato l’accesso senza procedere ad un esame concreto e specifico della domanda, avendo ritenuto sussistente la presunzione generale secondo cui la divulgazione di documenti della specie di quelli richiesti avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali delle imprese ed agli obiettivi delle attività di indagine (che, ai sensi dell’art. 4, par. 2, primo e terzo trattino, del reg. n. 1049/2001, costituiscono delle limitazioni legali all’accesso ai documenti).

Il Tribunale, accogliendo gli argomenti prospettati dalla Commissione, ha respinto il ricorso e concluso per la legittimità della decisione di diniego basata sull’esistenza della presunzione generale.

Ripercorrendo in sintesi i passaggi più importanti dell’iter motivazionale del giudice, questi ha preliminarmente chiarito che i documenti richiesti, acquisiti tramite un procedimento condotto da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro ex art. 101 TFUE, «rientrano in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e la loro divulgazione può arrecare pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica determinata, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, di tale regolamento» (punto 46).

In secondo luogo, il Tribunale ha precisato che la presunzione generale di diniego d’accesso trova applicazione non solo rispetto ai documenti detenuti dalla Commissione nell’ambito di una propria indagine, ma anche rispetto a quelli trasmessi alla stessa Commissione da un’autorità nazionale garante della concorrenza sulla base dell’art. 11, par. 4, reg. n. 1/2003.

Ne deriva, pertanto, un ampliamento dell’ambito di applicazione della presunzione generale anche ai documenti trasmessi in seno alla Rete Europea della Concorrenza (d’ora in avanti, la REC). E’ interessante osservare che, nella ricostruzione del Tribunale, detta estensione poggia sul principio secondo cui «il buon funzionamento del meccanismo dello scambio d’informazioni, istituito in seno alla rete di pubbliche autorità che applicano le norme dell’Unione in materia di concorrenza, implica che le informazioni così scambiate rimangano riservate» (punto 78). In sostanza, il Tribunale sembra riconoscere che, in seno alla REC, il principio informatore alla base dello scambio di informazioni debba essere quello di riservatezza e confidenzialità; agli antipodi, dunque, rispetto alla garanzia di trasparenza e pubblicità, perseguita dalla normativa generale sull’accesso.

Emerge con evidenza, a questo punto, la tensione sottesa al problema del coordinamento fra la normativa generale in materia di accesso contenuta nel reg. n. 1049/2001 e la normativa di settore del reg. n. 1/2003. In una sentenza in tema di concentrazioni, esprimendosi in ordine al rapporto fra la normativa speciale del reg. n. 4064/89 e la normativa generale del reg. n. 1049/2001, la Corte aveva chiaramente affermato che: «occorre garantire una applicazione di ciascuno di tali regolamenti che sia compatibile con quella dell’altro e ne consenta quindi un’attuazione coerente» (Corte giust. 28.6.2012, causa C-404/10 P, Commissione c. Edition Odile Jacob Sas, punto 110).

Nella pronuncia qui in commento, la questione è esaminata dal Tribunale partendo dal presupposto che «le eccezioni al diritto di accesso ai documenti, che figurano all’articolo 4 di tale regolamento [reg. n. 1049/2001], non possono, quando i documenti oggetto della domanda di accesso rientrano in un settore particolare del diritto dell’Unione, essere interpretate senza tener conto delle norme specifiche che disciplinano l’accesso a tali documenti» (punto 55). In sostanza, il Tribunale riconosce l’esigenza di analizzare in modo accurato la normativa speciale, poiché essa va ad incidere significativamente sull’ambito di applicazione della normativa generale.

L’esame di entrambe le normative – generale e settoriale – in materia di accesso conduce il Tribunale a concludere che esse perseguono obiettivi diversi: mentre il reg. n. 1049/2001 mira a conferire al pubblico un diritto d’accesso ai documenti quanto più ampio possibile (sebbene non assoluto ed incondizionato, sussistendo le limitazioni di cui all’art. 4), il reg. n. 1/2003 «mira a garantire la riservatezza delle informazioni ed il rispetto del segreto d’ufficio nei procedimenti d’applicazione dell’art. 101 TFUE e ciò, in particolare, nell’ambito del meccanismo d’informazione istituito in seno alla rete di pubbliche autorità che applicano le norme dell’Unione in materia di concorrenza» (punto 60). Ne consegue che «il regolamento n. 1/2003 persegue, quindi, in materia di accesso ai documenti, un obiettivo diverso da quello perseguito dal regolamento n. 1049/2001» (punto 62). In altre parole, il Tribunale sembra adombrare un criterio di prevalenza della lex specialis, precisando che non v’è contrasto tra le due normative in quanto dirette a perseguire scopi differenti. A conferma di questa impostazione, in alcuni passaggi successivi della sentenza si legge: «il reg. n. 1049/2001 si propone di fornire un diritto di accesso del pubblico in generale ai documenti delle istituzioni e non di stabilire norme dirette a tutelare l’interesse specifico alla consultazione di uno di questi che un qualsiasi soggetto possa avere» (punto 86). In sostanza, poiché il reg. n. 1049/2001 non prende in considerazione gli interessi specifici di cui una persona potrebbe avvalersi per ottenere la consultazione di un determinato documento, secondo il Tribunale detti interessi trovano la propria disciplina nella normativa speciale (cfr., nel nostro caso, artt. 27 e 28 e considerando n. 15 e n. 32 del reg. n. 1/2003).

Ciò considerato, si può osservare che il Tribunale, con la pronuncia in commento, oltre ad allargare il campo di applicazione della presunzione generale di diniego d’accesso anche all’ipotesi di scambio di documenti in seno alla REC, dota la medesima presunzione di una particolare “forza”, ritenendo che essa si applichi indipendentemente dal fatto che la domanda di accesso riguardi un procedimento di controllo già concluso ovvero ancora pendente. Il giudice di Lussemburgo ripropone, in questa occasione, lo stesso ragionamento già seguito in materia di controllo delle concentrazioni e delle intese da parte della Commissione, ritenendo che (i) l’accesso possa pregiudicare gli interessi commerciali delle imprese a prescindere dall’esistenza di un procedimento di controllo pendente; (ii) la prospettiva di un tale accesso potrebbe nuocere alla disponibilità delle imprese a collaborare quando il procedimento è pendente; e infine che (iii) ai sensi dell’art. 4, par. 7, del reg. n. 1049/2001, le eccezioni riguardanti gli interessi commerciali o i documenti riservati possono essere applicate per un periodo di 30 anni o anche per un periodo maggiore, se necessario. Inoltre, il Tribunale aggiunge che il periodo durante il quale può applicarsi la presunzione generale non può essere limitato nemmeno in base al diritto ad ottenere il risarcimento del danno, poiché in tale ipotesi l’accesso dovrebbe essere richiesto all’autorità nazionale competente «e i giudici nazionali potrebbero ponderare caso per caso, in forza del diritto nazionale, gli interessi che giustificano la comunicazione delle informazioni di cui trattasi con quelli che giustificano la protezione delle stesse» (punto 82).

3. L’esito cui giunge la sentenza in commento in un certo senso può stupire, ove si consideri che il Tribunale è (stato) generalmente più incline della Corte di giustizia a ricostruire in termini maggiormente ampi il diritto di accesso in settori speciali (quali la concorrenza e gli aiuti di Stato). Configurando la consistenza e l’operatività della presunzione generale in modo particolarmente esteso, il Tribunale pare restringere la garanzia di trasparenza dei documenti acquisiti da un’autorità garante nazionale nell’ambito di un’indagine ex art. 101 TFUE e trasmessi alla Commissione in forza dell’art. 11, par. 4, reg. n. 1/2003. Lo scambio di informazioni in seno alla REC viene ad essere improntato al rispetto del principio di riservatezza e confidenzialità: invece di riconoscere il diritto di accesso come principio generale, derogabile solo in casi tassativamente previsti dalle norme dell’UE, quest’ultimo sembra configurarsi come l’eccezione alla regola della riservatezza.

Ci si può chiedere, anche in attesa di una eventuale (ma forse poco probabile) impugnazione della sentenza di primo grado, se il restringimento della portata dei principi generali codificati nel reg. n. 1049/2001 non privi di effetto pratico il diritto di accesso tutelato da tale normativa, vanificando l’obiettivo di interpretazione integrata fra normativa generale e settoriale. In effetti, se è vero che le normative speciali in materia di accesso a procedure particolari non contengono – il più delle volte – un’esplicita previsione del diritto di accesso, né norme di egual tenore rispetto a quelle previste nel reg. n. 1049/2001, è altrettanto vero che, in assenza di previsioni di coordinamento, negare il favor per l’accesso potrebbe equivalere ad imporre una lettura non armonizzata, con grave sacrificio della tutela della trasparenza.


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