Dall’India passando per Houston, in arrivo il vaccino open source tecnologicamente accessibile ed economicamente sostenibile e dal Sudafrica il vaccino fotocopia

Nella prima settimana di febbraio la stampa ha dato ampio rilievo alla notizia dello sviluppo, negli Stati Uniti, di un vaccino anti-Sars-Covid19 da parte un gruppo di ricercatori di un centro vaccinale del Texas, co-diretto da Maria Elena Bottazzi e da Peter Hotez, ambedue ora candidati al Premio Nobel per la pace (cfr. A. Codignola, L’Africa produce la copia legale di Moderna, in Il Sole24Ore, 8 febbraio 2022, n. 38, p. 18). Si tratta del vaccino Corbevax® realizzato dal Texas Children’s Hospital for vaccine development e dal Baylor College of Medicine di Houston in collaborazione con il colosso farmaceutico indiano Biological E Ltd di Hyderabad. Il motivo dell’ampia risonanza sta nel fatto che gli inventori del vaccino hanno scelto di non presentare la domanda di brevetto allo scopo, espressamente enunciato, di lasciare il farmaco liberamente accessibile e disponibile “al mondo”: un efficace strumento di aiuto a tutela di quel fondamentale bene comune dell’umanità che è la salute globale. Un vaccino, in pratica, open source, sostenibile anche per i paesi a basso e medio reddito (v. qui), che è stato possibile realizzare pure per il fatto che l’attività di ricerca e la sperimentazione sono state finanziate da associazioni filantropiche private e dalle università. La Biological E Ltd ha avviato la produzione del vaccino sul territorio indiano dopo l’approvazione di esso da parte dell’ente di controllo del farmaco, il Drugs Controller General of India, arrivata a fine 2021. Nel 2022 la produzione raggiungerà 100 milioni di dosi al mese. Il Governo indiano ne ha ordinate direttamente 300 milioni da destinare anche ad altri paesi. Il Corbevax® ha superato il livello due della sperimentazione e si trova nella terza fase. È realistico dunque prevedere una prossima autorizzazione da parte dell’OMS (v. qui). Il tema, peraltro, si pone in continuità con altre pubblicazioni della presente Rivista sulla strategia vaccinale dell’Unione europea (si vedano i contributi in I. Anrò, G. Boggero, La strategia di vaccinazione anti COVID-19 nell’Unione europea. Profili istituzionali e riflessi sulla libertà di circolazione, in www.eurojus.it, Numero speciale) e sull’accesso ai farmaci alle quali si rinvia (cfr. Accesso ai vaccini: diritto internazionale ed europeo, in www.eurojus.it, Numero speciale).

Sempre in febbraio (cfr. A. Codignola, cit.) è stato annunciato che la Afrigen Biologics and Vaccines Ltd di Cape Town è riuscita a sintetizzare alcune gocce del vaccino fotocopia di Moderna (v. qui). Anche in questo caso, ricercatori e governi, all’interno del programma di trasferimento tecnologico lanciato dall’OMS, hanno condiviso informazioni preziose così rendendo possibile il primo passo su di una strada che si profila ancora lunga e più complessa e impegnativa, rispetto a quella del Corbevax®, sotto il profilo della effettiva capacità produttiva del Sudafrica su larga scala. Gli esempi potrebbero continuare. In ogni caso sta emergendo una geopolitica della produzione dei vaccini a basso costo la quale, da un lato, è indice di un fruttuoso movimento di cooperazione nella ricerca medica all’interno del quale India e Sudafrica remano nella stessa direzione, fianco a fianco con i ricercatori e con alcuni governi dei paesi detentori di tecnologia. Dall’altro, sempre India e Sudafrica, competono nel mirare, anche attraverso il primato farmaceutico, a quello politico sulla scena internazionale.

Per quanto attiene al Corbevax®, indipendentemente dalla valenza etica della rinuncia alla copertura brevettuale, per ben comprendere la portata della novità nel campo dei vaccini che esso rappresenta, occorre aggiungere che il farmaco in questione impiega la tecnologia c.d. di fermentazione proteica che non solo è poco costosa ma è ampiamente utilizzata per il vaccino contro l’Epatite B e per combattere altre patologie c.d. trascurate (la schistosomiasi, i parassiti intestinali, il mal di Chagas, le malattie tropicali). tuttora presenti in aree geografiche caratterizzate da un basso livello di sviluppo. Si tratta pertanto di una tecnologia e di processi conosciuti in campo farmaceutico soprattutto nei paesi poveri. L’assenza di sbocchi di mercato redditizi e di un ritorno economico, infatti, spesso rende la ricerca e la produzione dei farmaci per le malattie neglette meno appetibile per i gruppi farmaceutici dei paesi detentori della tecnologia. Per questo va ancor più apprezzato e lodato l’impegno (e la lungimiranza) dei ricercatori dei centri di Houston i quali, in ottemperanza della “mission” degli enti di ricerca per i quali lavorano, hanno intrapreso con coraggio una strada “snobbata” da tanti. Il vaccino Corbevax®, una volta approvato, sarà così nella libera disponibilità di chi voglia e possa produrlo, comprarlo a basso costo, distribuirlo nei o donarlo ai paesi meno avanzati, siano i donatori gli stessi Stati, le organizzazioni internazionali, gli enti pubblici o le imprese private. La situazione pertanto si distingue nettamente dalle esperienze del passato. Questa è una grande novità e di certo, se confermata, una importante opportunità da cogliere. Il vaccino in questione sarà facilmente riproducibile da parte di tutte le case farmaceutiche, ovunque situate, e in questo senso particolarmente adatto a rispondere localmente alla domanda dei paesi economicamente meno avanzati.

In effetti, l’obiezione che normalmente viene sollevata rispetto alle difficoltà di accesso ai farmaci nelle aree più povere del mondo è quella del “costo dei brevetti”. A ciò si ribatte che, pur se si liberasse la tecnologia dal vincolo del brevetto, non si troverebbero le competenze necessarie per produrre i farmaci e che senza la prospettiva di un adeguato ritorno economico nessuna impresa privata investirebbe risorse nella ulteriore sperimentazione, con gravi danni per l’umanità tutta. Si tratta di argomenti spesso sollevati anche di fronte alle richieste di apertura delle possibilità di ricorrere alle licenze obbligatorie come previsto nell’OMC dall’art. 31 TRIPs. Tuttavia, osservando quanto è avvenuto in Italia nel momento in cui sembrava poterci essere scarsità di vaccini, il ricorso alle licenze obbligatorie, pur lecito dal punto di vista degli obblighi internazionali, non era una strada concretamente precorribile. Da un lato mancava la base normativa sul piano interno. Infatti, nessuna disposizione di legge era ancora stata adottata in materia di licenze obbligatorie né in Italia, né in altri paesi europei (v. qui). Dall’altro, le imprese farmaceutiche sul nostro territorio, al momento della prima immissione in commercio dei vaccini anti Covid19, non disponevano né della tecnologia, né dei principi attivi per produrli.

Rispetto ai paesi economicamente e tecnologicamente meno avanzati, preme in ogni caso sottolineare che – per l’obbligo di solidarietà nei loro confronti – spetta comunque ai Governi dei paesi ricchi farsi carico, se necessario, anche del costo dei brevetti acquistando i vaccini per donarli a chi ne ha bisogno, o, meglio, condividerli come ogni risorsa scarsa con chi non ha risorse. Questo ancor più in una situazione pandemica globale che ha restituito in modo plastico la dimensione della interdipendenza sanitaria degli Stati, della collettività e delle politiche nazionali a tutela della salute. La direzione intrapresa, se si guarda alle numerose iniziative di cooperazione scientifica e tecnica avviate, è confortante. Proprio in questo senso, infatti, in un videomessaggio diffuso il 6 dicembre 2021 sui canali social della Commissione europea la Presidente Ursula von der Leyen ha dichiarato che nel 2021 l’Unione europea ha condiviso (“shared”) 380 milioni di dosi di vaccino potendo così essere considerata il maggior donatore dell’antidoto al Covid19. La previsione è di arrivare a condividere con i paesi in via di sviluppo 700 milioni di vaccini entro il 2022. Nella stessa direzione si stanno muovendo altri Stati.

Va evidenziato comunque che donare non significa inviare ai paesi in difficoltà dosi di vaccino prossime alla scadenza. La Nigeria, per esempio, ha rinunciato a un milione di dosi perché non più sicure (v. qui). È necessario poi aggiungere che se il vaccino open source è un progresso di assoluto rilievo sotto il profilo del miglioramento della accessibilità tecnologica e della sostenibilità economica per i paesi a basso reddito, rimangono altre barriere che si frappongono alla effettiva realizzazione dell’accesso della popolazione ai vaccini, soprattutto nel continente africano. Fra queste certamente la carenza di infrastrutture sul piano locale e il fenomeno della corruzione particolarmente nei paesi privi di capacità produttiva e politicamente instabili. Accessibilità e sostenibilità, per il Nord del mondo, significa anche (il dovere di) attivarsi e vigilare. Il discorso quindi prescinde da quello del costo dei brevetti e lo precede. Le strategie di distribuzione dei vaccini – per il Covid19 come per le altre patologie e per le malattie neglette – dovranno consentire di fare arrivare effettivamente i farmaci a chi ne ha bisogno. Mentre si affina la cooperazione tecnica va quindi rafforzata quella internazionale e regionale nel contrasto ai devastanti fenomeni locali di corruzione. Il tracciamento delle forniture, per ridurre le reimportazioni e la vendita sul mercato nero, per esempio, è uno strumento efficace e potrebbe essere utilmente affidato al Consiglio per i TRIPs e al meccanismo introdotto dalla Decisione del 2003 sull’accesso ai farmaci (v. qui).

Da ultimo, a margine, un accenno all’India nel ruolo di “farmacia del mondo”. Gli interventi delle Corti indiane sui limiti all’estensione del diritto di esclusiva ai nuovi usi di farmaci esistenti sono note. In proposito basti richiamare la sentenza della Corte suprema indiana del 1. Aprile 2013 (n. 2706-2716 OF 2013) nel caso Novartis. L’estensione della protezione rafforzata dei diritti di proprietà intellettuale attraverso le norme c.d. Trips plus ed extra dei diritti di proprietà intellettuale è uno dei tratti fondamentali degli accordi preferenziali di nuova generazione. Nel 2021 l’Unione europea ha avviato il negoziato con l’India. Quale spazio troverà il tema dei brevetti e come l’India farà valere il ruolo di farmacia del mondo si vedrà.


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