BCE: un passo verso la trasparenza delle scelte di politica monetaria

Il 19 febbraio scorso la BCE ha reso pubblica, per la prima volta, la minuta della seduta del Consiglio direttivo del 21-22 gennaio 2015, con la quale si è dato avvio al quantitative easing programme.

La pubblicazione tiene fede all’impegno, del luglio 2014, di modifica della normativa regolamentare interna, con cui l’istituzione di Francoforte ha inteso dimostrare l’impegno e l’apertura – sconosciuti sinora in questi termini – verso la trasparenza del proprio agire. Come previsto, la pubblicazione del resoconto avviene quattro settimane dopo ogni meeting e per le sole riunioni aventi ad oggetto tematiche di politica monetaria.

Con questa scelta, la BCE si uniforma alla prassi invalsa sul piano internazionale: altre grandi Banche centrali internazionali (Federal Reserve, Bank of England, Bank of Japan) già da tempo, difatti, pubblicano resoconti o verbali delle sedute dei rispettivi organi direttivi.

Soprattutto, però, – e questo appare l’aspetto di maggiore interesse in tale sede – la BCE allinea il proprio modus operandi alle prescrizioni di diritto primario contenute nei trattati dell’Unione europea, che impongono a ciascuna istituzione, organo e organismo dell’ordinamento di operare «nel modo più trasparente possibile» e di «garantire la trasparenza dei suoi lavori», nonché l’accesso ai documenti da parte di ogni cittadino (art. 15 TFUE). Tutto ciò, conformemente al più generale e primario obiettivo posto dall’art. 1 del TUE, secondo cui: «il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini».

Lo sforzo verso la trasparenza delle scelte di politica monetaria risulta particolarmente significativo sotto due profili.

In primo luogo, occorre ricordare che la sottoposizione della BCE al precitato principio di trasparenza è limitata dal trattato alle sole ipotesi in cui quest’ultima eserciti funzioni di carattere (meramente) amministrativo (art. 15, par. 3, TFUE). La peculiarità di tale disciplina trova riscontro anche sul piano del diritto derivato in una normativa sull’accesso agli atti che, divergendo da quella generale del regolamento (CE) n. 1049/2001, è improntata ad una maggiore tutela della riservatezza, a scapito di trasparenza ed accessibilità dei documenti detenuti dalla BCE.

La scelta di rendere pubbliche le minute delle riunioni del Consiglio direttivo non era, dunque, “dovuta” sotto il profilo strettamente normativo, non esistendo uno specifico obbligo giuridico a riguardo. Anzi, seppur sul fronte della trasparenza “passiva”, il terzo considerando della decisione BCE/2004/3, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, prevede proprio che: «per tutelare l’efficacia del processo decisionale, comprese le consultazioni e le attività preparatorie interne, le riunioni degli organi decisionali della BCE sono riservate, a meno che l’organo competente decida di rendere pubblico il risultato delle loro delibere».

La scelta della BCE, quindi, è indice di un approccio proattivo dell’istituzione, che attribuisce grande importanza al miglioramento della trasparenza del quadro regolamentare del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). In sostanza, la BCE implementa il regime della trasparenza degli atti e degli strumenti giuridici da essa adottati tramite un accesso più ampio del pubblico, che viene garantito non più solo attraverso gli obblighi di trasparenza “passiva”, cui l’istituzione era già soggetta (e seppur nei limiti di cui si è detto), ma anche – in un certo qual modo giocando “d’anticipo” – attraverso la sottoposizione spontanea della sua attività ad un regime, almeno embrionale, di trasparenza “attiva”.

In secondo luogo, si può osservare che, così facendo, la BCE soddisfa le istanze di trasparenza che si avvertono da tempo nel settore della politica monetaria, contribuendo a colmare – almeno in parte – l’insito deficit democratico di cui esso è affetto.

Senza dubbio, un profilo particolarmente delicato attiene alla possibilità che la pubblicazione dei verbali del Consiglio direttivo infici il ruolo di indipendenza ed autonomia dei suoi componenti rispetto agli Stati membri. Difatti, non si può astrattamente escludere che la pubblicazione del nominativo di un governatore nazionale, che abbia votato a favore di una decisione che non necessariamente avvantaggia il suo Stato di provenienza, induca il governo nazionale ad esercitare indebite pressioni politiche sul soggetto, compromettendone l’esercizio di voto per il futuro. Per tale ragione, il bilanciamento tra l’esigenza di accrescere la trasparenza delle decisioni e la tutela della riservatezza posta a garanzia del sereno espletamento dei compiti della BCE è stato risolto escludendo dalla pubblicazione delle minute l’indicazione sia dei nominativi, sia delle motivazioni del voto dei singoli governatori nazionali in rapporto a ciascuna decisione.


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