Alla ricerca di immigrati altamente qualificati: verso una revisione della direttiva Blue Card

  1.  1. Introduzione

Il 6 aprile la Commissione ha pubblicato gli esiti della consultazione pubblica sulla Blue Card UE e sulle politiche migratorie dell’Unione per i lavoratori altamente qualificati, svoltasi nell’estate del 2015 .

La revisione della direttiva era stata indicata fra le priorità già negli orientamenti politici per la futura Commissione europea, elaborati nel luglio 2014 dall’attuale presidente della Commissione J-C. Juncker, come strumento per ovviare alla mancanza di competenze specifiche e attrarre talenti per gestire meglio le sfide demografiche dell’Unione europea. L’anno successivo l’“Agenda Europea sulla Migrazione” (COM(2015) 240 def., di seguito l’”Agenda”) ha riconfermato la Carta blu come uno degli strumenti principali per potenziare i canali di ingresso e soggiorno legale nell’Unione europea.

La volontà di attirare presso di sé lavoratori di particolare talento e con specifiche qualifiche non è nuova agli Stati caratterizzati da economie avanzate, i quali hanno infatti spesso predisposto appositi programmi in grado di garantire procedure privilegiate per l’ingresso e il soggiorno di queste categorie di migranti. Gli Stati Uniti, ad es., con il programma H-1B nel 2015 hanno rilasciato 172,748 visti  a lavoratori altamente qualificati (dati U.S Bureau of Consular Affairs). Le risposte alla consultazione hanno messo in luce che una legislazione di favore associata ad un positivo clima imprenditoriale, una tassazione poco elevata nonché la mobilità tra i diversi Stati, fanno degli Stati Uniti la meta preferita di soggetti in possesso di titoli di istruzione superiori. L’attrattiva del Canada risiederebbe soprattutto nel facile accesso alla residenza permanente e alla cittadinanza. Per quanto attiene all’Europa, pur apprezzata per la qualità della vita e la sicurezza, essa risulterebbe una destinazione mento attraente per le difficoltà di ottenere un permesse di soggiorno e di riconoscimento delle qualifiche.

  1. 2. La c.d. direttiva Blue Card

La direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (d’ora in poi la “Direttiva”), la c.d. Blue Card, ha introdotto un particolare tipo di permesso per soggiorni superiori a tre mesi, rilasciato a lavoratori in possesso di qualifiche professionali o titoli d’istruzione superiori, che abbiano stipulato un contratto di lavoro avente durata di almeno un anno, con un datore appartenente ad uno Stato membro, ovvero almeno di un’offerta vincolante. Si tratta di un permesso temporaneo, per cui ogni Stato membro può stabilire un periodo di validità compreso tra uno e quattro anni. Ulteriore e fondamentale condizione per poter ottenere il rilascio della Carta è disporre di uno stipendio annuale lordo pari almeno ad una volta e mezza lo stipendio medio annuale lordo nello Stato membro interessato. Ai titolari della Carta è garantita la parità di trattamento con i cittadini nazionali in svariati ambiti, tra cui le condizioni di lavoro e l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico. Una normativa di favore è prevista per quanto riguarda il ricongiungimento familiare.

Tuttavia, agli Stati membri è concesso, secondo l’art 4 par. 2 della Direttiva, di mantenere disposizioni nazionali più favorevoli e questo ha spesso dato origine a una competizione tra la legislazione UE e quella interna; emblematico è il caso, dell’Olanda dove, nel 2012, sono stati rilasciati più di 5500 permessi secondo schemi nazionali e solo una Carta Blu UE.

Ulteriore aspetto critico della normativa riguarda la libertà di circolazione tra Stati membri che, se sulla carta dovrebbe essere uno dei punti forti, all’atto pratico si rivela essere non privo di complicazioni. Un soggetto che abbia ottenuto una Blue Card in un Paese, infatti, non può muoversi liberamente prima di diciotto mesi e in ogni caso per ottenere una nuova Carta in un secondo Stato deve esperire nuovamente il procedimento amministrativo.

  1. 3. La valutazione sull’implementazione della Blue Card

I dati precisi, relativi all’attuazione della Direttiva, sono contenuti in una relazione della Commissione (COM(2014)287 def.) e il bilancio che emerge dalla loro analisi è piuttosto deludente; l’unico Stato ad aver rilasciato un considerevole numero di Carte Blu risulta essere la Germania, con un totale 14.197 nel solo anno 2013. Nella maggior parte degli altri Paesi, invece, il numero si aggira intorno al centinaio, con picchi negativi in Svezia (2), Finlandia (5) e Ungheria (3). Nemmeno l’Italia, con solo 112 Carte Blu rilasciate, sembra aver dato soddisfacente attuazione alle disposizioni europee.

È chiaro, quindi, che, così come originariamente pensato, lo strumento della Blue Card, nato sulla falsariga della Green Card americana, non è idoneo a fare dell’Europa una meta “vincente” nell’odierna “race for talent” e molte sono state le critiche mosse in questi anni.

La Commissione, dopo aver riconosciuto gli scarsi risultati raggiunti fino ad oggi con la Direttiva, dovuti anche all’alto livello di eterogeneità nel suo recepimento da parte degli Stati membri, ha ritenuto opportuno intraprendere un processo di revisione.

  1. 4. L’avvio di una consultazione pubblica

Proprio per queste ragioni, e come annunciato nell’Agenda, il 27 maggio 2015 è stata avviata una consultazione pubblica tra le parti interessate che ha riscosso grande interesse (625 contributi di diversa provenienza)

Molti i punti posti in luce dalla consultazione. Innanzitutto emerge una limitata conoscenza dello strumento; se la direttiva appare ben nota alle organizzazioni dei datori di lavoro (91%), nel complesso solo il 55% dei partecipanti la conosceva prima della consultazione. A tal proposito secondo l’opinione espressa dal SVR (Consiglio di esperti delle fondazioni tedesche in materia di integrazione e migrazione) non sarebbe necessario tanto un adeguamento legislativo, quanto una migliore divulgazione tra i potenziali stakeholders, oltre ad un’attuazione amministrativa più efficiente e trasparente.

Molti lavoratori provenienti da paesi terzi dichiarano di aver fatto ingresso nell’Unione europea sulla base di permessi nazionali, diversi dalla Blue Card, e tra le possibili ragioni indicano l’impossibilità di soddisfare il requisito dello stipendio minimo, la preferenza per un regime meno costoso, nonché la mancanza di conoscenza della disciplina tra i datori di lavoro.

Come spiegato dalla stessa Commissione nella proposta di direttiva (COM(2007) 637 def.),  la condizione del salario minimo (in Italia pari al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria come indicato all’art 8 comma L. 537/1993, ovvero 24.789 euro) è stata introdotta per evitare che gli Stati membri possano stabilire una soglia minima troppo bassa perché un lavoratore qualificato nazionale accetti l’offerta; tale requisito appare, però, troppo rigido. La Confederazione dei sindacati tedeschi (DGB), nel suo parere propone, ad esempio, che la soglia salariale sia connessa alla retribuzione media di ogni specifica categoria professionale.

  1. 5. Come rendere la Blue Card più attraente per i lavoratori altamente qualificati?

La consultazione si è articolata intorno ad alcuni punti, con l’intento di promuovere una riflessione per migliorare l’attrattiva sia della Carta Blu, come canale d’accesso privilegiato, sia dell’Unione Europea in sé.

a)      L’individuazione di un solo schema

L’esistenza di sistemi nazionali paralleli viene considerata negativamente dal 53% dei soggetti poiché prevale l’idea (in ossequio del principio “one stop shop”) che un sistema unico e coerente porterebbe a risultati più soddisfacenti.

b)      L’accesso alle informazioni

Le norme che regolano i sistemi di immigrazione nazionali risultano essere di difficile conoscenza per i potenziali migranti e persino per i datori di lavoro; la stessa difficoltà nel reperire informazioni utili emerge durante la ricerca sulle possibilità di assunzione e sui settori con carenza di manodopera. Le barriere linguistiche e la dispersione delle informazioni su una moltitudine di siti, sommate alla mancanza di dimestichezza con le procedure di assunzione europee, costituiscono uno scoglio significativo.

c)       L’accesso al mercato del lavoro

Per i primi due anni l’accesso al mercato del lavoro è limitato alle sole attività altamente qualificate per cui la Carta è stata concessa e i cambiamenti di datore di lavoro sono soggetti ad autorizzazione preliminare delle autorità nazionali competenti (art 12 Direttiva).

Inoltre con la disciplina attuale, gli imprenditori stranieri sono esclusi dal regime della Blue Card. La possibilità di un ampliamento dell’ambito di applicazione della direttiva fino a ricomprendere i lavoratori autonomi è fortemente sostenuta dall’85% dei partecipanti.

d)      Il riconoscimento delle qualifiche professionali

La quasi totalità delle organizzazioni dei datori di lavoro è concorde nel ritenere necessario che le condizioni di ammissione siano rese più agevoli e soprattutto che venga facilitato il riconoscimento delle qualifiche professionali poiché l’attuale procedura è lenta e farraginosa. Quest’ultimo punto è stato sottolineato dalla confederazione dei sindacati tedeschi (DGB) che ha evidenziato la difficoltà riscontrata in molti Stati membri ad ottenere un riconoscimento dei titoli soprattutto se il lavoratore si trova ancora all’estero. Non è raro, inoltre, che venga richiesto anche di ottenere una qualifica aggiuntiva.

Il riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di paesi terzi avviene essenzialmente su base nazionale e l’adozione di un sistema a livello europeo è stata raccomandata da quasi la metà dei partecipanti. In Italia la direttiva è stata recepita con l’art 27 quater del Testo Unico Immigrazione e a seguito delle numerose incertezze sulla concreta applicazione del comma 1 lett. a), la circolare prot. 7591 del 7.12.2012 è intervenuta per fare chiarezza indicando la documentazione necessaria e le autorità a cui rivolgersi per ottenere il riconoscimento delle qualifiche. Per le professioni non regolamentate è competente il Ministero dell’Istruzione che dovrebbe adottare un provvedimento entro 90 giorni dalla presentazione della richiesta mentre per le professioni regolamentate le domande devono essere presentate ai sensi degli artt. 16 e 17 d. lgs. 306/2007 alle competenti le autorità indicate all’art 5 del medesimo decreto (ad esempio il Ministero della Salute per le professioni sanitarie).

          6. Conclusioni

In conclusione, dalla recente Consultazione sono emersi numerosi profili di debolezza dell’attuale disciplina, ma un generale favore verso il reclutamento di lavoratori provenienti da paesi terzi per far fronte alle carenze di manodopera.

La normativa Blue Card è il frutto di un travagliato percorso, iniziato con gli ambiziosi obiettivi posti dal Consiglio di Lisbona del 2000, con i quali l’Europa mirava a diventare la più competitiva e dinamica tra le economie basate sulla conoscenza, e proseguita con il Piano d’azione sulla migrazione legale del 2005, che ha delineato i tratti della politica di immigrazione per motivi di lavoro. Nonostante le evidenti difficoltà riscontrate nell’applicazione della direttiva, la Commissione ha deciso di puntare nuovamente su questo strumento e nella comunicazione del 6 aprile ha ribadito la necessità potenziare le vie d’accesso legali all’Europa, riuscendo ad attirare le qualifiche e i talenti necessari anche nei prossimi anni. E così, nella stessa comunicazione, accanto alla riforma del sistema europeo comune d’asilo e del c.d. sistema Dublino, è stata annunciata la revisione della direttiva Carta Blu, prevedendo tra l’altro condizioni di ammissione più flessibili, la semplificazione delle procedure di ammissione e maggiori diritti per i cittadini di paesi terzi altamente qualificati, compreso il diritto di spostarsi in altri Stati membri.

Come si è detto, i risultati della consultazione hanno posto in evidenza numerosi profili che potrebbero essere migliorati tra cui certamente l’individuazione di un unico schema, la modifica della soglia salariale minima, accanto ad un allargamento della sfera di applicazione della direttiva fino a ricomprendere imprenditori interessati ad avviare un’attività in Europa. Altrettanto importante sarebbe riuscire a valorizzare l’esistenza di 25 diversi mercati del lavoro a cui poter accedere che, paradossalmente, a causa dell’eterogeneità delle normative di implementazione, nonché delle attuali limitazioni alla circolazione intracomunitaria si rivela essere un ostacolo più che un punto di forza.

Da diversi contributi (UNHCR, Volker Beck e Brigitte Pothmer, Staatsministerium Baden-Württemberg) emerge una proposta di modifica particolarmente significativa ovvero l’ampliamento dell’ambito di applicazione fino a ricomprendere i beneficiari di protezione internazionale dotati di particolari competenze e qualifiche. Tale considerazione, estremamente attuale, contribuirebbe all’inserimento di quella particolare categoria di migranti in fuga da guerre o persecuzioni, che per storia personale e condizioni di provenienza spesso risulta essere particolarmente complesso. Garantire anche a questa categoria la possibilità di beneficiare dei diritti riconosciuti dalla Carta Blu, tra cui la possibilità di trasferirsi in un diverso Stato membro dopo diciotto mesi, costituirebbe il superamento di uno dei limiti più controversi del “sistema Dublino”, ovvero il divieto di spostarsi dal paese competente all’esame della domanda (ora possibile solo dopo almeno cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto, se il beneficiario di protezione internazionale ha ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo). In previsione della prossima riforma del sistema Dublino, sarebbe quindi possibile (e auspicabile) uno sviluppo coordinato delle due normative.

Giulia Referre


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